15 Tokyo Dome City

In un mondo dominato dalla moda del turismo mordi e fuggi, mi capita spesso di meravigliare non poche persone quando, raccontando dei miei viaggi in Giappone, confesso di non aver ancora visitato Kyoto. In effetti è ben poco comprensibile come abbia potuto trascurare così a lungo quella che è a tutti gli effetti la capitale storica dell’arcipelago nipponico e meta obbligatoria per chiunque pretenda di aver visto il Giappone. Probabilmente le ragioni di questa apparente contraddizione sta nella differenza fra “vedere” e “vivere” il Giappone. Non voglio nascondere una certa spocchiosità del sottoscritto che preferisce distinguersi con mete originali piuttosto che belare in recinti condivisi con tanti altri, ma la ragione sincera è il desiderio di concedere il tempo necessario ai luoghi visitati perché questi possano lasciare un ricordo ben più vivo di una semplice fotografia scattata frettolosamente. L’inevitabile conseguenza è che in tutti i miei viaggi in terra nipponica ho visitato un numero ben inferiore di luoghi rispetto a quanto avrei potuto fare.

Kyoto non è l’unica meta ad aver pagato le conseguenze delle mie scelte. Tokyo è, inaspettatamente, un altro esempio lampante. Alla capitale nipponica ho sempre dedicato molti giorni delle mie vacanze giapponesi poiché non ho mai ritenuto la città un semplice scalo aeroportuale. In quattro viaggi iniziati nel 2015 e susseguitisi nel 2016, 2017 e 2019, sono certo di aver dedicato alla scoperta di Tokyo almeno tre settimane complessive. Ciononostante, non posso assolutamente sostenere di conoscere la città. Posso dire di aver visitato luoghi noti come il Parco di Ueno, il Tokyo Sky Tree e la Tokyo Tower, altri meno noti come l’Isola di Odaiba in battello, il Parco di Shinjuku-Gyoen e i quartieri di Tsukuda e Tsukishida. Ho fatto in tempo a vedere luoghi che non esistono più come il mercato di Tsukiji; di altri non mi sono limitato ad ammirarne la “vetrina” principale ma ne ho esplorato l’anima più nascosta come nel caso del quartiere di Asakusa, comunemente visitato solo per il complesso templare di Senso-ji. I tanti nomi appena citati possono indurre in errore. Non bastano tali luoghi per poter dire di conoscere Tokyo che è città vastissima, ove non esiste un centro vero e proprio come nelle capitali occidentali bensì tanti quartieri diversi con le loro realtà e peculiarità. È proprio questa varietà, unità al fascino delle esotiche differenze che dividono la nostra quotidianità da quella di un paese tanto lontano, a scatenare in me una sorta di “sindrome del camminatore” ogni volta che mi reco nella capitale nipponica. Ogni scusa è buona per fare due passi, allontanarmi dalle strade principale ed infilarmi nei vincoli dove Tokyo acquista un’inaspettata dimensione paesana e diventa incredibilmente silenziosa e tranquilla. È proprio grazie a questa mia innata propensione che, nel corso della mio viaggio del 2019, ho scoperto ed esplorato il mercato di Ameya Yokocho e che mi sono dedicato alla passeggiata da Akihabara fino al Tokyo Dome City oggetto di questo articolo.

La mia prima volta al Tokyo Dome City ha avuto lo scopo di visitare il Shoji Kawamori Expo, mostra dedicata al maestro Kawamori tenutasi nella Gallery AaMo collocata all’interno del citato complesso. Alla mostra andai l’ultimo sabato prima di prendere il volo per tornare a casa e fu proprio in tale occasione che, dando un’occhiata intorno, scoprii che proprio per il giorno successivo, domenica 9 giugno, si sarebbe svolta una partita di baseball ove avrebbero giocato i padroni di casa, i Tokyo Giants. Il Tokyo Dome City, infatti, è un grande complesso che comprende negozi ed un Luna Park sorti intorno allo stadio di baseball della città. Il Tokyo Dome City è, in altre parole, il corrispondente tokiense di San Siro a Milano visto che proprio il baseball è da considerare lo sport nazionale del Giappone.

Poiché le partite dei Tokyo Giants sono un evento molto importante per i tifosi e che, date le trasferte, non è scontato essere a Tokyo proprio in concomitanza di una loro partita in casa, non mi sono fatto sfuggire la fortunata occasione ed ho prontamente comprato un biglietto. È stato proprio tale inaspettato appuntamento che mi ha permesso di scoprire il Tokyo Dome City animato da una partita dei Tokyo Giants e dal tifo dei supporter nipponici.

19 Tokyo Dome City

Sono uscito dall’albergo onestamente emozionato per la giornata che mi attendeva ed ho percorso a piedi i due chilometri che separavano il mio albergo dal Tokyo Dome City. Non ho attraversato chissà quali attrattive ma sono passeggiate che trovo sempre affascinanti e vi ho dedicato qualche scatto di assoluta quotidianità nipponica.

Arrivato sul posto, ho trovato il Tokyo Dome preso d’assalto da una gran massa di gente ansiosa di assistere alla partita. Moltissimi erano agghindati con mille gadget da tifoso professionista dei Tokyo Giants e non pochi erano chiaramente pronti a scatenarsi in un tifo indiavolato per sostenere la propria squadra del cuore. Nonostante la folla, tutto si è svolto con la ben nota disciplina nipponica ben rappresentata dalle ordinate code formatesi spontaneamente a ciascun gate d’ingresso verso cui la gente è stata indirizzata a seconda del posto assegnato.

Una volta all’interno, il Tokyo Dome mi ha veramente impressionato per le dimensioni e per l’enorme volta che copre il campo da gioco. Gli spalti sono immensi e creano un anfiteatro che dà forma ellittica alla pianta dell’intera struttura.

I tre piani del Tokyo Dome non mancano di offrire tutta una serie di servizi ai supporter che vanno dai negozi di gadget ai fast food passando per spazi dedicati ai club di tifosi impegnati in una costante attività di reclutamento. Io non ho mancato di gustarmi un bel panino junk food e, soprattutto, mi sono comprato una bella maglietta arancione dedicata al campione Hayato Sakamoto dei Tokyo Giants di cui parlerò in apposito articolo.

Premesso che conosco ben poco delle regole del baseball, cosa posso dirvi dell’esperienza vissuta al Tokyo Dome? Certamente le partite di baseball hanno una durata sconcertante con lunghi periodi in cui non succede praticamente nulla ed improvvise accelerazioni durante le quali sembra giocarsi in pochi istanti la vittoria di una squadra o dell’altra. Io, però, ero sul posto per conoscere il popolo giapponese in un contesto tanto particolare ed alle prese con il gioco che, importato nell’arcipelago dalle forze di occupazione americane alla fine dell’ultimo conflitto mondiale, li ha conquistati ben più di quanto abbiano fatto queste ultime. Il tifo dei Giapponesi ha le stesse caratteristiche che contraddistinguono tale popolo, è preciso e composto, si esprime con entusiasmo e passione, all’interno di coreografie di gruppo ben organizzate e senza mai arrecare fastidio agli altri spettatori. L’atmosfera ne risente molto positivamente favorendo la presenza di tante donne e moltissimi bambini.

Salito sugli spalti più alti nelle fasi finali della partita, ho potuto godere di una gran vista dell’intero complesso del Tokyo Dome nonché del solerte e faticosissimo lavoro di un nutrito gruppo di ragazze col compito, fusto sulle spalle, di salire e scendere dalle gradinate per abbeverare gli accaldati supporter. Lavoro gramo che le ragazze svolgono sempre con l’usuale gran sorriso di tutti i commessi, camerieri e funzionari giapponesi che svolgono il loro lavoro a diretto contatto del pubblico.

Finita la partita che, per quanto ho capito, ha visto i Tokyo Giants stracciare i loro avversari, mi sono unito agli altri spettatori per il rituale d’uscita che si è svolto ordinato e preciso come quello d’ingresso. Uscito dal Tokyo Dome City nel pomeriggio inoltrato, non sono tornato in albergo ripercorrendo la strada dell’andata ma ho piegato verso il fiume Kanda che scorre a poca distanza e, seguendo il suo percorso, sono arrivato alla zona sud del quartiere di Akihabara.

Di Tokyo si parla e si scrive moltissimo ma è spesso dimenticata la dimensione fluviale di questa capitale. Tokyo è una città d’acqua non solo perché si affaccia sull’omonima baia ma anche e soprattutto per i numerosi fiumi che la percorrono. Alcuni sono navigabili come il fiume Sumida, altri sono costretti in canali come il fiume Kanda che, ciononostante, alimenta le zone umide di non pochi parchi e giardini botanici che sorgono nei pressi e contribuisce positivamente all’ambiente urbano circostante. La sindrome del camminatore di cui soffro ogni volta che mi trovo a Tokyo, mi ha portato a percorrere circa cinque chilometri lungo il fiume ritrovandomi ancora una volta in una Tokyo inaspettata, lontana anni luci dall’idea della caotica, affollata e rumorosa megalopoli asiatica a cui siamo tanto affezionati.

Ho avuto così l’ennesima conferma, come credo le foto dimostrino, che Tokyo riesce ad essere una città estremamente vivibile, tranquilla e straordinariamente silenziosa. Se si escludono quartieri noti ed usurati da un turismo di eccessi notturni come Shibuya e Shinjuku, la capitale giapponese riserva contesti inaspettati a chi voglia esplorarla a piedi evitando, per quanto possibile, i cunicoli della metropolitana. Consiglio vivamente di concedersi il tempo di una passeggiata a patto che, nel corso della vostra vacanza nipponica, siate interessati ed abbiate la sensibilità di cogliere anche gli aspetti più semplici e quotidiani di questa grande città.