Nonostante le profonde differenze esistenti fra i due grandi conflitti mondiali del secolo scorso, la Grande Guerra alimentò un mito che condizionò anche la Seconda Guerra Mondiale. Mi riferisco all’importanza dell’artiglieria per conseguire la vittoria. Renza voler sminuire tale concezione, resta un dato di fatto che tutte le potenze belligeranti investirono risorse enormi per garantire ai propri eserciti il maggior numero possibile di cannoni d’artiglieria nonostante il contestuale sviluppo di nuovi armamenti quali i razzi ed il potenziamento senza precedenti di bombardieri e cacciabombardieri. Le ragioni di ciò sono innumerevoli e non solo legate alla forma mentis del periodo. L’artiglieria è, infatti, in grado di spezzare sul nascere anche gli attacchi meglio organizzati ed ha la capacità di “ammorbidire” le linee difensive avversarie prima di un assalto. L’esercito tedesco non fece eccezione. L’industria bellica germanica, infatti, sviluppò un’ampia gamma di obici e cannoni d’artiglieria spingendo, come usuale, su una specializzazione addirittura controproducente.
Tutto ciò premesso, furono due i principali cannoni d’artiglieria in dotazione all’esercito tedesco per tutta la durata del secondo conflitto mondiale: il 15 cm sFH 18 (schiere Feldhaubitze 18) e il più leggero 10.5 cm leFH 18(leichte Feldhaubitze 18). A prova della rilevanza di questi due cannoni, voglio citare il fatto che furono proprio questi ultimi ad essere utilizzati per equipaggiare i semoventi Sd.Kfz. 165 “Hummel” (il primo) e Sd.Kfz. 124 “Wespe” (il secondo).
Proprio un 10.5 cm leFH 18 si annovera fra le più recenti acquisizioni dell’Overloon War Museum. Esemplare che ho potuto ammirare durante la mia ultima visita al museo in concomitanza con il Militracks 2018.
Esattamente come il 15 cm “Nebelwerfer” 41 posto a fianco, anche questo 10.5 cm leFH 18 è incompleto e porta su di sé i segni dei combattimenti a cui ha partecipato ed a cui, infine, è rimasto vittima. Confermo la mia opinione per cui, trattandosi di un museo avente anche il compito di mostrare la violenza della guerra, la scelta di non procedere con restauri ricostruttivi è la più giusta. Almeno per quanto mi riguarda, costatare i danni che le schegge prodotte da un’esplosione sono in grado di arrecare all’acciaio, mi fanno sempre accapponare la pelle pensando a cosa possano fare al corpo umano. Tutto ciò premesso, segnalo che l’esemplare di 10.5 cm leFH 18 in oggetto è, salvo mio errore, di produzione tardiva considerando il disegno dello scudo e, soprattutto, la forma del freno di bocca dotato di deflettori.