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Il 2019 è stato un anno caratterizzato dal mio quarto viaggio in Giappone dopo quelli del 2015, 2016 e 2017. Fulcro dell’intera vacanza sono certamente stati i giorni trascorsi nello Shimanami Kaido, area nota per essere il paradiso dei ciclisti giapponesi. Sette ponti dotati di corsie dedicate alle due ruote uniscono sei grandi isole alla terra ferma creando un percorso che, da un capo all’altro, misura settanta chilometri. Le città alle due estremità dello Shimanami Kaido sono Onomichi (prefettura di Hiroshima) e Imabari (prefettura di Ehime).

Come ho raccontato nei precedenti articoli, sono arrivato via Shinkansen ad Onomichi nel tardo pomeriggio di venerdì 31 maggio. In questa cittadina ho trascorso una notte e gran parte di sabato 1 giugno ma non è ad Onomichi che avevo pianificato di alloggiare per tutti i giorni della mia vacanza dello Shimanami Kaido. La ragione è semplice: il ponte che collega Onomichi all’isola di Kukaishima è l’unico a non essere ciclabile. Per raggiungere l’isola in bici da Onomichi è necessario prendere l’apposito traghetto che collega la città all’isola. Ho, quindi, valutato controproducente  avere l’albergo ad Onimichi perché sarei stato gravemente condizionato dagli orari del traghetto col rischio non indifferente di perdere l’ultima corsa di ritorno ad Onomichi. Ho, quindi, preferito alloggiare ad Imabari, posta sul lato opposto dello Shimanami Kaido e collegata alle isole di Oshima, Hakata, Omishima, Ikuchi, Innoshima e Mukaishima tanto con la citata pista ciclabile quanto con autobus e traghetti. E’ così che, nel tardo pomeriggio di sabato 1 giugno, ho preso l’autobus alla fermata di fronte alla stazione di Onomichi ed ho raggiunto Imabari, città dove ho messo piacevoli radici.

Ad Imabari non ho alloggiato in hotel bensì presso lo Shimanami Guesthouse CYCLO NO IE, un ostello che sorge a pochi passi dalla stazione ferroviaria della città. Lo Shimanami Guesthouse CYCLO NO IE è espressamente nato per offrire alloggio ai ciclisti giunti sul posto per percorrere lo Shimanami Kaido. E’, conseguentemente, una struttura votata al turismo tanto nazionale quanto internazionale. Oltre a trovarvi un ambiente accogliente e personale amichevole, i ragazzi che getivano l’ostello parlavano anche un fluente inglese come non mi era capitato nemmeno nelle grandi catene alberghiere di Tokyo. Ciò si è dimostrato utilissimo non solo nei rapporti interpersonali ma anche e soprattutto per raccogliere informazioni e suggerimenti essenziali per organizzare al meglio i miei giorni nello Shimanami Kaido.

Due cose mi hanno particolarmente colpito nel vivere presso lo Shimanami Guesthouse CYCLO NO IE. Prima di tutto l’eccezionalità che io stesso rappresentavo. Come confermato degli stessi gestori, sono stato il primo ospite a fermarmi nell’ostello per ben sei giorni. Normalmente i pernottamenti sono limitati ad una sola notte coincidente con quella di arrivo in città dopo aver percorso in un solo giorno i 70 chilometri dello Shimanami Kaido, oppure la notte prima di percorrerli in direzione di Onomichi. Sulla base dell’esperienza maturata, posso affermare a ragion veduta che dedicare un solo giorno allo Shimanami Kaido rappresenti un’opportunità miseramente sprecata perché significa non fare altro che pedalare lungo i ponti che collegano Onomichi ad Imabari nell’assoluta impossibilità di visitare le singole isole e le bellezze che le caratterizzano. Sono certo che i futuri articoli che dedicherò a tali isole dimostreranno la fondatezza delle mie parole. In secondo luogo devo rivalutare i capsule hotel. Arrivai allo Shimanami Guesthouse CYCLO NO IE convinto che avrei alloggiato per sei notti in camerata con tutte le difficoltà del caso. Al contrario, mi è stata messa a disposizione una sorta di celletta che, grazie ad un tendina, mi ha permesso un’intimità tanto preziosa quanto apprezzatissima.

Il gentilissimo personale dello Shimanami Guesthouse CYCLO NO IE mi ha fornito una serie di informazioni che mi hanno permesso di scoprire e godere al meglio di alcune caratteristiche nascoste di Imabari. Prima di tutto cito lo Shimanami Hot Spring Kisuke no Yu, i bagni bagni pubblici che si trovano sull’altro lato della stazione rispetto all’ostello. Certamente condizionato dal pregiudizio che nutriamo in Occidente su tali luoghi, non ero mai stato in un bagno pubblico giapponese. Ho superato i miei preconcetti un po’ per gli spazi ridotti dell’ostello, un po’ incoraggiato dal personale di quest’ultimo e dal buono sconto riconosciuto agli ospiti. Appena varcata la soglia, mi si è aperto un mondo a cui non ho saputo più rinunciare. Eleganti, curatissimi, con spazi comuni di relax, ogni sera, tornato dalle lunghe pedalate sulle isole dello Shimanami Kaido, mi recavo ai bagni pubblici per ristorarmi grazie alle vasche termali ed alla sauna. Non sono nemmeno mancati i casi in cui mi sono fermato nel ristorante interno per cenare e godermi una paio di birre ghiacciate (dal gusto unico dopo una giornata in bici e gli estremi sensoriali delle terme). Sono altresì certo che, nonostante il senso di spossatezza fisica che si prova al momento, terme e sauna abbiano avuto un ruolo determinante nel rigenerarmi dalle fatiche della giornata trascorsa e permettermi, così, di avere le energie necessarie ad affrontare le pedalate del giorno dopo. Non ho, quindi, remore nel dire che i bagni pubblici di Imabari sono stati una piacevolissima scoperta ed un ricordo indelebile dell’intera vacanza.

Quale altra tappa fissa, cito Bakery Tatsukawa dove mi recavo ogni mattina per comprare pani e dolcetti appena sfornati per fare colazione sulle panchine del vicino parco. Pur apprezzando molto la cucina giapponese, ammetto di essere legato fortemente alle abitudini occidentali per quanto concerne la colazione perciò questo vecchio panifico è stato ideale per trovarvi quanto necessario ad iniziare al meglio la giornata.

I numerosi giorni trascorsi ad Imabari mi hanno permesso di entrare nella quotidianità della città condividendo con le persone del posto anche le abitudini più comuni come fare la spesa presso Marunaka Imabariekimaeten, una catena locale di supermercati. E’ evidente che un supermercato si assomigli in tutto il mondo ma resto dell’idea che quelli giapponesi abbiamo comunque qualcosa di estremamente esotico sia nella disposizione della merce sia nell’estetica della stessa.

Inutile dire che i ristoranti hanno avuto un ruolo fondamentale nel farmi scoprire le originalità e le caratteriste culinarie dello Shimanami Kaido. Vorrei in particolare citare Mugiwara, un izakaya dove, causa un divertente fraintendimento nell’ordinazione, ho avuto ancora una volta dimostrazione che la cucina giapponese non è solo sushi e sashimi.

Imabari è molto conosciuta per la grande qualità dell’industria tessile locale, per i cantieri navali e per un piatto rustico e gustoso che porta il nome di Yakibuta Tamago Meshi, una ciotola di riso con maiale alla griglia e uova. A condizione che vogliate vivere l’esperienza culinaria in un locale ruspante quanto il piatto in questione, vi consiglio vivamente di recarvi da Shigematsu Hanten, una vera istituzione per quanto concerne lo Yakibuta Tamago Meshi.

Cito infine quella che non è stata una cena ma un’esperienza umana indimenticabile. Passeggiando per Imabari le sere precedenti, avevo notato comparire lungo un marciapiede quello che non potevo che identificare come uno Yatai. Normalmente identificati con le bancarelle che vendono cibo da strada della cucina giapponese, gli Yatai si concentrano generalmente durante i matsuri (feste popolari per lo più religiose) o nei luoghi di grande affluenza come i parchi ed i cortili esterni delle aree templari. Gli Yatai moderni sono semplici bancarelle come ce ne sono tante nei mercati di tutto il mondo ma quella che illuminava la notte di Imabari era qualcosa di assolutamente nuovo e mai visto prima. Come vuole la tradizione giapponese, lo Yatai in questione era un ingegnoso carretto a mano che serviva Ramen fatti a mano. Ai fornelli vi erano fratello e sorella ed ai clienti era garantita intimità ed atmosfera casalinga grazie a lunghe tende rosse che circondavano l’intero perimetro. Conscio che non potevo perdermi un’occasione del genere, superate le prime titubanze, mi sono fatto coraggio e mi sono seduto a questo Yatai. L’imbarazzo iniziale è stato subito dimenticato grazie all’accoglienza dei titolari ma soprattutto per la generosa affabilità degli altri clienti che si sono succeduti. A cominciare da un addetto del vicino ospedale che mi offerto del sakè, sono stati in particolare quattro colleghi dipendenti di una vicina azienda a coinvolgermi in una goliardica serata che, a discapito di lingua ed origini tanto diverse, è stata unica ed indimenticabile.

Non mi era mai capitato di ritrovarmi circondato da tanta sincera ed amabile cordialità. Spero davvero che mi si dia l’occasione in Italia di ricambiare tanta ospitalità nei confronti di qualche turista giapponese.