Come oramai sapete, negli ultimi tempi mi sto divertendo a scoprire in bicicletta gli itinerari che seguono le vie d’acqua lombarde. Dopo aver percorso tutto il canale Villoresi nelle tappe Parabiago/Milano e Parabiago/Sesto Calende, a metà luglio è stato il turno del Naviglio della Martesana, corso d’acqua da me poco conosciuto essendo dalla parte opposta di Milano rispetto a dove abito. Guida d’eccezione l’amico Oscar che mi ha permesso di ammirare le non poche meraviglie del percorso che, dal centro di Milano, arriva al fiume Adda e poi risale fino a Paderno d’Adda.
Dopo una buona colazione in zona Piazza Repubblica dove ci siamo incontrati, io e Oscar abbiamo puntato senza indugio sulla Martesana e sulla lunga pista ciclabile che segue il canale. Il Naviglio in questione convoglia in direzione di Milano parte delle acque dell’Adda per una lunghezza totale di poco inferiore a 40 chilometri. La pista ciclabile che costeggia il corso d’acqua è in buono stato e consente una piacevole passeggiata in bici fino a Cassano d’Adda. Data l’importanza della Martesana, come di ogni altro naviglio lombardo, sia per quanto concerneva l’attività industriale sia per il trasporto di materiali e persone, non mancano lungo il canale scorci suggestivi, ricche ville nobiliari o della borghesia milanese nonché vestigia di un passato di prosperose attività economiche.
Arrivati a Cassano d’Adda, punto in cui la Martesana ed il fiume Adda iniziano a scorrere paralleli, si ha l’effettiva percezione dell’importanza economica della zona grazie alla sua abbondanza di acqua.
Intorno a Cassano, così come al suo interno, sorgono i resti di importanti centri industriali principalmente legati al tessile. Strutture realizzate non solo per essere realtà quasi del tutto autonome (dormitori, asili, chiese, infermerie, etc.) ma anche per essere resistenti nel tempo e belle a vedersi. Benché siano siti spesso chiusi al pubblico, mi piace ricordare il Vellutificio Velvis ed il Villaggio Crespi (http://www.villaggiocrespi.it/) che, patrimonio Unesco, dovrò assolutamente trovare occasione di visitare poiché dalla pista ciclabile è visibile solo da lontano.
Ovviamente tali impianti necessitavano di energia e, conseguentemente, non mancano nell’area le centrali elettriche che, sfruttando la forza dell’acqua, ancora oggi sono in attività. Veri esempi di archeologia industriale, dimostrano la cura con cui venivano costruiti all’epoca tali edifici.
Proseguendo verso nord, la pista ciclabile che costeggia il fiume Adda ha, purtroppo, ancora alcuni tratti ridotti ad una stretta pista in terra battuta. Tali punti coincidono con un argine ripido all’interno di una gola che sconsiglia decisamente il passaggio con brutto tempo. Ciononostante, in una bella giornata, il percorso resta facilmente attraversabile e, per il resto, la ciclabile è ben tenuta. Proprio proseguendo verso Lecco si incontrano alcuni punti estremamente suggestivi sul fiume oltre ai resti di un imponente sistema di chiuse che meriterebbe un accurato ripristino tanto sarebbero capaci di essere un’importante attrattiva turistica.
Arrivati a Paderno d’Adda, tappa finale da cui abbiamo preso il treno per rientrare a Milano, si è offerta a noi la vista straordinaria del ponte interamente di metallo che, costruito fra il 1887 ed il 1889, ancora oggi permette il passaggio da una sponda all’altra sia del traffico ferroviario che automobilistico (https://it.wikipedia.org/wiki/Ponte_San_Michele). Alto 85 metri e strutturato in una sola campata che attraversa la profonda gola sotto cui scorre l’Adda, il ponte è un gioiello di ingegneria, un vero monumento all’epoca d’oro del metallo tanto quanto lo è la Tour Eiffel realizzata esattamente negli stessi anni.
Soprattutto dal basso, il ponte è uno spettacolo imperdibile ed è la perfetta perla che impreziosisce un percorso ricco di fascino e suggestioni lungo complessivamente una sessantina di chilometri.