27 Ristoranti

Come ormai è ben noto a chi ha letto i miei racconti sul viaggio a Tokyo che ho fatto ad inizio primavera, ho alloggiato nel quartiere dai Asakusa. E’ inevitabile che in esso vi abbia trascorso gran parte del tempo fra una trasferta e l’altra e, conseguentemente, abbia avuto occasione di viverlo meglio di altre zone della città. Senza ripetere le osservazioni su Asakusa ed il tempio Sensoji  già espresse in altra sede, vorrei parlare e segnalare i tre ristoranti in cui ho avuto occasione di cenare e che hanno, più di ogni altro, saziato la mia fame di cibo e di esperienze nipponiche.

Confesso fin da subito che sono per natura un fervente ed appassionato ricercatore di ristoranti, tavole calde e bar lontani dalle rotte turistiche e, soprattutto, specializzati nella cucina locale in quanto detesto senza compromessi chi si ostina a frequentare ristoranti italiani all’estero. In quest’ottica ho esplorato il quartiere di Asakusa girando per le zone meno frequentate alla ricerca di piccole perle locali. Benché il quartiere sia fra i più frequentati dai turisti e, quindi, brulicante di locali fascinosi e attraenti come lampade per le falene, non mancano posticini tanto nipponici da sembrare appena usciti da un cartone animato.

Prima di entrare nello specifico vorrei elencare le caratteristiche che più mi hanno piacevolmente sorpreso dei ristoranti giapponesi in cui sono stato, locali che per le loro caratteristiche paragonerei più che altro alle trattorie nostrane o alle popolari tavole calde americane:

  • prima di tutto diffidate dai locali che millantano ogni tipo di pietanza in menù. Il popolo giapponese si dedicata alla precisione maniacale anche in ambito culinario. Ne consegue che i veri ristoranti nipponici sono specializzati in un preciso piatto nonché in tre, massimo quattro varianti dello stesso. Lo scopo è di concentrare le energie e di dirigere ogni azione del corpo e della mente verso la perfetta realizzazione di quello specifico piatto; perfezione ricercata sia sotto l’aspetto della preparazione che sotto quello della presentazione e del gusto. In poche parole si tratta della lodevole volontà di preferire la qualità alla quantità;
  • in secondo luogo la cucina non solo è a vista ma è parte integrante del locale. Generalmente essa è fisicamente collocata al centro del ristorante e lungo il perimetro esterno della stessa corre un lungo bancone dove i clienti possono sedersi per mangiare. Date le ridotte dimensioni di molti ristoranti, i tavoli disponibili sono generalmente pochi e disposti ove possibile. Lo scopo di tutto questo è permettere al cliente di contemplare la preparazione della pietanza che, esattamente come la cura estetica dello stesso, contribuisce all’apprezzamento del piatto ed al gusto dello stesso;
  • dato quanto precede, si evince chiaramente che tutte le pietanze vengono cucinate al momento e davanti al cliente. Non è un aspetto di poco conto considerato quanto comunemente i piatti vengano semplicemente riscaldati in molti bar e ristoranti italiani e, soprattutto, quanto un cibo acquisti in gusto e piacevolezza se servito appena cucinato;
  • in dieci giorni di permanenza in Giappone, mi è capitato una sola volta di mangiare Sushi e Sashimi (al mercato del pesce di Tsukiji) e credo questo dimostri ampiamente come sia errata la credenza secondo cui la cucina nipponica sia limitata al solo pesce crudo. Al contrario sono entrato in contatto con un’ampia varietà di cibi fra cui ho apprezzato tantissimo i Ramen, gustose tagliatelle servite in un brodo denso e guarnite in vario modo ma sempre con ingredienti freschi e saporiti. Non è un caso, quindi, che ben due dei ristoranti di cui parlerò qui sotto siano proprio specializzati in questo tipico piatto giapponese;
  • mangiare Ramen ha una sola controindicazione: la necessità di emettere compiaciuti rumori di risucchio dei tagliolini e di sorseggio del brodo che, in Giappone, non sono additati a barbara e scortese pratica bensì dimostrano l’apprezzamento del piatto. Si tratta di una delle tante differenze culturali che ci distinguono dal popolo nipponico ed a cui assicuro non essere facile adattarsi. Benché consapevoli di poterlo se non doverlo fare, non è affatto facile imporsi di compiere un gesto che la propria società di appartenenza disapprova e, quindi, vincere le imposizioni di un subconscio molto più forte di quanto si possa normalmente immaginare;
  • a guarnizione di tutto ciò, ci tengo a segnalare l’infinita cortesia con cui sono sempre stato accolto in questi locali. Forse anche perché non adusi ad accogliere clienti stranieri, sono sempre stato trattato benissimo e mai una volta ho avuto la percezione di essere stato turlupinato in quanto turista o di essere poco gradito perché solo.

I ristoranti che ora vi mostrerò li ho scelti per puro intuito e per una malsana attrazione per tutto ciò che si fa poco notare. Tutti rispecchiano quanto sopra descritto e non a caso due su tre sono specializzati in caldo e denso Ramen, piatto che ho assai apprezzato soprattutto nelle serate fredde che hanno caratterizzato alcuni giorni della mia permanenza a Tokyo a fine marzo. Per nessuno di essi sono in grado di fornire il nome, ma la mappa spero aiuti la loro individuazione che, almeno nei primi due casi, non è particolarmente difficile perché collocati giusto fra la stazione della metro di Asakusa ed il tempio Sensoji.

Il primo locale che ci tengo a descrivere è giusto lungo l’Edo Dori, a sud della stazione da Asakusa ed a brevissima distanza dall’ufficio postale di Kaminarimon. Di notte è facilmente visibile grazie ad una lanterna luminosa al di fuori di esso. Il ristorante è piccolissimo, ha una sola vetrina che si affaccia sulla strada e si accede all’interno tramite una porta a scorrimento in cui passa a malapena una persona.

L’interno, di ridottissime dimensioni, è spartanissimo ma estremamente vissuto e, quindi, con uno charme tutto particolare. Sarete prontamente accolti da un omone che, dalla sua postazione dietro una piccola griglia, vi farà segno di accomodarvi di fronte a lui. Ovviamente si parla Giapponese stretto ma una tavoletta con poche frasi in Inglese vi renderà edotti di essere in un locale specializzato in pollo alla griglia. Non vi resta, dunque, altro da fare se non ordinare una birra e quanto preferite dal menù. A me è piaciuto tutto, in particolar modo del polpette di pelle di pollo. J

Più a sud, a pochissima distanza dal precedente e affacciantesi su un grande incrocio, si trova il ristorante dove ho scoperto i Ramen (da quanto ho ricostruito su Internet dovrebbe chiamarsi Mensyoku). Collocato in un edificio in grado di distinguersi facilmente da tutti gli altri per il suo aspetto antico, ha gli interni che più di ogni altro appaiono usciti da un cartone animato.

Vi sono entrato appena sceso dal Tokyo Sky Tree, in una tarda serata sferzata da un vento gelido, potete quindi facilmente immaginare quanto piacevolmente abbia scoperto e gustato bollenti Ramen in un brodo denso e guarniti con saporite fette di carne di maiale. Considerata la facilità con cui lo si può riconoscere e raggiungere nonché la qualità del cibo servito, lo raccomando vivamente per una serata speciale da concludere con un bel giro in notturna al tempio Sensoji. Ricordo solo di non dimenticare che la porta d’ingresso si apre a scorrimento, io, pretendendo di aprirla all’occidentale con la foga di un toro nell’arena, ho rischiato di abbatterla violentemente.

Il terzo ed ultimo ristorante che vorrei segnalare è il più difficile da individuare ma certamente quello in cui ho mangiato meglio nonché quello più particolare ed inusuale. Collocato in una casetta a poca distanza dal fiume Sumida, si trova ad un crocicchio creato da due viuzze indistinguibili nel dedalo di strade secondarie che costellano la zona. La stazione della metro più comoda per arrivarvi è sicuramente quella di Kuramae ma non posso negare di averlo scoperto nel girovagare a caso nella zona intorno al mio hotel. Nella cartina allegata l’ho individuato con precisione. Si chiama Ramen Genraku ed ha anche un sito Internet (http://www.genraku.com/).

Quello che ho adorato del locale in questione è l’atmosfera che può originariamente nipponica non si potrebbe. Con questa affermazione intendo dire che è palesemente frequentato e destinato a solo clienti giapponesi, non credo abbiano una grande clientela occidentale. L’ambiente sembra essersi fermato agli anni settanta se non sessanta dello scorso secolo. Se non bastasse, la chicca assoluta è che l’ordinazione non deve essere fatta al personale bensì ad una scatola posta all’ingresso che sembra uscita da un viaggio nel tempo. Assomiglia incredibilmente ad un vecchio distributore di sigarette ma, in questo caso, ad essere visibili non sono le odiose bionde bensì il menù. Non resta che fare la propria scelta e pagare la macchina stessa che elargirà resto ed un biglietto riassumente l’ordinazione. Il tutto, ovviamente, in barba a modernismi quali bancomat, carte di credito, pos wireless e schermi touch screen… Potente ben immaginare la sorpresa e le prime difficoltà nel capire tutta questa procedura ma, bontà sua, è stato molto utile un cortese cliente che mi ha spiegato tutto nonché uno dei proprietari. Questi ultimi sono quanto di più amabile ci si possa immaginare. Due vecchietti vestiti con la divisa del locale, attivissimi all’interno della loro grande cucina e cuochi impagabili che mi hanno servito pietanze che non dimenticherò facilmente. Ovviamente cibi estremamente popolari (Ramen compresi) ma cucinati con cura e veramente ottimi, in grado di enfatizzare al massimo il gusto degli ingredienti freschissimi utilizzati. Uno dei proprietari mi ha anche servito e spiegato come gestire le varie salse a disposizione aumentando la piacevolezza dell’intero locale. Spero, in tutta sincerità, di riuscire a tornarci un giorno.

Sperando di avervi incuriosito e dato gli strumenti necessari per recarvi dove ho vissuto le esperienze culinarie descritte, concludo mostrando qualche foto di ristoranti “standard” scattate qua e là.