22 Sega Shinjuku

Nel corso dei fin troppi articoli da me scritti e pubblicati in questo blog relativamente al mio viaggio a Tokyo alla fine di marzo di quest’anno, non credo di aver lesinato curiosità, stranezze e foto di ogni tipo scattate passeggiando per la città. Giunto ormai alle tappe finali di questo racconto, non posso fare a meno di mostrare qualche scatto che, benché inusuale, penso descrivano alcune particolarità della metropoli e del vivere quotidiano giapponese.

Per prima cosa, mostro le foto scattante in una delle infinite sale giochi che costellano la capitale. Anche applicando la fantasia più estrema, è veramente difficile immaginarsi l’impatto generato dall’ingresso in luoghi del genere. Le foto hanno un valore relativo poiché sono le luci e soprattutto i suoni incessanti ed assordanti a creare un vero non luogo estraniante per il singolo (che perde quasi immediatamente la cognizione del tempo) e del tutto privo di identità tanto si tratta di locali tutti simili fra loro. Non è mia intenzione redigere un trattato socio-antropologico sugli effetti delle terribili macchine elettroniche in questione, dopo tutto si tratta di giochi e, quindi, di divertimento e svago. Certamente, come tutte le cose, importante è non farsene sopraffare, cosa (temo) non rara considerando i diabolici meccanismi con cui queste macchine sono progettate per annichilire la volontà dell’utente stimolando gli istinti più basilari dello stesso. Solo per fare un esempio, micidiali devono essere le numerosissime crane machine che offrono tirature limitate di figure realizzate solo per quello specifico canale. E’ evidente che un appassionato, per ottenerla, è portato a spendere in gettoni della macchina ben più del prezzo normale della figure.

Altro luogo che mi ha veramente affascinato è stato il supermercato di un grande centro commerciale in cui sono capitato mentre cercavo qualche vestito nuovo in attesa di ricevere la valigia dispersa da quattro giorni. Credo che recarsi in un supermercato giapponese sia un ottimo modo per avere un contatto genuino e diretto con le abitudini del popolo nipponico. E’ semplicemente sorprendente toccare con mano la cura con cui ogni prodotto viene accuratamente impacchettato ed esposto, l’attività precisa dei commessi ed il modo con cui reclamizzano i loro prodotti. Tutto ciò senza dimenticare la quantità di cassiere addette alla frenetica preparazione della borsa contenente la spesa del cliente. Se vi capita di passare per un grande supermercato, non mancate di entrarvi. A mio parere è un’esperienza da fare e vi darà anche l’occasione di comprare qualche sfiziosità o un comodo ed ottimo pasto da asporto quale valida alternativa ad un ristorante.

Concludo con un cenno relativo alle leggende che circolano sui costi proibitivi della frutta giapponese. Escludendo quanto di importazione estera, confermo trattarsi non raramente di cifre per noi inconcepibili ed il fatto che, per fare un esempio, ogni pesca sia impacchettata singolarmente dimostra chiaramente la diversa concezione che questo tipo di alimento gode in Giappone. Prima, però, di cadere nel facile pregiudizio, bisogna considerare che l’arcipelago giapponese è prettamente montagnoso. Ciò comporta che, in quel poco di pianura fluviale esistente, si ammassino non solo i centri abitati ed industriali ma debbano trovare spazio anche le coltivazioni agricole che, per ovvie ragioni, devono essere destinate prioritariamente alle colture di sostentamento come il riso. In questo contesto, gli alberi da frutta non possono che essere relegati ai margini della produzione agricola giapponese con una produzione inevitabilmente assai ridotta. Questa realtà, consolidatasi nei secoli, ha determinato l’esclusione della frutta dalla comune dieta della popolazione nipponica. Ciò l’ha resa un bene raro e, quindi, di lusso. In quest’ottica la frutta è concepita come noi considereremmo oro o diamanti, beni da regalare per particolari successi o come omaggio di grande prestigio. In Giappone è anche il principale regalo portato ai degenti in ospedale come augurio di guarigione. Tale mentalità si è accompagnata col tempo alla maniacale cura che i Giapponesi mettono (e pretendono) in tutto quello che fanno, perciò la frutta (come un gioiello) deve essere esteticamente senza difetti così da essere un regalo perfetto che sorprenda chi lo riceve e dia prestigio anche a chi lo fa. Ciò ha generato un circolo vizioso che, oggi come non mai, ha creato un costosissimo sistema di coltivazione da ingegneria aerospaziale che, ovviamente, si ripercuote sul prezzo al pubblico.