01 Pz 38 D mit Pz IV Turm

Mai come negli ultimi dieci anni il mercato del modellismo militare in scala 1/35 ha conosciuto un significativo incremento sia della qualità che della quantità di soggetti annualmente proposti sul mercato. Tale fenomeno ha, inevitabilmente, aspetti positivi e negativi. Un modellista come me ha più di una ragione per rallegrarsi di una tanto ampia scelta di soggetti. Non di rado i mezzi corazzati più famosi sono oggetto di decine di kit differenti che, distinguendosi per costo e complessità, vengono incontro alle più disparate esigenze (portafoglio compreso). D’altro canto i veicoli riproducibili in scala non sono infiniti (soprattutto quelli capaci di ingolosire un numero di compratori sufficiente a giustificarne la produzione in larga scala). La necessità di proporre soggetti mai prima riprodotti in scala nella speranza di conquistare una fetta di mercato prima inesplorata ha, così, portato molte case produttrici a dare sempre più rilevanza ai Paper Panzer, categoria da sempre Cenerentola del modellismo statico. Con Paper Panzer o What If 1946 si intende quel vasto universo di mezzi corazzati che, costruiti in uno o pochi esemplari oppure solo progettati o anche solo vagamente ipotizzati, non raggiunsero mai i campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale a causa del termine del conflitto. La categoria in questione riguarda tutti i belligeranti ma richiama prima di tutto alla memoria la fervente fantasia degli ingegneri tedeschi di cui questo soggetto, il Panzer 38 D mit Pz. IV Turm 8 cm PAW 600, è figlio.

48 Panzer 38 Drehturm

La corsa ai Paper Panzer ha portato a modelli di grande impatto visivo anche a causa delle dimensioni degli stessi (basti pensare al Maus o al Bar che ho avuto il piacere di recensire proprio su questo mio blog) perciò il soggetto in questione, piccolo e poco appariscente, è probabilmente destinato ad un rapido oblio. Ciononostante somma in sé una serie di originalità che i compagni d’arme si sognano.

LO SCAFO

Quando nel 1938 Hitler occupò gran parte della Cecoslovacchia con il colpo di mano che porta il nome di Anschluss, la Germania nazista si accaparrò un bottino di altissimo valore strategico fra cui, non da poco, furono gli impianti industriali (Skoda, Tatra, etc.) ed il parco veicoli militari cecoslovacco. Benché una leggenda difficile da eradicare voglia considerare l’esercito tedesco come una perfetta macchina da guerra, la verità è che la Wehrmacht, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, era tutt’altro che pronta all’impresa a cui era stata destinata dai folli piani nazisti. La carenza di carri armati era drammatica sia dal punto di vista della qualità che del numero. A prova di ciò basti pensare che fu ampiamente utilizzato in prima linea il Panzer I, nato per l’addestramento e per questo armato di sole due mitragliatrici MG-34. È facile, quindi, immaginare l’importanza che ebbe per lo sforzo bellico tedesco poter mettere le mani sui carri cecoslovacchi LT vz. 38 così come poter far proseguire la produzione dello stesso da parte delle industrie locali. L’LT vz. 38 era un carro ben armato e straordinariamente performante per l’epoca grazie soprattutto al treno di rotolamento ed alle sospensioni a balestra. Il carro cecoslovacco non solo fu prontamente integrato nell’esercito tedesco col nome di Panzer 38 (t) (38 – anno di messa in produzione – (t) per Tschech/cecoslovacco) ma servì anche da scafo per una pletora di altri veicoli fra cui il Marder III e, soprattutto, come base per lo Jagdpanzer 38 che, dal 1944 fino alla fine della guerra, fornì una risposta all’esigenza di un veicolo a basso costo, producibile in gran numero ed in grado di fornire un efficace supporto anticarro alla fanteria.

Ciò non deve, però, concedere troppe illusioni. Nel 1945 lo chassis del Panzer 38 (t) era ancora in produzione per ragioni pragmatiche dettate dall’urgenza (valeva la semplice regola per cui, non essendoci a disposizione di meglio, si era costretti ad utilizzare quanto disponibile). In realtà lo scafo mostrava da tempo i suoi limiti soprattutto in quanto incapace di sopportare il peso ed il volume dei nuovi armamenti sviluppati per contrastare i carri sovietici sempre più pesantemente corazzati. Il Panzer 38 (t) fu, quindi, oggetto di un ammodernamento finalizzato a rivoluzionarne le caratteristiche. Tale progetto prese il nome di Panzer 38 D (“D” per Deutsch/tedesco) e fu focalizzato sullo sviluppo di uno scafo che, allungato ed allargato rispetto al precedente, potesse fungere da perfetto Waffentrager. Per dovere di cronaca, ricordo che con il termine Waffentrager l’industria bellica tedesca intendeva una piattaforma mobile per armamenti. In altre parole si trattava di basi cingolate che dovevano permettere ad armamenti normalmente al traino di diventare semoventi con conseguente vantaggio tattico dovuto alla maggior velocità di spostamento ed alla capacità di sottrarsi al fuoco di controbatteria avversario. La Germania concepì diverse tipologie di Waffentrager ma il Panzer 38 D fu il progetto su cui si concentrarono i maggiori sforzi in quanto dotato di uno scafo cingolato considerato performante, economico da costruire e facilmente adattabile a qualunque sistema d’arma. Il Panzer 38 D in qualità di Waffentrager fu ipotizzato in decine di varianti equipaggiate con un’ampia pletora di cannoni d’artiglieria, antiaerei ed anticarro. Se la maggior parte di queste versioni prevedevano casematte a cielo aperto, alcune erano date, come quella in oggetto, di torretta allo scopo di consentire un più sicuro impiego in prima linea.

46 Panzer 38 D

LA TORRETTA

Il sentire comune incarna la potenza militare tedesca in carri armati come il Tiger I ed il Panther, mezzi tanto famosi quanto la leggendaria potenza dell’esercito di cui furono parte. In realtà la colonna portante della Panzerwaffe erano il Panzer IV e lo Stug. III, mezzi corazzati molto meno noti ma disponibili in numero nettamente superiore a quello dei loro più noti fratelli d’arme. Il Panzer IV ha, nello specifico, il primato di carro impiegato per tutta la durata della Seconda Guerra Mondiale. Tale record ha avuto un prezzo: mantenere in linea un veicolo sempre più obsoleto nonostante gli importanti ammodernamenti implementati nelle varie versioni susseguitesi sulle catene di montaggio. Il Panzer IV fu oggetto di svariati progetti finalizzati a superare alcune sue ataviche obsolescenze (come ad esempio, le forme dello scafo che non rispettavano i moderni dettami delle piastre inclinate) ma nessuno di essi si concretizzò in quanto ciò avrebbe comportato un’interruzione nella produzione del carro che l’esercito tedesco non poteva permettersi nemmeno temporaneamente. Fra le ipotesi formulate per il rinnovamento del Panzer IV non fu esente la torretta. Volendo evitare modifiche strutturali che sarebbero state imposte da un design completamente nuovo, si ipotizzò di semplificare al massimo la torretta standard del Panzer IV per ridurre il costo e le ore lavoro necessarie alla sua costruzione. L’ibrido derivante da questo diabolico pragmatismo fu denominato Panzer IV-Vereinfachter Turm (torretta semplificata per Panzer IV) ed è riprodotto in questo kit Amusing Hobby. La Panzer IV-Vereinfachter Turm era estremamente compatta e dotata di uno spessore della corazza superiore a quello del modello precedente ma era priva di alcuni accessori essenziali. Basti pensare all’eliminazione della cupola del capocarro e di tutti i visori, sostituiti da soli due periscopi inseriti nei portelli sul cielo della torretta. Si trattò di una scelta dettata dall’emergenza a discapito della qualità e della sicurezza dei carristi. Questi ultimi, infatti, avrebbero dovuto sporgersi pericolosamente all’esterno per avere una visione efficace del campo di battaglia.

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L’ARMAMENTO

Nel corso della Seconda Guerra Mondiale si assistette ad uno sviluppo esponenziale della tecnologia militare con un incremento vertiginoso delle dimensioni, peso e spessore delle corazze dei carri armati. Ciò impose un parallelo incremento delle dimensioni dei cannoni anticarro che dovevano essere in grado di sparare proiettili con la massa e la velocità necessarie non solo a perforare le spesse corazze avversarie ma anche a farlo a distanza di sicurezza. Per fare questo era necessario aumentare la carica esplosiva e, in proporzione, le dimensioni del proiettile ma, così facendo, dovevano essere più grandi la culatta e la canna del cannone in quanto dovevano contenere la forza e la pressione esercitate dalla carica esplosiva e dal proiettile. La crescita delle dimensioni dei cannoni anticarro determinarono, inevitabilmente, anche l’aumento del peso degli stessi. Ciò impose carri con torrette più ampie per alloggiare il cannone e scafi più grandi per garantire una piattaforma di tiro stabile. I cannoni anticarro al traino, invece, diventarono troppo pesanti per essere maneggiati agevolmente dai serventi che, conseguentemente, necessitavano di un veicolo apposito per qualsiasi spostamento dell’arma. Solo per offrire qualche esempio, i reggimenti anticarro delle divisioni di fanteria tedesche passarono in poco tempo dal 3.7 cm Pak-36 (450 Kg), al 5 cm Pak-38 (990 kg), al 7.5 cm Pak-40 (1.500 Kg) fino al 8.8 cm Pak-43 (3.600 Kg) senza dimenticare gli estremi del 12.8 cm Pak-44 (10.000 kg). Questa escalation aveva conseguenze non irrilevanti. I costi produttivi dei cannoni diventarono colossali, così come lo sforzo logistico per mantenerli operativi ed i tempi necessari per addestrare i serventi. Tutto questo nella consapevolezza che i cannoni al traino, una volta sparato il primo colpo, erano generalmente destinati alla rapida distruzione da parte dell’artiglieria avversaria. Queste premesse ed il costante aumento del numero di carri armati prodotti dal colossale apparato industriale alleato resero sempre più urgente sviluppare armamenti alternativi che, leggeri e producibili in gran numero, equipaggiassero la fanteria tedesca. Le strade intraprese dagli ingegneri tedeschi per rispondere a questa necessità furono innumerevoli. Alcune rimasero lettera morta, altri come il Panzerfaust ed il Panzerschrek furono prodotti a migliaia ed efficacemente utilizzati, altri ancora arrivarono troppo tardi per condizionare l’andamento della guerra. Fra questi ultimi non può essere dimenticato l’8 cm PAW-600 (Panzerabwehrwerfer 600) in cui il proiettile era sostituito da una granata da mortaio a carica cava. Essa veniva lanciata dal cannone grazie ad una carica esplosiva che, caricata nella culatta, dava forza propulsiva al proietto non agendo direttamente sullo stesso ma in modo graduale e controllato. Così facendo si rendeva necessaria una culatta in grado di contenere l’esplosione ma la pressione generata era molto inferiore a quella di un normale proiettile anticarro. Conseguentemente, il rinculo era minimo e la canna poteva essere molto più leggera del normale in quanto non doveva avere lo spessore necessario a contenere la pressione generata dal proiettile in corsa. Il risultato fu il PAW-600, un cannone con prestazioni equiparabili al Pak-40 ma pesante soli 640 kg. Questo alleggerimento esponenziale ebbe un altro vantaggio: una maggiore semplicità di montaggio in torretta. È facilmente intuibile che una tale arma si prestava perfettamente ad essere montata sulla torretta di modello Panzer IV-Vereinfachter Turm.

Non mi dilungherò troppo nel descrivere il kit. La qualità, come usuale, appare buona ma non è certamente eccelsa. I miglioramenti possibili sono innumerevoli a condizione di essere interessati a riciclare qualche pezzo avanzato da vecchi modelli, autocostruirne altri o spendere qualche soldo aggiuntivo per set after-market.

A voler essere puristi, il modello in oggetto è errato in almeno due  aspetti:

  • Nonostante la sigla Panzer 38 D riportata sulla scatola, lo scafo riprodotto è quello del classico Jagdpanzer 38 “Hetzer” come si evince dalle dimensione, il diametro delle ruote e, soprattutto, le sospensioni a balestra. Niente di grave a condizione di rassegnarsi a non voler riprodurre in scala lo scafo 38 D, in caso contrario il modello sarebbe da rifare integralmente;
  • La torretta proposta dal kit non è una Panzer IV-Vereinfachter Turm bensì un ibrido alternativo chiamato Panzer IV-Drehturm che, evidentemente ispirato ai disegni tecnici di Hilary Doyle pubblicati su Panzer Tracts No. 20-1, è assolutamente migliorabile in quanto i carristi non avrebbero alcuna possibilità di vedere all’esterno essendo priva di qualunque periscopio.