La Seconda Guerra Mondiale vide uno straordinario sviluppo degli armamenti nonché del progresso tecnologico correlato. Nel lasso di soli cinque anni, si passò, ad esempio, da carri armati pesanti tre o quattro tonnellate a colossi da settanta tonnellate e più. Il primato in questa evoluzione darwiniana dei mezzi corazzati spetta alla Germania che, nell’ultimo anno di guerra, allineò il Panzerkampfwagen VI Ausf. B “Tiger II” di circa 70 tonnellate e lo Jagdpanzer VI “Jagdtiger” da 77 tonnellate. Il record assoluto spetta, però, ad un altro carro armato tedesco: il Panzerkampfwagen VIII “Maus” da 188 tonnellate proposto da questo bel kit della ditta Takom di Hong Kong.
Le ragioni di questa tendenza al gigantismo sono molteplici. La Germania era priva di un tessuto industriale capace di produrre un numero di carri armati pari a quelli costruiti dai suoi avversari in tutto il mondo. Privilegiare la qualità sulla quantità fu una scelta imposta dall’andamento della guerra oltre che un’attitudine insita nella natura stessa dei Tedeschi. Il prolungarsi della guerra avrebbe poi dimostrato che la qualità era destinata ad essere sopraffatta dalla quantità. In ogni caso, la Seconda Guerra Mondiale vide una continua evoluzione degli armamenti che incrementò lo spessore delle corazze e, conseguentemente, impose l’aumento del calibro e, quindi, delle dimensioni dei cannoni anticarro il cui proiettile doveva avere massa e velocità in grado di perforarle. Aumentando le dimensioni del cannone, dovevano essere ingranditi anche la torretta che lo accoglieva e lo scafo su cui era montata quest’ultima. Scafo che aveva anche il compito di assorbire il rinculo del cannone e fungere da stabile piattaforma di tiro. Si aggiunga che i sopra citati Tiger II e Jagdtiger erano carri concepiti per operare nei grandi spazi offerti dal fronte russo. Fu solo il deteriorarsi della situazione bellica e l’apertura del fronte occidentale ad imporre il loro impiego in un teatro bellico per il quale non erano stati progettati. Ne conseguì che, su campi di battaglia fortemente compartimentati, i movimenti di tali Panzer erano ostacolati da fiumi, coltivazioni, boschi, villaggi e città che annichilivano anche il vantaggio tattico offerto da cannoni in grado di colpire bersagli a chilometri di distanza.
Tutto ciò premesso, è altresì innegabile che ad incentivare e favorire la progettazione e produzione di carri armati senza alcuna corrispondenza negli eserciti delle altre nazioni belligeranti influì non poco il gusto per il gigantismo tipico della megalomania di regimi totalitari come quello nazista. Uno degli esempi più emblematici in tal senso è sicuramente il Maus da 188 tonnellate. Sotto l’ombrello protettivo del favore di Hitler, Ferdinand Porche poté lavorare sul Maus senza temere la concorrenza di terze industrie (principalmente Henschel) inserendovi tutti gli espedienti tecnici che lo assillavano da sempre (come ad esempio l’innovativa trazione composta da due motori elettrici ognuno dei quali, alimentati da quello principale a benzina, muova il cingolo di competenza). Il risultato di tutto ciò fu un colossale carro armato il cui sviluppo fu lunghissimo a causa delle enormi difficoltà tecniche riscontrate. La guerra si concluse con soli due prototipi completati: il V1 con un simulacro di torretta per testare lo scafo ed il V2 equipaggiato di torretta armata con il previsto Pak-44 da 12.8 cm. All’arrivo dell’esercito russo, entrambi i veicoli furono sabotati mentre erano in corso i test dinamici degli stessi nel poligono di Kummendorf
Non mancano leggende legate ad un uso in combattimento del Maus V2 benché sia assai improbabile che ciò sia effettivamente avvenuto. Ciononostante i rapporti redatti durante i test dei due prototipi risultarono incoraggianti soprattutto grazie ad una facilità di guida nettamente superiore a quanto sperato sulla carta. Non bisogna nemmeno credere che il Maus fosse un progetto insensato a prescindere. Esso, nelle ampie pianure russe, avrebbe funto da ariete di sfondamento durante gli assalti e da cardine della struttura difensiva al momento di reggere gli attacchi delle compatte masse di carri sovietici. Entrambi i compiti sarebbero stati possibili grazie allo spessore delle sue corazze (240 mm sul frontale) ed al cannone in grado di colpire i bersagli molto prima che questi ultimi potessero efficacemente replicare al fuoco.
Resta in ogni caso evidente che il Maus fu concepito nello sprezzo di ovvie quante insormontabili problematiche che ne avrebbero gravemente compromesso l’efficacia in combattimento. Il peso stesso del veicolo avrebbe comportato consumi titanici, una velocità molto bassa (max 20 km/h nel centro prove), il crollo di qualunque ponte che avesse dovuto attraversare e l’alto rischio di impantanarsi su terreni molli. Paradossalmente, il Maus incarnava la megalomania nazista ma tradiva i principi di mobilità e velocità della Blitzkrieg che avevano permesso i successi militari dei primi anni di guerra.
Il modello del Maus V2 della Takom è semplicemente bellissimo! La finezza di ogni dettaglio riprodotto è subito evidente alla sola apertura della scatola. Il livello qualitativo complessivo appare essere ai massimi livelli anche considerando la media decisamente alta con cui società come Dragon ci hanno abituato negli ultimi anni. Se ciò non bastasse, il kit Takom risulta assolutamente irrinunciabile considerando che l’unico sul mercato è ancora quello proposto da Dragon negli anni ’90 ed ormai ampiamento superato sia da un punto di vista della qualità dello stampo che di fedeltà con il soggetto reale.
Ovviamente un giudizio definitivo potrà essere dato solo montando il kit. Personalmente mi auguro non sia operazione troppo complicata anche se temo il contrario. Bisogna, infatti, ammettere che fa paura anche solo guardare l’infinità di pezzi che compongo i cingoli ed il treno di rotolamento. Parti, queste, che sono destinate a restare per lo più invisibili una volta montato il carro.
Ciao Andrea, ho appena letto l’articolo sul maus, carro di tutto rispetto..peccato che é rimasto un prototipo. Ho visto le foto del modello e ci sono decisamente un sacco di dettagli. Peccato che la parte dei cingoli rimane nascosta. Ti invio il link di quel negozio di Milano di cui ti parlavo ieri: http://www.animetoys.it/web/. Mi raccomando non farti troppo del male guardando i modelli. Intanto ti ringrazio ancora per la serata e la bellissima vetrinetta. Buona serata…e ci sentiamo…ciao. Giandomenico
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Ciao Giandomenico,
grazie come sempre per i tuoi sempre graditi complimenti. Sono io che ringrazio te per la bella chiacchierata e mi raccomando di farmi vedere la vetrinetta con il tuo modello terminato!
Negozio spettacolare! 🙂
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