Così come già detto per il quartiere di Akihabara, non ho mancato di visitare anche nel 2017 un’altra mecca per gli appassionati come me di Anime e Manga: il Nakano Broadway ed il negozio Mandarake che vi sorge all’interno. Senza ripetere anche in questa sede quanto già raccontato e descritto nel similare articolo scritto a celebrazione della mia prima visita datata 2016, ricordo a tutti che Mandarake è una nota catena di negozi specializzata nella vendita di merchandising di seconda mano legato al mondo di Anime, Manga e non solo. Date queste premesse e preso atto di quanto Akihabara sia l’incarnazione di un mercato dell’entertainment animato dedito al solo culto consumista della novità ad ogni costo, è facilmente comprensibile come un qualunque Mandarake, ed in particolare quello del Nakano Broadway ove è collocata la sede principale di questa catena di punti vendita, sia una meta imperdibile per gli appassionati più stagionati in quanto solo qui è possibile trovare moltissimo merchandising legato alle serie storiche degli anni ’70-’90.
Nel corso della mia seconda visita al Nakano Broadway, devo confessare che l’impressione di oppressione e di claustrofobia già provata in precedenza è stata ulteriormente confermata ed, addirittura, accentuata. Mancando l’euforia della prima scoperta, il Nakano Broadway si è palesato ancor più chiaramente per quel che è: un edificio da film horror a causa dello stile anni’70, i soffitti bassi, la mancanza di finestre ed i corridoi angusti. L’esperienza ambientale è mitigata dalla possibilità di sollazzare i propri gusti vintage e, soprattutto, nutrile l’immensa passione per tutto quello che ci ha conquistato da bambini ma è altresì vero che mi è difficilissimo nascondere la sorpresa nel costatare quanta paccottiglia inguardabile abbia non solo mercato ma anche costi tanto elevati. Certamente si tratta di valutazioni del tutto soggettive in quanto legate ai propri interessi ma mi è impossibile parlare di “valore” per certi prodotti che, già brutti e di qualità infima all’epoca della prima commercializzazione, non sono certo migliorati col tempo.
Detto questo, e sempre valutando da punti di vista puramente soggettivi, i vari negozi Mandarake sparsi per il Nakano Broadway riservano sempre piacevoli sorprese. Personalmente sono costantemente affascinato dai libri d’illustrazione che raramente acquisto ma che attraggono sempre la mia attenzione.
Sono, invece, totalmente conquistato dai due negozi (uno Mandarake e l’altro indipendente) che, uno vicino all’altro, in un angolo dell’ultimo piano, vendono rodovetri (“cel” in lingua inglese), i fogli trasparenti in acetato dove venivano disegnati i personaggi e che, ad un ritmo di 26 al secondo, creavano l’animazione in tempi in cui ancora non esistevano computer e lavagne elettroniche. Qui si possono trovare emozionanti fotogrammi disegnati e dipinti a mano di alcuni fra gli Anime più famosi. Ovviamente i costi sono variabili a seconda della serie, della scena rappresentata, del personaggio riprodotto e della sua posizione/espressione ma con un poco di fortuna è possibile fare qualche buon affare nonostante i prezzi generalmente molto alti per la sempre maggior rarità del materiale in questione.
Se l’anno prima mi ero arrischiato all’acquisto di due cel del mio Anime preferito, “Maison Ikkoku”, questa volta è stato il turno di un’altra mia grande passione: la serie animata “The Secret of Blue Water”. Il destino ha voluto che mi imbattessi in un primo piano di Elektra, nell’episodio in cui tenta (senza successo) di imporre esercizi fisici all’equipaggio e agli ospiti del sottomarino Nautilus, e in uno di Nadia nella sequenza del primo episodio in cui viaggia in bicicletta con il suo caratteristico cappellino di paglia parigino. Non ho certo potuto esimermi dall’acquisto. Pazzia favorita dai prezzi non eccessivi, probabilmente dovuti allo stato non ottimale del primo cel e dal fatto che il secondo è privo della sua parte a colori. Comunque sia, entrambi sono ora appesi in bella mostra nel mio alloggio.
Da quanto sopra raccontato, credo che nessuno possa dubitare del senso di claustrofobia capace di suscitare il Nakano Broadway. Seppur estasiati da quanto visto e disponibile all’acquisto, non vedrete l’ora di uscire all’aria aperta soprattutto se i vostri interessi vi dovessero trattenere al suo interno per gran parte della giornata. Per fortuna, il quartiere di Nakano da il proprio meglio proprio intorno al centro commerciale grazie ad un labirintico dedalo di viuzze in cui si affacciano decine di locali di ogni tipo consacrati al cibo povero ed al bere abbondante. Per una panoramica completa del luogo e della sua storia vi rimando ancora una volta all’articolo del 2016. In questa occasione mi limiterò a confermare l’atmosfera di grande convivialità che gravita per tutto il quartiere segnalando un locale che mi aveva già colpito un anno fa ed in cui sono entrato in questa nuova occasione. Non sono in grado di indicarne il nome ma, nel caso vi passiate davanti, lo riconoscerete certamente in quanto tappezzato di immagini e locandine sui Tokusatsu, i vecchi film e telefilm con eroi in calzamaglia e mostri gommosi che si sfidano in ambienti in miniatura. Se ciò non bastasse, i piatti del menù scritti in giapponese stretto ed appesi ai muri come se fossero mantra shintoisti vi faranno subito capire di essere capitati proprio in quella ruspante tavola calda che cercavate ansiosamente.
Per la seconda volta ho avuto la conferma che questo angolo di Nakano merita una visita goliardica strettamente serale. Se già mi ero trovato benissimo nel ristorantino dell’anno prima specializzato in spiedini e crocchette (anche grazie a tre simpaticissime cameriere), anche in questa occasione mi sono divertito tantissimo. L’ambiente informale e tutto il personale mi hanno accudito e fatto sentire a mio agio così come un altro commensale al mio fianco che mi ha pure regalato un poster del “Shin Godzilla” di Anno giusto nei cinema in quel periodo.
Non so dire se qualunque straniero sia destinato a tale accoglienza in qualunque locale di Nakano. Quello che mi sento di consigliare è di accingervi all’impresa con la mente (e lo stomaco) aperta e disponibile alla scoperta senza pretendere di capire tutto ma, al contrario, lasciandovi trasportare dagli eventi e dalle persone che vi circondano. Solo per fare un esempio, non ho preteso di capire e di farmi spiegare il menù da qualche malcapitato, ho semplicemente detto al cameriere e confermato al proprietario di decidere loro che cosa valesse la pena farmi assaggiare. Sarà un caso ma ho mangiato benissimo arricchendo così un’esperienza indimenticabile.