Aéro-journal n°59

Come per il passato n° 51, non ho potuto fare a meno di acquistare anche questa nuova uscita della rivista bimestrale Aéro-journal. La ragione è subito ascrivibile alla mia passione per uno degli aspetti più peculiari della Seconda Guerra Mondiale: i duelli aerei notturni. Si tratta di una tipologia di combattimento che, come in altri non rari casi, ha conosciuto nascita e massima espansione durante il secondo conflitto mondiale per poi sostanzialmente scomparire con la fine dello stesso. Nel dopoguerra, infatti, lo sviluppo tecnologico e la parallela spinta alla standardizzazione rese del tutto inutili gli aerei specializzati in missioni notturne poiché, la nuova elettronica, permise ai velivoli convenzionali di operare anche di notte. Ne consegue che gli aerei equipaggiati con una speciale strumentazione finalizzata al volo notturno, rappresentarono una peculiarità della sola Seconda Guerra Mondiale. Tale nicchia, con tutte le sue originalità tecniche ed i suoi drammi bellici, è sempre stata al centro del mio interesse perciò ho subito apprezzato questo numero della rivista francese incentrato sui primi raid del Bomber Command inglese e, soprattutto, sull’He-219 tedesco.

Il primo articolo è dedicato ai bombardamenti notturni che, eseguiti dalla RAF ad iniziare dal 1942, furono precursori e banco di prova in vista della vera e propria campagna avente ad oggetto la distruzione di Berlino a partire dal 1944. Il testo tecnico di stampo militare non perde di vista la dimensione più umana di quella che fu una strategia di puro terrorismo, mirata più all’annientamento fisico e morale della popolazione civile tedesca che alla distruzione di impianti industriali (lasciati ai più precisi raid diurni dell’USAAF). Si spalancò così un abisso di orrori onestamente inimmaginabile che ebbe conseguenze anche sui piloti inglesi consapevoli dalla carneficina di cui si facevano strumento nonché sulla stessa opinione pubblica inglese. Non è un caso che i bombardamenti diurni americani siano da sempre oggetto di una celebrazione che non trova corrispettivo in quelli notturni della RAF. Fin dall’immediato dopoguerra vi fu una sorta di malcelato insabbiamento di tale campagna con lo stesso Winston Churchill restio non solo ad affrontare l’argomento ma anche a citare o comparire al fianco di Arthur Harris, comandante in capo del Bomber Command e soprannominato “Bomber Harris” o “Butcher Harris” (benché abbia sempre operato con il benestare del primo). L’articolo è molto interessante anche dal punto di vista tecnologico con un esame dei sistemi di navigazione/rilevazione degli obiettivi e delle contromisure adottate dalle parti belligeranti. Spero sinceramente di riuscire a procurarmi i numeri successivi della rivista con il proseguo del trattato di cui solo la prima parte è pubblicata su questo n° 59.

Il secondo articolo è, per la gioia del sottoscritto, incentrato sull’He-219 “Uhu”, il caccia pesante tedesco da sempre oggetto di una vera e propria venerazione da parte mia. Sono pronto a leggere qualunque cosa su questo velivolo perciò non stupirà l’interessa da me suscitato dallo scritto in questione. L’approccio è decisamente inusuale e per questo estremamente interessante. Partendo dal presupposto che l’He-219 “Uhu” è stato già oggetto di innumerevoli dissertazioni spesso basculanti fra la celebrazione spudorata ed il discredito assoluto, l’articolo cerca di mettere ordine elaborando una valutazione il più precisa ed obiettiva possibile. Il risultato è ottimo ed evidenzia luci ed ombre di un Nachtjager (caccia notturno) che, unico nel suo genere, seppe conquistare il favore dei piloti che ebbero la fortuna di salirvi a bordo. Da questo punto di vista è importante notare che l’Uhu non fu concepito per intercettare i Mosquito inglesi come spesso dichiarato. Quando si decise di farne un caccia notturno nel 1942, il performante aereo anglosassone era ancora sconosciuto ai Tedeschi. È, quindi, inutile avventurarsi in sterili confronti su prestazioni ben lungi dall’essere eguagliate dal velivolo tedesco. Altrettanto superfluo è criticarlo più in generale su quest’aspetto. L’He-219 “Uhu” fu costantemente gravato da una motorizzazione di ripiego ben lungi da quella prevista e richiesta. Lo sviluppo del performante motore DB 603G non fu mai portato a termine e l’Uhu dovette accontentarsi dei DB 603A dalle prestazioni nettamente inferiori. Nonostante ciò, il peso del potente armamento nonché della numerosa apparecchiatura elettronica di cui era equipaggiato, l’He-219 “Uhu” restò il più veloce caccia notturno in dotazione alla Luftwaffe. Fu apprezzato anche per la sua docilità in volo, perfino con cattivo tempo ed un solo motore funzionante. L’asso della Nachtjagd, l’Hauptmann Ernst-Wilheim Modrow, accreditato con 54 vittorie di cui 53 su He-219 “Uhu”, definì quest’ultimo come un aereo per vecchi signori tanto era maneggevole e comodo da pilotare. Tutto ciò detto, l’He-219 non merita nemmeno quell’alone di leggenda che lo circonda. Nonostante gli exploit di cui è costellata la sua carriera operativa (compresi ben cinque abbattimenti nella prima missione di prova) fu un velivolo costruito in pochi esemplari, di costruzione tecnologicamente troppo complessa (cabina pressurizzata, sedili eiettabili, etc.) per un’epoca in cui l’industria bellica tedesca usufruiva massicciamente di manodopera coatta non specializzata, per essere mantenuto pienamente operativo necessitava di una serie di attenzioni impossibili nella degradata situazione bellica tedesca e aggiungeva un nuovo modello al già fin troppo variegato parco velivoli della Nachtjagd senza avere i numeri per contrastare in modo significativo i bombardamenti della RAF.

Insomma, l’He-219 “Uhu” fu un ennesimo spreco di risorse ma, come in molti altri casi, così facendo l’industria bellica tedesca ci ha regalato un piccolo gioiello che ha contribuito a fare la storia dell’aviazione.