Questo numero della rivista bimestrale Aéro-journal è stato per me assolutamente irrinunciabile in quanto da sempre appassionatissimo del Focke-Wulf 190 D9 a cui è dedicato l’articolo principale della rivista in oggetto. In un corposo scritto di quasi quaranta pagine, vengono narrati lo sviluppo, le versioni e l’impiego operativo di un caccia che, benché nato all’insegna del pragmatismo, ha saputo competere alla pari con i migliori velivoli allineati dagli Alleati Occidentali nell’ultimo anno di guerra.
Il Focke-Wulf 190 D9 nacque dalla matita del geniale ingegnere aeronautico Kurt Tank allo scopo di fornire alla Luftwaffe un velivolo di transizione in attesa della messa in produzione del Ta-152 H1, un caccia in grado di surclassare nettamente tutti i velivoli ad elica dell’epoca. Nel tentativo di garantire uno sviluppo rapido ed un alto tasso di disponibilità, il Focke-Wulf 190 D9 fu concepito come una sorta di ibrido che univa la cellula del ben rodato Focke-Wulf 190 A con un potente Jumo 213, motore resosi finalmente disponibile dopo un lungo sviluppo e soprattutto dopo l’abbandono di progetti irrealizzabili in un contesto come quello affrontato dalla Germania nell’ultimo anno di guerra. Con un semplice allungamento della fusoliera allo scopo di compensare le maggiori dimensioni del nuovo motore, nacque così il Focke-Wulf 190 D9, un caccia dalle linee sproporzionate e per questo affascinanti ed estremamente aggressive. L’articolo è molto ben scritto, non ha timore di prolungarsi ben oltre l’usuale numero di pagine di una semplice rivista e colleziona una serie di testimonianze dirette dei piloti che offrono un quadro così ben dettagliato da non temere confronti anche con lunghe monografie dedicate al medesimo tema.
Non è questa la sede più appropriata per un dettagliato sunto ma vorrei segnalare uno degli approfondimenti che più mi hanno interessato leggendo l’articolo. Sono, infatti, da sempre affascinato dall’impiego del Focke-Wulf 190 D9 a protezione del Messerschmitt 262 in fase di decollo ed atterraggio (momenti in cui tale caccia a reazione era più vulnerabile). Pensavo che siffatto compito fosse stato disposto per il solo Jagdverband 44 di Adolf Galland per mezzo della famosa squadriglia Platzschutzstaffel JV 44 (più nota come Papagei Staffel) caratterizzata dalla livrea rossa a strisce bianche per una miglior identificazione da parte della Flak. In realtà, leggendo l’articolo, ho scoperto che, tale servizio di scorta coinvolse, già nell’ottobre del 1944, lo Jagdgeschwader 54 a favore del Kommando Nowotny, la prima unità operativa ad essere equipaggiata con Me 262. Da sempre convinto che tale impiego fosse uno dei più affascinanti del Focke-Wulf 190 D9, potete ben immaginare la mia sorpresa nel constatare che, in realtà, si trattò di uno dei tanti sprechi di ottimo materiale a cui i Tedeschi furono più o meno costretti a causa del poco materiale disponibile. Il Focke-Wulf 190 D9 era, infatti, un caccia da supremazia aerea che esprimeva il massimo delle proprie potenzialità in altezze comprese fra i 4.000 ed i 6.000 metri. Non era, quindi, adatto ai combattimenti a bassa quota come quelli fra i 50 ed i 500 metri che si determinavano nelle missioni di protezione degli aeroporti. L’uso del Focke-Wulf 190 D9 per tale ruolo fu, quindi, uno spreco di uomini e mezzi che avrebbero dovuto essere usati per scopi più consoni alle caratteristiche dell’aereo in questione. L’articolo offre questo e molti altri spunti di riflessione sul Fw-190 D9. Il testo è ulteriormente arricchito da belle foto storiche e soprattutto da numerosi profili a colori di ottima fattura. Consiglio vivamente a tutti gli interessati al velivolo in oggetto, nonché agli appassionati di storia dell’aviazione, di recuperare il numero in questione di Aéro-journal perché sono convinto che la lettura di questo articolo sia estremamente interessante.
Concludo segnalando che l’intera rivista è arricchita da altri tre articoli di tutto rispetto: il primo è dedicato ai progetti aeronautici della Regia (molto originale nonostante dia ulteriore conferma di come l’Italia non fosse preparata ad affrontare un conflitto mondiale), il secondo è l’ultima parte di un trattato sull’impiego del Messerschmitt 110 nella Battaglia d’Inghilterra ed il terzo, ma non ultimo, racconta lo sviluppo del soccorso aereo inglese nel corso della Seconda Guerra Mondiale.