Sulle pagine di questo mio blog, ho già avuto modo di esprimere la mia incondizionata passione per la città di Torino. Non persi occasione, ad esempio, di omaggiarla parlando della bella mostra dedicata a Sergio Leone che, col titolo di “C’era una volta in Italia”, era stata allestita presso il Museo del Cinema collocato nella Mole Antonelliana. Amo Torino per il suo fascino di capitale mancata e, quindi, per la sua storia che rivive nei suoi palazzi e nelle sue strade. Non deve, quindi, stupire se colgo ogni occasione utile per una visita ad una città che mi regala sempre qualche nuova scoperta ed emozione. In questo caso, il pretesto mi è stato offerto dalla mostra “Shodo, l’incanto del segno”, tenutasi al MAO dal 2 a 19 marzo 2017.
Prima di parlare della mostra, consentitemi un piccolo omaggio fotografico alla città di Torino. Per mia fortuna, la giornata di sabato 11 marzo ha goduto di un cielo terso e di un meteo splendido. Ho così potuto passeggiare per Torino nelle condizioni più favorevoli e non ho potuto fare a meno di fare qualche scatto che spero consenta a chiunque di cogliere il fascino di questa città.
Grazie anche ad una serie di fortunate coincidente, sono riuscito finalmente a gustare un buon Bicerin nell’omonimo locale storico che tradizione vuole abbia inventato questo caffè (http://www.bicerin.it/). Il Bicerin fa parte delle tradizioni culinarie più importanti della città e consiste in una bevanda che unisce caffè e cioccolato caldo ad uno strato di panna fredda. Mi è piaciuto moltissimo e lo consiglio a tutti. Unico problema (e ragione che mi aveva in precedenza impedito di vivere questa esperienza) è la lunga coda che sovente è necessario fare per accedere al locale ed ai pochi tavoli di cui è dotato. Unica soluzione è evitare le ore di maggior affluenza oppure sperare in un poco di fortuna.
Il MAO (Museo d’Arte Orientale – http://www.maotorino.it/it) si trova a pochi passi dalle piazze centrali della città ed è quindi facilmente raggiungibile a piedi anche dalla Stazione di Porta Nuova. In uno spazio molto funzionale e moderno collocato all’interno di un edificio storico, il MAO possiede una collezione permanente a cui si aggiungono mostre temporanee fra cui quella in oggetto.
Non ho le competenze necessarie a fornire un quadro approfondito dello Shodo ma mi permetto la libertà di considerarla una delle forme d’arte più rappresentative del Giappone. Essa unisce la particolarità della scrittura per ideogrammi ad una filosofia di vita fortemente nipponica. La perfezione ed armonia del gesto esecutivo, si incarna nell’eleganza e essenzialità di un risultato in cui l’equilibrio di ogni suo elemento è essenziale. Che sia la preparazione di un bento o la creazione di un’opera d’arte, nella cultura giapponese questi principi di fondo non cambiano. Lo Shodo traspone tutto ciò nella scrittura, valore essenziale e capacità primordiale che più di tutto ha permesso all’uomo di evolvere ed ergersi al di sopra delle altre creature viventi. Inutile dire che l’unione di tutti questi aspetti è, a mio parere, tanto affascinante quanto emotivamente esplosiva. Mi auguro che le foto seguenti vi permettano, se non di darmi ragione, almeno di rendervi conto del valore di una mostra che, purtroppo, è stata di brevissima durata.
Non da meno sono le collezioni permanenti del MAO. In numerose sale sono esposti cimeli rappresentativi delle principali culture evolitesi dal Medio Oriente all’Estremo Oriente. Per forza di cose, la mia attenzione è stata principalmente catturata dagli spazzi dedicati al Giappone e di cui mostro di seguito alcune foto esemplificative.
Concludo concedendomi due righe di apprezzamento per una giornata bellissima trascorsa piacevolmente fra cultura, shopping e prelibatezze culinarie che spero di ripetere presto.