Sull’onda dell’entusiasmo per i prodotti Cospa già espresso nel recente articolo sul Principality of Zeon Towel, eccomi ora a parlare di due patch che hanno subito scatenato la mia più assoluta esaltazione in quanto legati alla serie “Patlabor”, dell’ormai lontano 1988. Benché poco conosciuta in Italia, “Patlabor” fu uno dei primi esperimenti multimediali subito progettato per declinare il concept di base in forma di fumetto, serie animate per l’home video, serie animate per la TV, film cinematografici, videogame e modellini. Tale risultato fu possibile grazie al grande successo del progetto che, gestito dal collettivo Headgear, seppe prima di tutto ideare una storia solidissima, realistica, innovativa e strutturata su personaggi molto ben caratterizzati. Un esito tanto felice non deve sorprendere, il collettivo Headgear includeva nomi di spicco quali MamoruOshii (il regista dei film cinematografici di “Ghost in the Shell”), Akemi Takada (Character Design di “Orange Road”, “Maison Ikkoku”, etc.), Yutaka Izubuchi (Mecha Designer per “Macross”), MasamiYūki (Mangaka) e Kenji Kawai (compositore delle musiche di “Ghost in the Shell”, “Maison Ikkoku”, etc.).
Nell’imminente futuro in cui la serie “Patlabor” è ambientata, l’innalzamento del livello dei mari causato del riscaldamento globale impose al genere umano imponenti lavori di ingegneria per evitare l’inabissamento delle grandi città costiere. Per Tokyo e la sua baia venne dato il via al Progetto Babylon,un enorme sistema di dighe e di barriere finalizzato non solo a proteggere la città dal mare ma anche a strappare a quest’ultimo nuovo spazio vitale per consentire l’ampliamento della città. Per permettere lavori così imponenti, si resero necessari strumenti eccezionali. Nacquero così i Labor, una via di mezzo fra robot ed esoscheletri potenziati capaci di aumentare esponenzialmente le capacità degli operai nei cantieri. Data la natura umana, con la diffusione dei Labor iniziarono anche ad essere commessi crimini utilizzando questi ultimi. Fu proprio per dotare le forze di polizia di strumenti capaci di contrastare tali attività illecite che furono creati i Patrol Labor (Patlabor), speciali Labor ad uso esclusivo della polizia. La serie “Patlabor” racconta la creazione e l’attività del Secondo Plotone della Seconda Sezione Veicoli Speciali, il primo reparto della polizia di Tokyo ad essere equipaggiato con i Patlabor. Le avventure raccontate si dipanano fra casi di routine, colpi di stato, atti terroristici, ingerenze di società dedite allo sviluppo di armamenti militari, etc. “Patlabor” è, nel panorama dell’animazione nipponica, importantissimo perché è un prodotto di grande qualità fin da subito destinato al grande pubblico. “Patlabor” è la dimostrazione che il successo non è necessariamente legato alla banalità ed alla ripetitività. Lezione purtroppo oggi troppo spesso dimenticata.
Com’è giusto per un prodotto di grande qualità, la notorietà presso il pubblico di “Patlabor” è rimasta viva fino ad oggi tanto da giustificare la realizzazione nel 2014 di una serie dal vivo destinata alle sale cinematografiche e, più recentemente, la commercializzazione da parte di Cospa di alcuni gadget che, ovviamente, il sottoscritto non poteva farsi mancare. Fra essi spiccano i due patch in oggetto riportanti i nomi ed i loghi della Seconda Sezione Veicoli Speciali e della Shinohara Heavy Industries, la società produttrice dei Patlabor.
Come ormai usuale giudizio per i prodotti Cospa, i due patch sono di ottima fattura. La qualità del ricamo e del tessuto utilizzato è elevatissima tanto da sembrare davvero quelli che userebbero i membri della Seconda Sezione o i tecnici della Shinohara. A rendere questi due articoli ancor più apprezzabili è l’efficace e semplicissimo sistema per fissarli ad indumenti e borse. Avendo sul lato posteriore uno strato di colla solida, è sufficiente posizionarli e riscaldare il tutto con il ferro a vapore perché la colla si sciolga e garantisca una resistentissima presa del patch. È importate ricordarsi di usare un panno per proteggere il patch dall’eccessivo calore del ferro da stiro. Come prevedibile ho applicato i due patch al giaccone che uso per le mie scorribande ciclistiche invernali andando così a fare degna compagnia a quello della “U.N. Spacy”.