Senza voler ripetere le premesse esposte al momento della trattazione del numero di Aéro-journal n°42 letto poco prima, è facilmente intuibile l’entusiasmo con cui mi sono approcciato all’articolo principale della rivista in oggetto, scritto interamente dedicato alla Luftwaffe nel corso degli ultimi giorni del secondo conflitto mondiale.
Di lettura estremamente interessante, l’articolo suddivide i resti della Germania ancora non occupata dagli Alleati, secondo le aree di competenza delle Luftflotte operative al termine della guerra. Per ognuna di esse è tracciata la storia dei vari reparti (soprattutto da caccia), raccontando tanto le reazioni dei singoli quanto le decisioni prese in comune accordo da parte di uomini (piloti e meccanici) che, dopo anni di traversie trascorse insieme, si trovarono a dover affrontare gli eventi imprevedibili insiti nella capitolazione. Sul fronte Est, non furono rari i casi in cui i piloti decisero di distruggere gli aerei rimasti per tentare la fuga verso le linee americane insieme ai meccanici ed al personale di terra. In altri casi, furono questi stessi a far fuggire in volo verso i territori occupati dagli alleati occidentali i pochi, fortunati piloti ancora dotati di aerei operativi e della benzina necessaria. Come facilmente prevedibile, a determinare il destino di tanti soldati fu l’essere dislocati sul fronte orientale o occidentale. Chi si trovò alla fine della guerra a combattere contro i Russi, affrontò vere e proprie odissee pur di sfuggire alle truppe sovietiche assetate di vendetta. Non furono pochi i civili coinvolti in tali imprese che, almeno per quanto riguarda i militari, furono del tutto inutili visti gli accordi già esistenti fra alleati occidentali ed orientali che portarono alla consegna ai Russi di gran masse di prigionieri di guerra consegnatisi ad Americani ed Inglesi. Il fronte Est fu anche quello più attivo perché, fino all’ultimo, i Tedeschi tentarono di contenere l’avanzata russa nel tentativo di concedere un poco più di tempo a commilitoni e civili per raggiungere gli alleati occidentali. In quest’ambito non mancarono imprese imposte da comandanti irriducibili e fanatici come Hans Ulrich Rudel che, oltre ad aumentare i caduti nel reparto sotto il loro comando, esposero i sopravvissuti alle esecuzioni sommarie di partigiani ed esercito sovietico. Insomma, un articolo di lettura tanto drammatica quanto interessante che non mancherà di offrire anche qualche sorpresa soprattutto nel valutare il numero di aerei che la Luftwaffe ancora allineava alla fine della guerra.
Altro articolo che, diametralmente opposto al precedente, ho trovato di lettura assai interessante è quello dedicato alle operazioni della Luftwaffe nel corso del primo giorno del conflitto. Particolare attenzione è data alla missione di tre Stuka con obiettivo la distruzione del bunker a difesa di un importante ponte polacco le cui bombe furono quelle ad aprire ufficialmente le ostilità. Altrettanto notevoli sono il lungo pezzo dedicato alla squadriglia di piloti brasiliani su P-47 che, unica nel suo genere, operò nel teatro italiano nonché quello dedicato alla missione “Tan” realizzata dai Giapponesi nel teatro del Pacifico.