Torno a raccontare del mio secondo viaggio in Giappone nel maggio di quest’anno per accompagnarvi in un luogo senza tempo quale è il mercato del pesce di Tsukiji. Premetto di non aver nemmeno tentato di ottenere i permessi necessari per entrare nell’area delle aste dei tonni, zona certamente fra le più interessanti ma recentemente oggetto di forti restrizioni per l’imitare l’accesso di turisti temerari il cui numero crescente rischierebbe di ostacolare le frenetiche contrattazioni di infervorati commercianti nipponici. Mi sono, quindi, limitato a visitare l’enorme area aperta al pubblico ove il pesce viene venduto al dettaglio e, soprattutto, confezionato per la spedizione presso i ristoranti di tutta Tokyo. Non immaginatevi una colossale industria dedita alla lavorazione del pescato, il mercato di Tsukiji è ancora basato su quelle che suppongo essere piccole imprese famigliari che hanno il loro bancone del pesce all’interno dello. Niente automazione in ambienti asettici, bensì lavoro manuale da parte di persone che fanno questo lavoro da una vita intera. A discapito delle incredibili dimensioni, quindi, l’atmosfera che si respira è quella del mercato rionale con l’unica differenza che il tempo sembra essersi fermato al dopoguerra o poco oltre.
Ho visitato il mercato la mattina presto senza, però, presentarmi all’alba ai cancelli in quanto ho letto essere molto irritante per gli operatori sul posto essere ostacolati nelle loro attività dai turisti in preda alla febbre da istantanea. Sono, quindi, entrato nell’area coperta del mercato quanto il grosso dell’attività era ormai conclusa. Questo mi ha probabilmente privato di parte del fascino del luogo ma mi ha permesso di restare sul posto con maggiore calma senza sentirmi fuori posto o mal accetto. Ciononostante bisogna sempre stare attenti a non farsi investire da uno degli innumerevoli muletti gialli che si aggirano per i corridoi del mercato ad una velocità impossibile ed avere la destrezza di un felino per evitare di rimanere sepolti sotto una montagna di contenitori di polistirolo accatastati dove capita.
Sinceramente non è mi è possibile trasmettere a parole le sensazioni provate nell’essere in un luogo tanto inusuale. Non fraintendete, un mercato è ed un mercato resta ma Tsukiji innesta sulla propria natura, inevitabilmente comune ad altri luoghi simili, una serie di elementi assolutamente propri che lo rendono unico, una sorta di non-luogo che travalica il tempo e lo spazio. Non voglio esagerare ma ritengo sia assolutamente speciale ed unico il modo in cui Tsukiji, all’interno della città forse più moderna al mondo, riesca a conservarsi immutato nel tempo. Visitarlo è come entrare in una bolla temporale in cui non vi è nulla che possa far pensare di essere nel secondo decennio degli anni 2000. Ogni oggetto presente ha il fascino dell’usura dovuta ad un impiego decennale. Non solo panche, sgabelli, banconi ma anche i fondamentali strumenti con cui viene svolto il lavoro quotidiano. In particolare, èla vasta gamma di coltelli utilizzati per sezionare e pulire il pesce ad avere il fascino più irresistibile. Che siano abbandonati su un ripiano o abilmente utilizzati dai loro proprietari, l’effetto è ipnotico. Se non bastasse, il loro connubio con questi ultimi crea un effetto incredibile, da macchina del tempo. Gli abitanti di Tsukiji (definire in altro modo chi vi lavora sarebbe riduttivo tanto sono chiaramente parte del luogo in cui si trovano) sono, con tutta probabilità, gli ultimi, veri samurai rimasti al mondo. I visi, i gesti, il vestiario non possono che ricordare tali icone del medioevo giapponese. Se volete avere un’idea del Giappone tradizionale, vi consiglio di visitare prima di tutto il mercato di Tsukiji, sono sicuro che tutto il resto (geishe, cerimonie del thè, duelli di katana fatti da figuranti in villaggi ricostruiti) vi sembrerà ridicolo ed obsoleto.
Concludo rassicurando tutti coloro che si vantano di avere un olfatto finissimo, nulla all’interno del mercato di Tsukiji puzza di pesce. Non solo perché quest’ultimo è sempre freschissimo ma anche perché tutto è costantemente lavato con acqua corrente. Potrebbe, invece, essere difficoltosa la visita per chi fosse facilmente impressionabile. Il pesce viene pulito, tranciato, affettato in un ciclo continuo che produce scarti e sangue, vista che potrebbe disgustare ma che, per chi ha un minimo di consapevolezza su come va il mondo, fa parte di una affresco di rara autenticità.Infine, consiglio di non perdervi l’occasione di mangiare sul posto del pesce crudo. Soprattutto quando il grosso del lavoro è concluso, non mancano occasioni per comprare dei piccoli bento che, sebbene spartani, sono difficilmente eguagliati dai negozi tradizionali.
In un angolo della vasta area occupata dal mercato vi è una zona interamente dedicata a ristoranti di pesce, chioschi di generi alimentari e negozi che vendono ogni tipo di attrezzi legati all’attività svolta a Tsukiji. Certamente si tratta di uno dei luoghi più gettonati per gustare sushi e sashimi ma, se volete uscire dai binari più battuti, vi consiglio di concedere un poco di attenzione ai numerosi baracchini che vendono varie stranezze culinarie probabilmente impossibili da trovare in altre parti della città. A volte è sorprendente anche la metodologia di con cui vengono cotti visto che non vi sono esitazioni ad usare la fiamma di bombolette a gas. Personalmente ho particolarmente apprezzato delle enormi capesante con straccetti di tonno ma troverete di tutto e di più negli stretti ed affollati vicoli di questa sorta di quartiere interno al mercato di Tsukiji.
Se siete non solo affamati di pesce ma anche di templi, a pochi passi dal mercato è possibile visitare il tempio di Tsukiji Hongwan-Ji, luogo di culto di una setta buddista presente a Tokyo fin dal 1600. Non sono in grado di dare particolari dettagli su questo tempio ma ne segnalo con piacere la pregevole fattura degli interni consigliando di farvi tappa se volete trovare un luogo di quiete per riprendere fiato dopo gli assordanti schiamazzi e l’incessante frenesia del mercato di Tsukiji.
Se, dopo la visita al mercato di Tsukiji, non ambite a rituffarvi nei quartieri più modaioli di Tokyo ma, come me, amate scoprire qualche angolo inusuale di questa vasta metropoli, non dovete perdervi i quartieri di Tsukishima e di Tsukuda. Raggiungibili con una fermata di metro o a piedi grazie ai ponti sul fiume Sumida, Tsukishima e di Tsukuda sono due piccoli quartieri quasi inscindibili fra loro che hanno la straordinaria caratteristica di essere rimasti i villaggi residenziali che erano fin dalla loro origine. Il risultato di ciò è uno stravagante cortocircuito che vede sorgere un borgo di casette unifamiliari nel bel mezzo di grattacieli infiniti. In pratica è come se un piccolo paesino fosse stato strappato della provincia giapponese da una divinità goliardica per essere impiantato in un contesto totalmente alieno come può esserlo solo una moderna area adibita al business. Sentendovi assediati dai grattaceli che incombono su di voi, avrete la possibilità di immergervi nella tranquilla quotidianità di un vero e proprio paesino che, grazie ad un porticciolo ed a casette molto curate che si affacciano su intime viuzze, conserva con coraggio la sua dimensione umana all’interno di una megalopoli spesso impersonale. Tale impressione è ancor più percepibile se, come è capitato a me, avrete la fortuna di trovarvi sul posto al momento dell’uscita da scuola di bambini e ragazzini.
Nel caso, invece, vogliate tentare una visita notturna, vi segnalo il Nishinaka Dori a Tsukishima, un viale ricco di negozietti e locali tipici molto rinomato di sera.
Complimenti!!! davvero interessante, coinvolgente ed affascinante!
Il tuo babbo.
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Vorrei togliermi una curiosità: hai potuto constatare di persona come viene “conservato” il pesce per la vendita al pubblico? è vero che per dar prova della freschezza del pescato gli esemplari restano esposti ancora vivi ma “moribondi”? o è una leggenda? a me non impressiona il sangue e non condanno macellai (mangio carne tranquillamente e con moderazione), ma mi ferisce e irrita al tempo stesso un trattamento che, a mio avviso, non rispetta la vita dell’animale, anche se destinato al mercato alimentare.
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Ciao Mana,
secondo me sono tutte leggende metropolitane.
Per la mia esperienza diretta posso testimoniare di aver visto modalità di gestione del pesce identiche alle nostre. Pesce fresco ma defunto, molta acqua corrente e ghiaccio a volontà. Permane come da noi la tendenza a trasportare vivi i crostacei come le aragoste o i molluschi come le capesante.
Discutibile ma nulla di nuovo o di diverso da quello che facciamo anche in Italia.
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Grazie.
non nascondo che questa tua risposta mi rasserena.
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