Non credo sia necessario evidenziare anche in questa occasione la mia grande passione per la serie animata giapponese “Macross” (Chōjikū Yōsai Makurosu) datata 1982 su idea di Shoji Kawamori (che ne curò anche il mecha design) e con Haruhiko Mikimoto quale character design.
“Macross” ha segnato il genere non meno di “Mobile Suit Gundam” creando un dualismo fra gli appassionati simile a quello esistente fra i fan di “Star Wars” e “Star Trek”. Ciononostante “Macross”, a differenza del suo principale concorrente, non è stato oggetto di un incontrollato sfruttamento commerciale generante un numero incalcolabile di serie, spesso senza alcun legame con l’originale e certamente senza la qualità di quest’ultimo. Al contrario, gli autori di “Macross” hanno sempre avuto cura di garantire una costante coerenza della storia tant’è che prequel e sequel della serie originaria possono essere considerati tasselli di un mosaico raffigurante un unico universo narrativo. Ciò non ha impedito opere dalla qualità discutibile (“Macross II” in primis) ma si sono certamente evitati molti degli eccessi tipici delle produzioni legate al brand “Gundam”.
Non saprei dire quanto ciò sia dovuto al caso o al desiderio di replicare un successo del concorrente, comunque sia le due serie hanno avuto nell’ultimo decennio un inaspettato quanto piacevole sviluppo comune. Se, infatti, Yoshikazu Yasuhiko, autore e character designer di “Mobile Suit Gundam”, si è dedicato per dieci anni alla realizzazione del manga “Gundam the Origin” per rinarrare la storia originaria del mobile suit bianco, così ha fatto Haruhiko Mikimoto con “Macross the First”.
Vorrei, su questo tema, evidenziare un elemento importante: in entrambi i casi non stiamo parlando, come speso avviene, di una parziale e qualitativamente pessima trasposizione a fumetti realizzata da disegnatori sconosciuti assoldati da multinazionali bramose di profitti facili garantiti dalla notorietà di serie intramontabili, bensì degli stessi autori di queste ultime, di coloro che ne curarono anche il character design e, quindi, gli elementi grafici più riconoscibili e caratteristici delle rispettive serie nonché quelli a cui lo spettatore è più legato, che disegnano di loro pugno manga destinati a rinarrare la stessa storia ammodernandone, però, il contenuto, ampliandone la narrazione, completandone le parti e correggendo errori e lacune. In pratica si tratta di veri e propri “director’s cut” rappresentanti quello che essi avrebbero probabilmente voluto fare e raccontare fin dall’inizio ma che non poterono realizzare a causa di impedimenti tecnici o di ingerenze da parte dei produttori.
In entrambi i casi si tratta di opere imperdibili per qualunque appassionato. Certamente lo sono per me che non solo ho acquistato l’edizione italiana di “Gundam the Origin” ma anche i volumetti giapponesi di “Macross the First”! In attesa di una (temo) poco probabile edizione nostrana, non ho potuto esimermi dal possedere i tankobon originali di questo manga in cui il disegno attento ed affascinante di Haruhiko Mikimoto donano ad ogni tavola l’aspetto di un’opera d’arte!
Rivedere i personaggi storici della prima serie ridisegnati da Mikimoto è estremamente emozionante così come rivivere la storia originaria narrata con un taglio più moderno. Le modifiche e le migliorie apportate dall’autore non sono sempre possibili da cogliere contemplando i soli disegni ma non mancano importanti capitoli finalizzati ad approfondire e chiarire molti aspetti rimasti oscuri o trascurati dalle opere precedenti. Proprio il volumetto numero sei rappresenta l’esempio più evidente essendo consacrato all’ultimo, disperato attacco lanciato dalle forze Anti U.N. per distruggere l’SDF-1 proprio nella notte dei festeggiamenti per il suo completamento. Saranno i protagonisti della serie del 1982 a debellare questa minaccia creando un ideale anello di giunzione con “Macross Zero”, il prequel alla serie originaria narrante la guerra mondiale causata dallo schianto della nave aliena sulla terra.
Lascia a bocca aperta trovare i personaggi del ponte comando dell’SDF-1 di qualche anno più giovani, così come ammirare il primo volo operativo del VF-1 ai comandi di Roy Fokker o vedere quest’ultimo affrontare due SV-51 insieme ad altri VF-0. I caccia sono disegnati in modo superbo, le scene di combattimento sono estremamente dinamiche ed i personaggi disegnati da Mikimoto (da me tanto amati) sono semplicemente splendidi.
Concludo consigliando a qualunque amante della serie “Macross” di procurarsi i sei volumetti che compongono fino ad oggi l’opera “Macross the First”. Mikimoto, purtroppo, non è molto rapido nel realizzare i singoli capitoli perciò temo ci vorranno anni per la conclusione di questo gioiello. Anche per questo motivo, spero l’autore torni presto a raccontare gli eventi della serie del 1982 e del film cinematografico del 1983 perché restano quelli da me più desiderati.