Jurassic World Locandina

Mi riprometto mille e mille volte di non cascare nella trappola dei sequel infiniti prodotti dall’entertainment hollywoodiano e, invece, eccomi qui a confessare le mie debolezze ammettendo di essermi fatto abbindolare da “Jurassic World”, il nuovo clone dell’ormai datato e classicissimo primo “Jurassic Park”. Se non bastasse, ho abboccato come uno sprovveduto ad un’esca non certo particolarmente allettante. Non credo, infatti, che nessuno sentisse l’incontenibile bisogno di un nuovo film sui dinosauri come, del resto, suppongo l’umanità avrebbe potuto continuare ad esistere senza Schwarzenegger ad interpretare un T-800 invecchiato nel prossimo “Terminator Genysis”…  Poiché quest’ultimo caso resta, a mio parere, ben peggiore di un nuovo clone di “Jurassic Park” ecco, allora, che diventa subito evidente che (a) i mali non vengono mail soli e che (b) il diavolo, a volte, non è brutto come lo si dipinge.

In effetti “Jurassic World” ha una serie di punti di forza inaspettati che lo rendono molto più godibile di quanto si possa supporre di primo acchito. Benché il plot narrativo sia banalissimo vertendo sulla scontata fuga del dinosauro carnivoro che, ancora una volta, minaccia l’incolumità di orde di visitatori, alcune trovate narrative e l’oculata scelta degli attori riescono a puntellare un film altrimenti irrecuperabile. In effetti Bryce Dallas Howard e Chris Pratt riescono a compiere il miracolo di dare spessore e credibilità ai due protagonisti della vicenda narrata elevando non poco la qualità della pellicola. A mio parere, ma potrei essere influenzato dalla straordinaria bellezza dell’attrice in questione, la più brava fra i due è Bryce Dallas Howard che riesce a rendere convincente e simpatica la direttrice del parcosauro più famoso del mondo benché, inizialmente, fredda ed assai insensibile nei confronti del parentado in visita nonché dei dinosauri in mostra. Le sue prestazioni atletiche in tacchi a spillo resteranno nella storia soprattutto quando si ritrova ad avere come sparring partner un T-Rex. Non da meno è Chris Pratt che, esprimendo nel modo migliore il suo proverbiale atteggiamento cazzaro alla “I Guardiani della Galassia”, da vita ad un testosteronico paleontologo/animalista destinato a far girare la testa al pubblico femminile ed a generare le simpatia di  quello maschile.

Sul canovaccio base, sono due i fattori principali che vengono innestati. Il primo mira a demolire le nostre convinzioni di essere la razza dominante del pianeta al vertice della catena alimentare. I dinosauri sembrano esistere proprio per ricordarci che è solo per un fortuito caso del destino se questo è attualmente vero. Correlato a ciò, in una scala più ridotta, è offerto allo spettatore quanto necessario per una riflessione sul concetto di leader e, quindi, di capobranco e come questo ruolo non debba essere basato sulla violenza ma soprattutto sul rispetto ed il carisma. Il secondo elemento, probabilmente il più pregnante di tutti, vede “Jurassic World” rappresentare una sorta di inno alla natura. Lo scontro tra dinosauri del finale è, in realtà, un duello tra il risultato di un’evoluzione durata decine di milioni di anni contro un prodotto industriale nato dalle provette di un’ingegneria genetica mossa dalla cupidigia umana. Inutile dire chi fra i due la spunterà con giusto gaudio di tutto il pubblico.

A guarnizione insostituibile di tutto ciò vi sono i dinosauri che, riprodotti in computer grafica, si offrono allo spettatore in modo efficace e convincente. Il punto di forza del film è, però, anche la sua principale debolezza. Supponendo che la loro magia visiva si sia ormai esaurita agli occhi smaliziati di un pubblico sempre più assuefatto a mirabolanti baracconate hollywoodiane, i realizzatori di “Jurassic World” hanno puntato tutte le loro carte sull’Indomitus Rex per sorprendere il pubblico lasciando gli altri dinosauri in secondo piano. Il risultato è che si vedono gli stessi dinosauri dei film precedenti, tutti dalle anonime tinte verdastre e, quindi, ben noti e quasi indistinguibili fra loro. Con un po’ più di coraggio, il Cretaceo avrebbe potuto offrire una tale varietà di soggetti da far impallidire qualunque improbabile ibrido creato dall’uomo. Unica eccezione, il Mosasauro che, oltre ad essere fra i miei sauri preferiti, gode di due scene uniche ma cruciali.

Concludo ricordando che “Jurassic World” è e resta un prodotto prima di tutto pensato per i bambini. Artigli e denti affilati si sprecano, morsi e graffi profondi non scarseggiano ma non c’è una sola scena in tutta la pellicola che mostri sangue o budella. E’ evidente che Hasbro, produttrice dei giocattoli correlati, non avrebbe gradito scelte diverse. In ogni caso a “Jurassic World” non mancano pregi inaspettati benché il film miri al puro intrattenimento.