Le pubblicazioni della casa editrice Osprey sono assai rinomate fra gli appassionati di storia militare e sono comunemente apprezzate per l’accuratezza e la precisione delle informazioni in esse contenute. In linea generale non sono un grande estimatore dei libri Osprey poiché i testi sono principalmente votati agli aspetti tecnici degli armamenti trattati e, conseguentemente, poco propensi alla narrazione di testimonianze personali ed al racconto di avvenimenti storici. Preferendo questi ultimi alla fredda descrizione dello sviluppo, caratteristiche e prestazioni di un veicolo o di un arma, posseggo nella mia libreria ben pochi volumi di questo editore inglese. Ciononostante ci sono temi che mi attraggono troppo perché possa resistere all’acquisto di un libro ad essi dedicato. Fra questi, spiccano le armi anticarro tedesche per fanteria i cui principali esponenti sono oggetto della presente opera.
I Panzerfaust e i Panzerschreck furono due armi anticarro tanto diverse fra loro quanto capaci di influire attivamente sul corso di una battaglia. Esse, infatti, diedero la possibilità ad ogni singolo fante tedesco di distruggere un carro armato assumendo un margine di rischio accettabile (almeno considerando che, prima della loro entrata in servizio, la distruzione di un mezzo corazzato avversario con altri strumenti rappresentava nella maggior parte dei casi un’azione suicida). Nel contesto di un esercito tedesco in cronica carezza di cannoni e veicoli anticarro, rappresentò una vera e propria rivoluzione equipaggiare i propri fanti con armamenti anticarro efficaci e di facile utilizzo/trasporto. Ciò è a tal punto vero che, a partire dal 1944, l’immagine del fante tedesco fu indissolubilmente legata al Panzerfaust e, in seconda istanza, al Panzerschreck.
Il libro in oggetto rappresenta un saggio assai completo su queste due armi che vengono trattate in ogni loro aspetto partendo dalle ragioni che ne determinarono lo sviluppo, passando per i principi fisici utilizzati, fino ad arrivare ai loro pregi e difetti. Tutto quanto precede senza dimenticare le loro caratteristiche puramente tecniche, la procedura necessaria per il loro impiego e delineando, più in generale, un quadro complessivo dei loro predecessori e dei successori post bellici. Da me particolarmente apprezzata è stata anche la dettagliata descrizione degli sviluppi previsti del Panzerfaust che, attraverso il gradino intermedio del Panzerfaust 150, avrebbe visto il Panzerfaust 250 soppiantare del tutto il Panzerschreck.
In conclusione, il libro in questione è molto ben scritto, offre una panoramica completa sui due armamenti in oggetto e credo risponda pienamente a qualunque quesito un appassionato possa formulare su queste due famiglie di armi anticarro. Resta, in ogni caso, un testo estremamente tecnico e, per questo, di non facile lettura e comprensione. E’, conseguentemente, essenziale essere profondamente interessati all’argomento se si vuole arrivare alla fine di un libro che, in caso contrario, rischia di essere mortalmente noioso e drammaticamente impersonale.