Nella mia precedente recensione sul modello Dragon dedicato all’autoblinda Sdkfz. (Sonderkraftfahrzeug) 234/3 e 234/2 “Puma, ho già avuto modo di parlare della storia e dello sviluppo dei veicoli appartenenti a tale classificazione. Riporto il medesimo testo qui sotto per maggior comodità di tutti gli interessati.

Fra le quattro versioni ufficiali di questa autoblinda, la mia preferita è proprio quella in oggetto. Approcciandosi a tale veicolo è importante premettere che a partire dal 1944 l’esercito tedesco, ormai costretto alla difensiva su tutti i fronti, si trovò a dover contrastare una sempre più crescente massa di carri armati avversari. La sproporzione fra il tasso di Panzer disponibili in prima linea ed il numero di carri avversari a cui essi dovevano far fronte, crebbe a dismisura via via che la guerra si avviava alla sua conclusione. Sul fronte orientale fu addirittura raggiunto il raggelante rapporto di dodici contro uno. E’ evidente che, in un tale contesto, divenne pressante la necessità di incrementare esponenzialmente le capacità anticarro dei reparti tedeschi imponendo tale compito anche a veicoli originariamente non previsti a tale scopo. Tutto ciò si tradusse in una spinta “evolutiva” che impose un incremento dell’armamento imbarcato su ogni tipo di veicolo disponibile, compresi semicingolati ed autoblindo. Sorvolando su modifiche campali uniche o sulla decisione di sviluppare speciali piattaforme cingolate per rendere semoventi armamenti originariamente destinati al traino (Waffentrager), furono i semicingolati Sdkfz.251 e l’autoblindo Sdkfz.234 a veder nascere versioni specifiche mediante l’istallazione del cannone anticarro Pak-40 da 7.5cm. Quest’ultimo era un’arma dalle ottime prestazioni ma che non si distingueva per maneggevolezza soprattutto a causa del peso che ne impediva il facile spostamento da parte dei suoi serventi. Imbarcare tale arma su veicoli i cui chassis erano già messi a dura prova dal peso delle corazze istallate, determinò inevitabilmente l’accentuarsi di problemi meccanici e la diminuzione delle prestazioni dinamiche degli stessi. Tutto ciò senza dimenticare che, non potendo aumentare i ritmi produttivi, tali versioni ridussero il numero di veicoli disponibili nelle versioni standard e, dato lo scarso spazio a disposizione, imbarcavano un numero esiguo di proiettili condizionandone l’impatto sul campo di battaglia. Ciononostante si trattò, per le ragioni sopra esposte, di scelte inderogabili che diedero la luce alle versioni Sdkfz.251/22 del semicingolato standard per il trasporto dei Panzergranadier e, appunto all’autoblindo Sdkfz.234/4.

Costruita in circa 90 esemplari, l’autoblinda Sdkfz. 234/4 ha un notevole fascino pienamente riproposto in scala dall’ottimo modello Dragon. Ogni stampata appare perfetta e ricca di dettagli splendidamente riprodotti. Rispetto ai pezzi già realizzati per il montaggio dello scafo di tutta la serie Sdkfz. 234, la principale aggiunta di questo kit concerne il Pak-40 che Dragon recupera da un suo precedente modello avente ad oggetto il medesimo cannone nella sua versione da traino. Sono, conseguentemente, presenti alcuni apprezzabili ammennicoli quali la canna da 48 calibri in metallo tornito nonché i proiettili ed i contenitori per il trasporto degli stessi.  Come sempre un giudizio finale potrà essere formulato solo dopo il montaggio dello stesso ma sono certo che la scomposizione in numerosi pezzi delle ruote del veicolo non mi farà gridare al miracolo.

All’interno della confezione è presente un depliant pubblicitario dedicato ad un separato set destinato a dettagliare il modello in oggetto. Oltre ad un foglio decal aggiuntivo, è accluso anche un foglio di fotoincisioni nonché le scudature in ottone del Pak-40 già correttamente piegate. A completamento del tutto, sono inseriti dei parafanghi diversi da quelli contenuti nel kit qui recensito. In effetti l’autoblinda Sdkfz. 234/4 è stata in produzione fino alla fine della guerra ed ha, conseguentemente, subito una serie di semplificazioni secondarie finalizzate ad accelerarne la produzione. Una di esse fu relativa alla forma dei parafanghi ed al numero di vani disponibili per lo stivaggio di materiale. I parafanghi contenuti nella scatola di montaggio sono di fine produzione a due  portelli mentre sono a quattro quelli proposti nel set aggiuntivo da acquistare a parte. Questi ultimi sono di produzione iniziale ed identici a quelli presenti nei kit dedicati alle altre varianti dell’autoblinda.

Inutile dire che sono in possesso anche di questo set aggiuntivo proposto dalla ditta Cybehobby, consociata della Dragon e impegnata nella realizzazione di articoli come quello in discussione nonché di varianti ai modelli ufficiali proposti dalla capogruppo.

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Nel contesto della Blitzkrieg, la nuova tipologia di guerra meccanizzata ideata da Heinz Guderian e primaria ragione di tanti successi tedeschi nei primi anni di guerra, importanza fondamentale ebbero fin da subito i reparti esploranti delle Panzerdivision.  In un contesto bellico incentrato sul movimento ed la rapidità di azione e spostamento, le unità esploranti avevano ruolo fondamentale. Esse, infatti, rappresentavano non solo fonte di informazioni preziosissime per gli ufficiali al comando delle Panzerdivision ma anche una forza di incursione capace di importanti successi tattici. Ovviamente, per poter adempiere efficacemente a tali compiti, i reparti esploranti dovevano essere interamente meccanizzati e dotati di veicoli dalle elevate prestazioni in termini di autonomia, velocità ed armamento.

Ciononostante, per varie ed infinite ragioni, nei primi anni della Seconda Guerra Mondiale l’esercito tedesco poté usufruire solo di materiale derivato da veicoli nati per il mercato civile o per compiti militari di diverso tipo. Si trattò, quindi, di adattamenti che non offrivano le prestazioni necessarie e che condizionarono a lungo l’efficacia dei reparti esploranti tedeschi. Tale situazione andò deteriorandosi ulteriormente con l’invasione della Russia e la conseguente apertura di un fronte immenso che necessitava di veicoli esploranti che sapessero perlustrare ma anche sfruttare gli ampi spazi esistenti.

Fu, nel 1941, il DAK (Deutsches Afrikakorps) a formulare per primo la richiesta di un veicolo specificatamente destinato all’esplorazione.  In quanto impegnato negli immensi deserti dell’Africa Settentrionale, il DAK necessitava di un mezzo dalle grandi prestazioni fuoristrada e con un’autonomia di almeno 1.000 chilometri. Tali esigenze furono in seguito confermate anche dalle unità della Wehrmacht impegnate su suolo sovietico.

Sulla base del buon rendimento delle autoblinde Sdkfz. 231, fu presto deciso di realizzare un nuovo veicolo a otto ruote motrici e rappresentante il miglior equilibrio possibile fra corazza, motorizzazione ed armamento. Anche a tale scopo si optò per affidare alla firma Skoda il compito di sviluppare il Tatra 103, un nuovo motore diesel che garantisse le prestazioni richieste. A causa delle difficoltà di sviluppo e del ridotto tessuto industriale tedesco, fu solo nel 1944 (conseguentemente, ben tre anni dopo la richiesta formulata dall’esercito) che entrò in servizio attivo quel gioiello tecnologico che porta il nome di Sdkfz. 234.

Dal design e dalle caratteristiche tecnologiche modernissime, questa autoblinda rappresentava il top di categoria e, nei decenni successivi alla guerra, influenzò fortemente i progetti militari di tutte le nazioni del mondo. Fra tante, due caratteristiche rendono l’autoblinda Sdkfz. 234 ancora oggi sorprendente: (i) il sistema di marce intercambiabile ed il doppio posto di guida che consentivano identiche prestazioni sia a marcia avanti che indietro e (ii) le quattro ruote posteriori controsterzanti rispetto alle quattro anteriori (proprietà che, nella pratica, consentiva al veicolo di girare su stesso grazie ad un raggio di curvatura ridottissimo).

Nel 1944, i circa 480 esemplari di Sdkfz. 234 costruiti, si confrontarono con una realtà ben diversa da quella esistente nel 1941. Il fronte africano era ormai un antico ricordo e la Wehrmacht, in difensiva su tutti i fronti, era impegnata in territori dai compartimenti ben più ristretti di quelli degli anni precedenti. Nei fatti, non vi era più l’esigenza di un veicolo del genere ma, ciononostante, il comportamento della autoblinda Sdkfz. 234 fu altamente apprezzato dai militari ed aiutò efficacemente ad adempiere ai nuovi ruoli gravanti sui reparti esploranti tedeschi sul finire della guerra: garantire un ombrello difensivo alle divisioni in spostamento durante le ritirate, contenere le truppe avversarie penetrate nelle retrovie a seguito degli sfondamenti del fronte e, spessissimo, rappresentare la più potente forza offensiva a disposizione delle logore Panzerdivision nel 1944-45.