Ci sono soggetti legati alla storia militare della Seconda Guerra Mondiale di cui subisco il fascino da tempo immemore. Un esempio calzante è certamente il caccia He-162 A “Spatz” (spesso chiamato “Volksjager”), velivolo che, insieme all’Arado 234 “Blitz”, al Me-163 “Komet” e al Me-262 “Schwalbe”, concesse alla Luftwaffe il primato di prima flotta aerea dotata di velivoli a reazione. Sull’He-162 A si è scritto tantissimo senza per questo dissipare del tutto le folte nebbie che aleggiano sulla sua produzione e, soprattutto, sulla sua ridottissima carriera operativa. L’He-162 avrebbe dovuto incarnare il sogno di un velivolo di concezione così semplice da essere prodotto in massa, senza impiegare materie prime strategiche e dalla maneggevolezza tale da poter essere pilotato da ragazzini della Hitlerjugend o, comunque, da piloti alle prime armi. Nei fatti, l’He-162 A sottrasse risorse al ben più moderno ed efficace Me-262 e fu pilotato solo dagli esperti aviatori dello Jagdgeschwader 1.
Tutto ciò premesso, l’He-162 rappresenta ancora oggi un velivolo dalle caratteristiche uniche e rivoluzionarie. Basti, a tal prova, citare il motore a reazione posizionato al di sopra della fusoliera, i doppi impennaggi laterali, il carrello a triciclo ed il seggiolino eiettabile. Tali espedienti diedero vita ad un caccia che, a discapito dell’idea originaria, imponeva una mano esperta alla cloche e, anche in tal caso, non mancarono incidenti spesso mortali.
Sulla base dei test di volo nonché dei rapporti provenienti dallo Jagdgeschwader 1, prima unità della Luftwaffe ad esserne equipaggiata, l’He-162 A fu oggetto di una vasta pletora di possibili miglioramenti molti dei quali furono concentrati nella versione “D” del caccia.
L’He-162 D si distingueva dalla versione “A” per due aspetti principali: gli impennaggi a farfalla e le ali a freccia negativa. L’He-162 aveva una progettazione tale da non poter essere dotato di una coda della forma usualmente adottata sui caccia dell’epoca. Essendo montato al di sopra della fusoliera, il motore a reazione BMW-003 generava, infatti, un getto d’aria che avrebbe impattato contro i timoni posteriori se l’He-162 avesse avuto una coda dalla forma standard. Se così fosse stato, il flusso d’aria, spezzato dai timoni, avrebbe reso il velivolo ingovernabile. Per evitare tutto questo, l’He-162 A fu progettato con una coda a doppio impennaggio laterale del tipo già collaudato sui caccia Me-110 e He-219. Grazie a tale design, il getto d’aria poteva liberamente spingere il velivolo senza incontrare ostacoli. Con l’entrata in servizio nel 1945, cominciarono a fioccare i rapporti di volo redatti dai piloti del Jagdgeschwader 1 che segnalavano come l’He-162 A perdesse drammaticamente di stabilità in caso di virate strette. Tali manovre estreme, infatti, facevano impattare il getto d’aria prodotto dal BMW-003 contro l’impennaggio sinistro in caso di virata stretta verso destra e viceversa. In verità, l’esperienza di volo reale faceva pagare all’He-162 A lo stesso, salato conto conosciuto dal Me-262: i piloti della Luftwaffe erano inevitabilmente condizionati dall’essersi formati su caccia ad elica e, quindi, pretendevano di eseguire le stesse manovre su caccia a reazione. Ciò era impossibile per la stessa natura di questi ultimi che necessitavano di tecniche di volo completamente nuove. È questa la ragione per cui lo stesso Me-262 diventò realmente pericoloso per gli Alleati solo nel 1945 quando, cioè, la Luftwaffe mise a frutto l’esperienza maturata in un anno intero di carriera operativa adottando tecniche di attacco e disimpegno specificatamente sviluppate per il Me-262. L’He-162 non fece eccezione alla regola perciò si ipotizzò di modificare la coda prevedendo degli impennaggi a farfalla che, offrendo una superficie inferiore, avrebbero ridotto i rischi di impatto con il flusso d’aria genato dal motore. Tale nuovo espediente tecnico unito ad un miglior addestramento dei piloti istruiti a sfruttare a proprio vantaggio la velocità del caccia invece di impegnarsi in manovre acrobatiche avrebbe dovuto contenere entro una percentuale accettabile gli inconvenienti sopra descritti.
L’He-162 D, come sopra accennato, aveva anche la stravagante caratteristica di essere dotato di ali a freccia negativa. I progettisti tedeschi erano fortemente attratti da questo espediente che, aprendo scenari aerodinamici all’epoca sconosciuti, fu testato su aerei come lo Junkers-287, il primo velivolo della storia ad utilizzare questa soluzione. L’esperienza postbellica dimostrerà che le ali a freccia negativa determinano una serie di criticità non compensate dai pochi vantaggi generati da tale accorgimento rispetto alle usuali ali a freccia. All’epoca, però, si trattava di una soluzione dalla quale gli ingegneri tedeschi speravano di tratte vantaggi capaci di fornire performance superiori a quelle dei caccia con ali convenzionali. Per tale ragione, fu prevista l’adozione delle ali a freccia negativa sull’He-162 D. Tale caratteristica avrebbe offerto all’aereo una superfice alare superiore (11.60 m2 rispetto a 11.20 m2 dell’He-162 A) che, insieme alla forma delle ali, avrebbe garantito una maggiore stabilità a bassa velocità (caratteristica assai utile in fasi critiche come quelle di decollo e, soprattutto, atterraggio). Non è, invece, chiaro come l’aereo avrebbe resistito alle diverse sollecitazioni strutturali generate dalle ali a freccia negativa sottoposte alla resistenza dell’aria.
I modelli di He-162 A disponibili sul mercato sono innumerevoli a seconda di marca, scala e prezzo. Discorso diverso vale per l’He-162 D che, invece, non gode di tale privilegio se non limitatamente a rare e costose conversioni in resina il cui assemblaggio necessita di una mano esperta. A tutti gli appassionati come me di progetti della Luftwaffe, è venuta in soccorso Dragon, nota firma hongkonghese di modelli in scala, che nel 2007 ha commercializzato un kit in plastica del succitato caccia.
Prendendo come base il suo precedente modello dedicato all’He-162 A, Dragon ha aggiunto le parti necessarie a realizzare le ali a freccia negativa e gli impennaggi a farfalla. Una semplice operazione che, seppur non migliorando il kit base di parecchi anni prima, ha permesso di proporre sul mercato la versione “D” dell’He-162 in plastica iniettata, privilegio non da poco considerando la maggior facilità di montaggio rispetto a più complesse conversioni in resina.
Il kit Dragon non è esente da difetti che, però, sono comuni alla stragrande maggioranza dei modelli di aerei disponibili sul mercato. Cito, a solo titolo di esempio, le ali e gli impennaggi in un unico pezzo. Il fatto che i timoni non siano progettati come pezzi separati, impedisce di metterli in posizioni diverse da quella di volo orizzontale. Un vero peccato il cui solo rimedio è un lungo e laborioso lavoro di separazione dalle stampate principali e di ricostruzione dei timoni stessi.
Avendo ormai finito la figure di Yuki Mori, questo He-162 D è il modello su cui mi cimenterò da qui ai prossimi mesi. Non mi limiterò a montarlo da scatola in quanto sono già in possesso di una serie di migliorie e conversioni di cui parlerò negli articoli che seguiranno. Ho optato per questo soggetto in quanto è molto tempo che ho già ben focalizzata l’immagine mentale di questo caccia nella sua piazzola di sosta, come a riposo sotto la protezione di un albero, magari in ambiente autunnale.
Concludo condividendo la soddisfazione di togliere una nuova scatola dall’ampia collezione di kit che custodisco in casa!