Vivendo da sempre in zona Legnano/Sempione, mi era nota l’esistenza del vivaio Crespi e sapevo anche fosse specializzato in Bonsai. Ciò premesso e nonostante la mia passione per il Giappone dimostrata con i numerosi viaggi che mi hanno portato nella Terra del Sol Levante, sono certo di non aver mai visitato il vivaio Crespi se non da ragazzino in compagnia dei miei genitori. È stato un annuncio su Facebook a portare alla mia attenzione una mostra che, organizzata proprio da Crespi, ho avuto il piacere di scoprire essere a tal punto rinomata da avere come ospite Shinji Suzuki, uno dei maggiori maestri giapponesi di Bonsai.
Svoltasi dal 13 al 15 settembre, la mostra ha avuto ad oggetto i Bonsai ed i Suiseki. Se Bonsai significa “piantato in vaso” (“bon” – vaso, bacinella / “Sai” – piantare); Suiseki significa “pietra lavorata dall’acqua” (“Sui” – acqua / “Seki” – pietra) ed è l’arte giapponese di disporre pietre dall’aspetto particolare in una maniera che, gradevole agli occhi, richiami alla memoria ambienti ed animali in miniatura. Se i Bonsai sono universalmente noti, mondo sconosciuto era per me quello del Suiseki che, devo ammettere, mi ha sorpreso ed affascinato come penso dimostrino le foto che mostrerò di seguito.
Il primo approccio alla mostra l’ho avuto venerdì 13, occasione nella quale ho partecipato all’incontro col sensei Suzuki ed ho avuto un primo contatto con gli spazi espositivi del vivaio Crespi. Se su quest’ultimo tema lascio parlare le foto, due parole vorrei spenderle a favore della conferenza ove il pubblico era, con eccezione del sottoscritto, composto esclusivamente dai partecipanti alla mostra e, quindi, da bonsaisti nazionali ed europei. In tale occasione si è palesato ai miei occhi quanto profondamente il materialismo occidentale possa condizionare l’approccio a tematiche che, di origine orientale, sono strettamente connesse ad una dimensione fortemente spirituale. Il sensei Suzuki ha portato l’esempio di un suo recente lavoro che lo ha visto impegnato nella gestione di un ginepro secolare che, rimasto di piccole dimensioni essendo cresciuto su una roccia in alta montagna, si è prestato per creare uno spettacolare Bonsai. Il maestro nipponico, prima nello sconcerto e poi nel divertimento generale, ha informato gli astanti di aver osservato per tre mesi la pianta prima di decidere come sarebbe intervenuto per trasformarla in un Bonsai. Tanto gli è stato necessario per cogliere l’essenza dell’albero e capire come meglio si sarebbe adattato alla trasformazione. Costituita l’immagine mentale del risultato finale, il sensei ha potuto agire con interventi rapidi e precisi riducendo al massimo lo stress arrecato al ginepro. Tre mesi sono inconcepibili per un occidentale abituato ad agire più che pensare e le reazioni del pubblico me lo hanno confermato.
Il maestro Suzuki si è anche impegnato a far capire che coltivare un Bonsai con arte e pazienza significa coltivare sé stessi. Non so quanti dei presenti si siano identificati in queste parole, io mi permetto di amplificarle affinché abbraccino tutte quelle passioni umane che, grazie ad una componente artistica, debbano essere coltivate con cura e pazienza. L’impegno al miglioramento a cui ciò tende per natura, determina inevitabilmente un miglioramento di sé stessi. Io, per esempio, coltivo me stesso investendo anni per completare un modello ma la stessa cosa si potrebbe dire per chi si dedica alla scrittura, al disegno, al cinema, etc.
Qui di seguito offro una carrellata di foto scattate all’esposizione distinguendole fra Bonsai e Suiseki.
Bonsai
Suiseki
Devo dire di essere rimasto molto impressionato dagli esemplari esposti, spesso molto belli ed evocativi. Del resto, va rilevato che, in entrambi i casi, si tratta di una forma di riproduzione in miniatura della realtà. Il mio animo non può, quindi, che esserne attratto considerando la grande passione che coltivo per il modellismo. Ciononostante (o forse proprio per questo), non si è accesa in me un’ardente attrazione per i Bonsai che restano estranei ai miei interessi più diretti.