“Battle Angel Alita”, titolo occidentale dell’originale “Gunmu”, è un manga di Yukito Kishiro. Pubblicato in Giappone a cominciare dal 1990, “Alita” è uno dei miei fumetti preferiti rientrando a pieno titolo nei primi posti della mia personale top ten. Gravato da un finale forse non all’altezza della qualità dell’opera e da seguiti non sempre riuscitissimi, “Alita” è una pietra miliare del fumetto mondiale grazie ad una storia originale e coinvolgente, illustrata con un’arte grafica dallo spettacolare dinamismo. Che l’industria cinematografica statunitense fosse da tempo interessata ad un live action di “Alita” non deve stupire più di tanto, soprattutto considerando la consolidata moda dei cinecomics. A rendere davvero seducente l’idea di un film tratto dal manga di Yukito Kishiro, è stata fin da subito la notizia di James Cameron quale Deux ex Machina dell’intera operazione. Per chi fosse vissuto fino ad oggi sul lato oscuro della luna, ricordo che Cameron è il regista di “Terminator”, “Terminator 2”, “Aliens” e “Avatar”, pellicole fantascientifiche di altissima qualità e grandi successi al botteghino. Cameron aveva, quindi, tutte le carte necessarie per alimentare le speranze di una trasposizione cinematografica all’altezza della qualità del fumetto originale. La produzione del film ha, però, avuto lunghissima gestazione tanto che il pubblico ha dovuto attendere quasi cinque anni ed una serie di rinvii snervanti prima di poter vedere la pellicola nelle sale. La lunga attesa è stata dovuta all’impegno di Cameron nei prioritari progetti relativi ai cinque seguiti previsti per “Avatar” e non è stata priva di conseguenze visto che, per restare in tempi accettabili, la regia è passata al fidato Robert Rodriguez, con Cameron nel ruolo di produttore esecutivo.
“Alita – Angelo della Battaglia” è arrivato nei cinema di tutto il mondo il 14 febbraio 2019 e io mi sono fiondato in sala nel week end immediatamente successivo. Sono andato ad un multisala vicino a casa, arrivando giusto cinque minuti prima dell’inizio effettivo dello spettacolo per evitare di sorbirmi trenta minuti di pubblicità varie. Nonostante questo ho dovuto assistere ai trailer di assolute “novità” quali: la trasposizione in CGI de “Il Re Leone”, il live action di “Dumbo”, l’ennesimo fuffacomics titolato “Capitan Marvel”, l’indispensabile reboot di “Hellboy” ed il diciottesimo film degli “Avanger”… In pochi minuti ero stremato e sconfortato da tanto ripetitivo pattume destinato a sfruttare passioni maniacali e nostalgie infantili. Ero seduto al mio posto ma era come se il mio spirito fosse sul palco, inginocchiato davanti allo schermo, supplicando i titoli di testa ed il capriccioso dio del cinema di concedermi la visione di qualcosa di nuovo, fresco ed originale, rispettoso di un’opera a fumetti che mi aveva dato tantissimo.
È con gioia immensa ed insperata che posso dire che le aspettative sono state pienamente soddisfatte. “Alita – Angelo della Battaglia” è, per agli appassionati di fantascienza e di buon cinema di genere, una preziosa boccata d’aria fresca nell’asfissiante banalità delle produzioni mainstream; una perla di rara qualità, soprattutto in quanto film destinato al grande pubblico.
Come già fatto in tutte le mie precedenti recensioni, non starò a raccontarvi la trama della pellicola in quanto potete facilmente soddisfare questa curiosità in mille altri modi offerti da Internet. Vorrei, invece, concedermi qualche personale riflessione e considerazione sul film in sé (seguono spoiler). Nasce ovviamente spontaneo un confronto col manga. Premesso che si tratta di attività sempre erronea in quanto coinvolgente, come nel caso dei romanzi, media troppo diversi per essere messi a paragone, “Alita – Angelo della Battaglia” mi ha stupito per il coraggio dimostrato nel conservare alcuni degli elementi narrativi più crudi di cui è infarcito il manga, così come la profonda umanità e sensibilità di alcuni dei protagonisti dello stesso. Cito un solo esempio: la morte del ragazzo tanto amato dalla protagonista, evento ancor più straziante perché avviene nel momento in cui quest’ultimo rinuncia al suo irrealizzabile sogno per restare con lei. Altresì, il film non nega allo spettatore scene che mai mi sarei aspettato di vendere nonostante l’importanza delle stesse all’interno del fumetto. Impossibile non ricordare come venga ridotta la dr.ssa Chiren prima della sua partenza per la città sospesa di Zalem. Detto ciò, “Alita – Angelo della Battaglia” rispecchia solo in parte la violenza di cui è infarcito il fumetto. Violenza che, benché mai gratuita e fine a sé stessa, la pellicola non rappresenta fino in fondo, probabilmente per non privarsi del prezioso pubblico di teenager a cui inevitabilmente aspira. Solo per fare un esempio, non si percepisce fino in fondo quanto sia pericoloso vivere nella città-discarica in cui i protagonisti conducono le proprie esistenze. Città che, al di là delle attività criminali di alcuni abitanti, richiama alla memoria una comunità hippie. Un’altra impresa in cui la pellicola non ha successo è di uguagliare il manga nelle scene d’azione. Potrebbe sembrare impensabile che un film, per natura fondato sul movimento, risulti inferiore al cardiopatico dinamismo offerto dalle pagine statiche di un fumetto, eppure è proprio così. Sono le magie del disegno, arte che, comunicando direttamente con la fantasia del lettore, è capace di miracoli inaspettati. Per quanto, invece, riguarda la scelta produttiva di modificare in CGI i tratti del volto della protagonista per aumentarne le dimensioni degli occhi, il film offre indirettamente una spiegazione plausibile che risiede nell’innocenza acquisita della protagonista a causa della sua amnesia nonché nelle sue origine marziane. È doveroso altresì aggiungere che, una volta somatizzata dallo spettatore, tale deformazione non risulta fastidiosa ma, a mio modesto parere, non trova una reale giustificazione nella trama. La storia non guadagna nulla di seriamente rilevante da una scelta tanto estrema. Al contrario credo si perda molto dell’espressività dell’attrice protagonista, impedendo una totale empatia dello spettatore con quest’ultima. Temo, infine, che sia un espediente tecnico destinato ad invecchiare velocemente rendendo il film antiquato nel giro di cinque anni o poco più.
Concludo questa recensione che, solo apparentemente sembra dare rilievo agli aspetti più negativi, per consigliare vivamente a tutti la visione di “Alita – Angelo della Battaglia” in quanto sono sicuro saprà conquistare i vostri favori. Il film ha storia e personaggi complessi ed affascinanti, capaci di grande immedesimazione sia da parte degli spettatori più giovani sia di quelli più stagionati. I colpi di scena sono ben studiati senza essere troppo numerosi come nei i film-videogame degli ultimi tempi. La spettacolarità non è mai spinta all’eccesso gratuito.
“Alita – Angelo della Battaglia” meriterebbe un seguito come il finale, perfetto nel gesto di sfida della protagonista, lascia suggerire. Lasciatemi altresì invocare un seguito forte del fatto che, proprio nell’ultima scena, si scopre che Nova, il misterioso antagonista, è interpretato da un grande attore come Edward Norton. Non oso immaginare gli spettacolari risultati che potrebbe avere un capitolo secondo diretto da James Cameron che, proprio nei numeri due, ha sempre dato il suo massimo.
Concedetemi, infine, un raffronto con “Ghost in the Shell”, un’altra recente produzione hollywoodiana tratta da un manga giapponese. Considero “Alita – Angelo della Battaglia” meglio riuscito perché trae origine da un fumetto già dotato di un taglio narrativo ed estetico fortemente cinematografico. Robert Rodriguez riesce a cogliere e sfruttare al meglio questi aspetti favorevoli del manga risparmiandosi così il calvario di un adattamento filmico che, come nel caso del più complesso “Ghost in the Shell”, ha portato inevitabilmente allo svilimento del fumetto.