Aero Journal 58

È da tempo che mi ritrovo a comprare un po’ a caso numeri della rivista bimestrale Aéro-journal dell’editore francese Caraktere Sarl. Come dimostrano gli articoli pubblicati su questo blog, li sto leggendo senza seguire l’ordine di pubblicazione ma a seconda dell’interesse sull’argomento trattato che, in realtà, è anche la ragione dell’acquisto del numero stesso. Nel caso in oggetto, come si evince dalla splendida copertina, recuperare questo numero primaverile della rivista è stato per me essenziale a causa dell’articolo dedicato allo Sturmstaffel 1. della Luftwaffe, la prima unità operativa a sperimentare sul campo tattiche estreme pur di ottenere l’abbattimento dei quadrimotori B-17.

Leggenda vuole che i piloti Sturmstaffel fossero destinati a speronare i bombardieri alleati allo scopo farli precipitare. Secondo questa teoria il caccia tedesco avrebbe dovuto colpire con l’ala i timoni di coda del bombardiere (o altro punto sensibile) così da farlo precipitare. In realtà si tratta di una delle tante fantasie che circolano ancora oggi sulla materia. Vero è che lo Sturmstaffel 1. nacque come soluzione estrema di fronte alla sempre maggior difficoltà a contenere i raid diurni dei B-17 che, dal 1943, aumentavano, mese dopo mese, di numero e potenza. Ai piloti del primo Sturmstaffel fu richiesto di firmare una dichiarazione giurata in cui si impegnavano a non rientrare alla base senza aver abbattuto almeno un B-17 (è evidente che ciò sottintendeva di tutto). Tale giuramento, benché sintomatico dell’approccio estremo richiesto ai piloti per compiere la loro missione, era, in realtà, più che altro una trovata propagandistica. Fu lo stesso Major Kornatzki, comandante dello Sturmstaffel 1., a rassicurare fin da subito i suoi piloti sul fatto che non vi sarebbe stata alcuna conseguenza disciplinare nei loro confronti nel caso fossero atterrati senza aver conseguito vittorie. Il bando in oggetto, diffuso in tutte le basi della Luftwaffe allo scopo di raccogliere volontari per lo Sturmstaffel 1., ebbe l’effetto di ottenere l’adesione di pochissimi ma ben determinati piloti. Uomini pronti a tutto pur di ridurre il numero di bombe sganciate sulle città tedesche. Fu proprio questo estremo coraggio a determinare il successo dello Sturmstaffel 1. che, nonostante il numero esiguo di aerei disponibili (circa una decina operativi contemporaneamente), ottenne score invidiabili (così come un importante tasso di perdite – 12 piloti). Lo Sturmstaffel 1., nel corso di quattro mesi di operatività, ottenne 61 vittorie giustificando nel 1944 la sua dissoluzione finalizzata alla nascita di tre nuovi Sturmgruppen. Tali successi sono da ascrivere, come detto, alla determinazione ed al coraggio dei piloti dello Sturmstaffel 1. e all’avere in dotazione (almeno parzialmente) il Fw-190 A6, una speciale versione del famoso caccia espressamente progettata per l’attacco ai B-17. Pur rappresentando una soluzione interinale in attesa di qualcosa di meglio, il FW-190 A6 era pesantemente corazzato per meglio resistere al fuoco difensivo dei bombardieri ed equipaggiato con due cannoni da 3 cm MK-108 (gli stessi del Me-262). Questi ultimi si dimostrarono estremamente efficaci contro i quadrimotori. Ciò non deve far pensare che le operazioni dello Sturmstaffel 1. fossero una passeggiata. I piloti arrivavano non di rado ad avvicinarsi a meno di dieci metri dai B-17 ed erano sottoposti ad una tale fatica e stress da perdere due chili di peso nel corso di ogni singola azione. Ciò deve far riflettere sulla pressione fisica e mentale a cui erano sottoposti i piloti in guerra e, nel caso specifico, la follia che rappresentò la richiesta di Goering ai membri dello Sturmstaffel 1. di effettuare un secondo volo rientrati dal primo attacco.

Gli altri principali articoli presenti sul numero in oggetto sono dedicati il primo (di lettura mortalmente noiosa) alla prima unità francese ad operare sotto direttive della RAF dopo la resa e, il secondo, sui piloti americani prestatisi alla RAF prima dell’entrata in guerra degli USA. Quest’ultimo è un articolo molto interessante che dimostra come la clandestinità di tutto ciò favorì avventurieri, truffatori e mercenari