Pochi carri armati hanno saputo entrare nella storia e diventare iconici come il Panzerkampfwagen VI Ausf. E “Tiger I”. Questo Panzer ha da sempre conquistato l’attenzione di storici ed appassionati sapendosi imporre nell’immaginario comune come icona rappresentativa della potenza militare tedesca nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Tutto ciò ha reso il “Tiger I” l’oggetto privilegiato di una storiografia immensa che, favorendo o confutando la leggenda che ormai circonda questa macchina da guerra, ancora oggi vede la pubblicazione di almeno un paio di titoli l’anno. Ciò non deve stupire poichè la sua storia rappresenta un interessante spaccato dell’epoca. Lo sviluppo stesso del carro ha numerose particolarità che favoriscono interessanti spunti di riflessione sulla Germania nazista.
Come usuale, due ditte concorrenti (Porsche ed Henschel) furono incaricate, nel 1942, dello sviluppo di uno scafo per il nuovo carro pesante destinato a dar vita al “Tiger I”. Si trattava di una pratica comune che, idealmente, spingeva le società concorrenti a proporre il meglio di cui erano capaci i loro ingegneri ma che, nei fatti, generò una tale conflittualità fra le varie industrie da impedire una collaborazione proficua fra le stesse. Ferdinand Porsche, patron dell’omonima società, godeva di importanti appoggi nella nomenclatura nazista nonché dei favori dello stesso Hitler. Ciò favorì la sua convinzione di vincere l’appalto nonostante il prototipo da lui sviluppato, codice VK 45.01 (P), fosse gravemente inficiato da innovazioni tecnologiche non ancora adeguatamente messe a punto. Tale certezza spinse l’Ing. Porsche ad avviare la produzione di 90 scafi derivati dal suo prototipo ancor prima di vincere il confronto con Henschel. Tanta spregiudicatezza si dimostrò nefasta in quanto fu Henschel a vincere la sfida. Porsche subì addirittura l’onta di dover vedere il prototipo VK 45.01 (H) della Henschel trainare fino al terreno di prova il VK 45.01 (P) caduto in panne ancor prima di iniziare le dimostrazioni dinamiche.
Tutto ciò non impedì all’Ing. Porsche di proseguire nello sviluppo degli espedienti tecnici in cui tanto credeva ma, nel frattempo, era necessario trovare una destinazione ai 90 scafi già costruiti. Si decise di utilizzarli per realizzare un caccia carri all’epoca senza eguali per spessore delle corazze ed armamento. Nacque così il Panzerjager Tiger (P) da 65 tonnellate. Dotato di una blindatura che raggiungeva frontalmente i 200 millimetri, il cacciacarri null’altro era che il prototipo Porsche con un’ampia casamatta che, al posto della torretta, alloggiava l’eccezionale cannone anticarro 8.8 cm. Pak-43 L71. I Panzerjager Tiger (P), chiamati prima “Ferdinand” in onore di Ferdinand Porsche e poi ribattezzati “Elefant” a seguito di alcune migliorie implementate dopo la battaglia di Kursk, combatterono dal 1943 fino alla fine della guerra. Considerato il numero esiguo di esemplari costruiti, l’impiego costante a cui furono sottoposti in seno ai schwere Panzerjäger-Abteilung 653 e 654, nonché le difficoltà logistiche e meccaniche che un tale mostro d’acciaio imponevano per essere mantenuto operativo, si trattò di un risultato tutt’altro che banale per un mezzo corazzato nato come un espediente di ripiego. Se poi si considerano i risultati ottenuti sul campo di battaglia il Panzerjager Tiger (P) appare un chiaro successo militare. Tutto ciò non deve, in realtà, far dimenticare che il cacciacarri in questione fu parte di un meccanismo perverso che contribuì alla sconfitta della Germania. Consentire a Porsche di sviluppare un carro in soli 90 esemplari permise ad una società gradita al partito nazista di evitare una colossale perdita economica ma, sul campo, si tradusse in un ennesimo caso di veicolo fuori da qualsivoglia standardizzazione che, in quanto tale, rappresentò un rompicapo logistico. È facilmente intuibile quanto fosse difficile e dispendioso rifornire un’unità combattente dislocata in Ucraina con un qualsiasi pezzo di ricambio quando destinato ad un veicolo che nessun’altro aveva in dotazione.
L’ostinazione di Porsche nello sviluppo del suo VK 45.01 (P) rese disponibile altri tre scafi quando, nel tardo 1943, il progetto fu definitivamente abbandonato. Questi tre veicoli furono trasformati in carri recupero acquisendo il nome di Bergepanzer Tiger (P).L’esercito tedesco fu sempre carente di mezzi in grado di recuperare dal campo di battaglia i Panzer in panne o pesantemente danneggiati. Tale difficoltà aveva serie ripercussioni andando ad incidere gravemente sul tasso di disponibilità di carri in seno alla Wehrmacht. Ogni tipo di veicolo che fosse in grado di adempiere a tale compito fu convertito in Bergepanzer, molto spesso tramite interventi fatti sul campo eliminando la torretta a carri troppo danneggiati per essere riparati. Unica, seria eccezione a questa generale approssimazione fu il Bergepanzer V “BergePanther”, veicolo straordinariamente specializzato e, pertanto, tanto prezioso quanto importante nelle Panzerdivision. Il Bergepanzer Tiger (P), nella sostanza un VK 45.01 (P) la cui torretta era sostituita con una piccola casamatta, aveva la massa e la potenza necessaria a trainare anche i Panzer più pesanti. Non sono al corrente di dettagli precisi sul loro impiego ma, come alcune foto dimostrano, non c’è ragione di dubitare che siano stati sfruttati il più estesamente possibile per palliare alle carenze sopra dette.
Il kit di Bergepanzer Tiger (P) proposto da Dragon è ormai di molti anni fa. Non si tratta, quindi, di un modello che gode della qualità offerta dalle innovazioni tecnologiche implementate dalla società in oggetto nelle produzioni più recenti. Se ciò non bastasse, i componenti inclusi in questa scatola di montaggio derivano da altri kit come dimostra il gran numero di pezzi non necessari benché inclusi nelle varie stampate. L’ibrido generato si compone sostanzialmente delle parti realizzate per i coevi kit di “Elefant”per lo scafo e di Stug. III Ausf. G per vari ammennicoli quali la cupola del capocarro e la mitragliatrice comandata internamente. Nei fatti, le uniche stampate nuove riguardano la casamatta e la gru che equipaggiava il veicolo.
Il risultato finale di questa sorta di mostro di Frankenstein fatto kit non si distingue per eccezionalità ma permette la costruzione di un buon modello avente come soggetto un veicolo estremamente inusuale. I vari extra inclusi nella scatola e i numerosi pezzi destinati a rimanere inutilizzati rappresentano un surplus sempre utile ma non compensano pienamente una qualità di stampa incapace di reggere il confronto con le più recenti produzioni Dragon. Non si tratta, comunque, di un grave difetto che, al contrario, ravviserei nella mancanza dello Zimmerit direttamente stampato sulle fiancate del modello. La presenza di questa pasta finalizzata ad impedire l’aderenza delle mine magnetiche su tutti i Bergepanzer Tiger (P) prodotti, impone necessariamente di realizzarla sul modello a mano (cosa difficilissima) o tramite l’acquisto di costosi aftermarket.