Per una straordinaria coincidenza o per l’intervento di dei propizi, nell’arco di circa un mese sono arrivati nei cinema italiani due film giapponesi. Del primo, “Le ricette della signora Toku”, ho già parlato nell’apposito articolo, di “Little Sister”, pellicola palesatasi nella nostra penisola ad inizio anno, avevo letto un’interessante recensione qualche tempo prima e non ho perso occasione di vederlo non appena ne ho avuto la possibilità. Volendo fare un confronto fra i due film in questione, ritengo che il primo sia più adatto ad un pubblico occidentale di quanto non lo sia il secondo. Entrambi sono, senza eccezione, fortemente ed indiscutibilmente “giapponesi” ma il primo tocca tematiche quali il pregiudizio e la discriminazione probabilmente più universali e, quindi, per noi più comprensibili di quanto sia il secondo.
Se, infatti, ne “Le ricette della signora Toku”, per lo spettatore occidentale è abbastanza facile condividere e comprendere i dolori della protagonista dovuti ad una odiosa segregazione fisica e spirituale, più difficile può essere entrare nell’intimità delle quattro sorelle protagoniste di “Little Sister” e comprendere pienamente i rapporti esistenti fra loro. In ogni caso, questa presunta maggior ermeticità di contenuto, non deve far pensare che il film sia incapace di delineare le loro psicologie ed i loro equilibri o che lo faccia in modo superficiale o grossolano. Al contrario, il registra imbastisce con straordinaria maestria un affresco estremamente preciso delle dinamiche familiari delle quattro sorelle, portandone alla luce, con grande rispetto e lodevole sensibilità, le psicologie complesse, la fragilità e non raramente gli aspetti più contraddittori di vite condizionate in modo più o meno palese dagli errori e dalle meschinità commesse dai genitori. Quello che (forse) rende questo film “difficile” per uno spettatore occidentale è la rappresentazione fortemente nipponica dei rapporti interpersonali. Non essendo i Giapponesi avvezzi a parlarsi e ad esprimere chiaramente i propri pensieri, emozioni e sentimenti a causa di ferree regole comportamentali e sociali, “Little Sister” affida molto del proprio contenuto a silenzi, parole accennate o non dette, momenti di sincera condivisione che celano il suggellamento di legami sentimentali e rapporti familiari. E’ necessario, quindi, riuscire a leggere fra le righe le conseguenze di tutto ciò, effetti molto più importanti di quanto un Occidentale sarebbe portato a credere in forza di abitudini a rapporti interpersonali ben più espliciti e teatrali.
Detto questo, “Little Sister” è un film veramente molto bello, squisitamente giapponese nel modo di approcciarsi a tematiche comunque universali e deliziosamente femminile in ogni suo aspetto e caratteristica. Se ciò non bastasse a convincervi a vederlo il più presto possibile, sappiate che il film riesce ad essere una sapiente summa di tutti quegli elementi tipici di un certo genere di anime e manga. L’ambientazione nella provincia giapponese, la vita ed i riti quotidiani, i club scolastici, la fioritura dei ciliegi, i festival estivi, il piccolo ristorantino tradizionale dove mangiare piatti tipici sono tutti elementi che hanno un gradevole sapore di nostalgia per chi è cresciuto a cartoni animati come me. Se ciò non bastasse, le protagoniste abitano in una vecchia casa in legno che richiama fortemente alla memoria “Maison Ikkoku”, serie per me irraggiungibile che trova omaggio anche nelle protagoniste. E’, in effetti, difficile contemplare le due sorelle maggiori e non pensare a Kyoko ed Akemi, così come a Ritsuko e Misato di “Neon Genesis Evangelion”, oppure alle sorelle di “Occhi di Gatto” o a qualunque altro personaggio di cui la vostra fantasia coglierà similitudini. Non per niente la storia di “Little Sister” è ispirata ad una Grafic Novel e questo dovrebbe essere un altro aspetto capace di incoraggiarvi ad una visione di cui, sono certo, non vi pentirete.
presentato così, come si può non guardarlo!
per caso conosci anche “Viaggio a Tokyo” di Yasujiro Ozu? è un film degli anni 50. Lo scorso inverno avevo letto il titolo tra i film in rassegna, ma non sono riuscita a vederlo perché in programma solo due sere.
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Ciao Mana, questo film te lo consiglio vivamente e, nel caso riuscirai a vederlo, fammi sapere cosa ne pensi.
Di “Viaggio a Tokyo” avevo letto anche io qualche cosa sul giornale al tempo del suo nuovo passaggio in alcune sale ma non riuscii ad andare a vederlo. Non so, quindi, darti particolari ragguagli. Nel caso lo recuperassi, conto tu mi facci sapere cosa ne pensi. 🙂
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Roger! ^^
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