Inside Out locandina

Dopo tanti anni di attesa ed una potenzialmente disastrosa acquisizione da parte del gigante Disney, la Pixar torna ad allietarci con un nuovo film diretto dallo stesso regista di “Up”, toccante storia di un anziano in fuga da una società ed un mondo di cui non si sente più parte. L’innovativo studio d’animazione che ha realizzato capolavori senza tempo come “Cars”, “Toys Story”, “Wall-e” e “Ratatouille”, torna finalmente in campo con una storia del tutto originale ed innovativa, campo in cui Pixar eccelle da sempre tanto da non essere un caso se, ai tempi in cui era uno studio indipendente, ha sempre evitato di realizzare seguiti dei propri film nonostante un sicuro successo commerciale.  Pratica a cui è stata, invece, costretta da Disney dando vita a prodotti inutili come “Cars 2” e “Planes”.

Date queste premesse, confesso di essere andato al cinema con aspettative estremamente alte dovute, con tutta probabilità, anche alla nostalgia derivante dal fatto che “Up”, l’ultimo, vero film Pixar, risale a più di cinque anni fa. Non è nemmeno mancata una certa ansia temendo ingerenze tali da parte del colosso americano da interferire sensibilmente sulla creatività dello studio e, quindi, sulla qualità del nuovo film.

A visione terminata, posso affermare che “Inside Out” mi è piaciuto molto. Nella più consolidata tradizione Pixar, è un film complesso, emozionate, ricco di insegnamenti e decisamente divertente. Riesce in modo avvincente a descrivere i meccanismi della mente umana, l’importanza dei ricordi, l’ingerenza delle varie emozioni e le dinamiche psicologiche innestate dal susseguirsi delle varie età. Gli autori dimostrano di aver usufruito di consulenti preparati e di aver letto numerosi testi dedicati alla psicologia ed al funzionamento del cervello umano poiché riescono a ricostruire in modo tanto geniale quanto efficace i mille meccanismi e processi mentali che determinano le nostre reazioni, le nostre emozioni ed il nostro atteggiamento verso la vita nonché il modo in cui quest’ultimo varia a seconda dell’età, delle esperienze fatte e dei traumi subiti.

Rappresentare, infine, le principali emozioni (Gioia, Tristezza, Paura, Ira e Disgusto) come personaggi interagenti fra loro è un’ottima idea foriera di innumerevoli gag che rendono il film estremamente gradevole.

Un ulteriore commento meritano proprio questi personaggi: la pellicola inizia dando l’impressione che sia Gioia ad essere protagonista di tutta la vicenda e lo spettatore è portato a tifare per la sua coraggiosa ma utopica lotta finalizzata a garantire la perenne felicità alla bimba di cui si sente custode. Gioia, nella sostanza, cerca disperatamente di fermare il tempo ma l’infanzia, periodo generalmente felice, è solo una fase passeggera nella vita delle persone e, come dimostra lo stesso film oltre che l’esperienza personale di ognuno di noi, i ricordi dell’epoca sono spesso allegri e preziosi perché si sono dimenticate le circostanze tristi che probabilmente ne facevano da corollario. E’ proprio sulla base di questa verità che la storia prenderà una svolta inaspettata. Tristezza, prima sostanzialmente relegata in un angolo, acquisirà un ruolo fondamentale e Gioia e Tristezza, affrontando tante difficoltà insieme, impareranno a coesistere ed aiutarsi vicendevolmente. Sarà proprio ciò a permettere alla bambina di superare con successo le prime ma fondamentali difficoltà della vita.

Inside Out” è, a mio parere, un film da non perdere.

Volendo essere pignoli, resta in me il dubbio che l’opera avrebbe potuto essere ancora più bella, coinvolgente ed emozionate se Disney, come si può ragionevolmente supporre, non avesse posto limiti a Pixar sulle tematiche trattate ed il livello di emotività di alcune scene.