Nel corso del mio precedente articolo sul Kampfgruppe « Peiper » e, più in generale, sull’offensiva tedesca nelle Ardenne del 16 dicembre 1944, ho già avuto modo di dire come quest’ultima fosse stata concepita e considerata come l’ultima opportunità per stabilizzare il fronte occidentale e salvare la Germania dall’invasione da parte degli Alleati Occidentali. Senza ripetere quanto già espresso in diversa sede, resta importante evidenziare come questo aspetto fosse avvertito dai vertici militari fino all’ultimo del soldati, con conseguenze non irrilevanti sia nel corso della battaglia sia nei mezzi e strategie specificatamente ideate nel tentativo di assicurare il successo dell’intera operazione. Fra queste ultime si annovera il disperato lancio di paracadutisti nelle retrovie americane ma, ad aver segnato indelebilmente la cronaca e gli spiriti dell’epoca con echi fino ai giorni nostri, è una sorprendente quanto inaspettata operazione di infiltrazione e camuffamento dal nome in codice “Operation Greif” che ebbe per protagonisti la Panzer-Brigade 150 “Rabenhugel” ed il suo comandante, l’Obersturmbannführer Otto Skorzeny, personaggio assai noto per essere stato parte di imprese come la liberazione di Mussolini sul Gran Sasso.
La conquista dei ponti sui numerosi fiumi che attraversano l’area della Ardenne era vitale per il successo dell’offensiva “Wacht am Rhein”. Era altresì evidente che, se l’esercito statunitense non fosse stato costantemente incalzato ed avesse avuto il tempo di riprendersi dalla sorpresa dell’attacco, avrebbe avuto come primo obiettivo la distruzione di tali ponti per rallentare o arrestare del tutto l’avanzata dei Panzer tedeschi. Fra essi erano particolarmente essenziali quelli sul fiume Mosa, obiettivo principe dell’offensiva in quanto avrebbero consentito il dilagare delle truppe tedesche nel ventre molle delle retrovie alleate fino a spaccare in due il fronte avversario con l’occupazione di Anversa. Fu proprio alla Panzer-Brigade 150 ad essere assegnato il compito di conquistare ancora intatti i ponti sulla Mosa di Amay, Huy e Andenne.
Il piano era, sulla carta, relativamente semplice: l’unità, equipaggiata (dai veicoli corazzati al vestiario) con materiale di preda bellica e composta da militari tedeschi parlanti un inglese fluente, avrebbe sfruttato la confusione delle prime ore dell’attacco per infiltrarsi nelle linee avversarie. A quel punto il grosso della brigata avrebbe puntato verso la Mosa mentre piccoli commando, spesso camuffati da Military Police su Jeep Willis, avrebbero seminato confusione e disinformazione dietro il fronte alleato divulgando informazioni false, dando ordini errati, cambiando la segnaletica stradale, distruggendo cavi telefonici e compiendo ogni altro tipo di sabotaggio utile all’offensiva (il nome in codice di tale missione era “Einheit Stielau”).
Nella realtà l’impresa era praticamente impossibile e rischiosissima. La Mosa era troppo lontana dal fronte per poter realisticamente pensare di percorrere tanti chilometri senza essere scoperti. Per di più ogni soldato tedesco abbigliato con uniformi dell’esercito americano avrebbe potuto essere passato per le armi come spia.
Il compito era ulteriormente compromesso dalle difficoltà oggettive derivanti dalla sua organizzazione. Hitler comunicò i suoi progetti a Skorzeny sole cinque settimane prima l’avvio dell’offensiva delle Ardenne. In un lasso di tempo tanto breve fu necessario trovare gli uomini adatti, raccogliere dalle unità di prima linea il necessario materiale bellico catturato agli Alleati ed organizzare nonché addestrare l’unità agli scopi preposti. Un tale compito era praticamente impossibile. Dei 2.500 uomini che componevano la Panzer-Brigade 150, solo una trentina parlava un inglese fluente e solamente un’ulteriore decina aveva una sommaria conoscenza dello slang americano. Un’aggiuntiva, gravissima complicazione emerse non appena fu contabilizzato il materiale di preda bellica effettivamente ricevuto. Esso non rispondeva nemmeno ad una piccola parte delle necessità della Panzer-Brigade 150 “Rabenhugel”. Basti pensare che sui quindici carri Sherman richiesti, ne furono trovati solo due, uno dei quali immobilizzato e l’altro con gravi problemi tecnici che ne impedivano un serio utilizzo.
Nel tentativo di supplire a questa carenza, si procedete con alcune conversioni che stupiscono e sono ancora oggi il simbolo dell’impresa descritta. Cinque carri Panther Ausf.G furono camuffati da Tank Destroyer M-10 con l’applicazione di fogli di lamiera appositamente lavorati per simulare le linee caratteristiche del cacciacarri americano. A tale scopo fu anche eliminato il freno di bocca del cannone (non in tutti i casi), soppressa la cupola del capocarro (sostituita con due semplici battenti) ed il frontale, all’altezza della kugelblende, fu munito di uno sportello apribile per consentire l’uso della mitragliatrice dello scafo.
Tale conversione non fu né casuale (alcuni verbali tedeschi redatti a seguito dell’interrogatorio di prigionieri americani riportavano casi in cui normali Panther furono scambiati per cacciacarri M-10) né raffazzonata. Il camuffamento fu molto ben studiato per richiamare al meglio le linee caratteristiche del mezzo americano e, data la qualità del lavoro, fu sicuramente realizzato da officine specializzate. Ciò non toglie che alcune modifiche furono assai infelici. L’eliminazione della cupola del capocarro, ad esempio, fu subito biasimata dagli equipaggi in quanto privava gli stessi del mezzo principale per l’osservazione di quanto avveniva intorno a loro ed obbligava i Bordführer a sporgersi pericolosamente all’esterno. A completamento dell’opera, i carri furono dipinti in verde oliva e vi furono applicati falsi stemmi nazionali e codici divisionali statunitensi (non sempre appropriati, sul Panther codice B7 fu dipinta l’araldica della 5th US Armored Division che non era dislocata nelle Ardenne nel dicembre 1944).
Tali cinque Panther presero il nome di Ersatz Panther M-10 e furono tutti assegnati al Kampfgruppe X della Panzer-Brigade 150 “Rabenhugel” al comando del SS-Obersturmbannführer Willi Hardieck prima e del SS-Hauptsturmführer Adrian von Folkersam poi.
Nei fatti è difficile dire se tali Panther speciali sarebbero veramente riusciti a ingannare qualcuno. Nonostante il lavoro svolto, le dimensioni, il treno di rotolamento, la volata del cannone e molti altri elementi restavano seriamente diversi da quelli di un Tank Destroyer M-10. Probabilmente avrebbero potuto confondere dei soldati di poca esperienza, magari approfittando della confusione e della copertura dei fumi prodotti dai combattimenti. In ogni caso la pericolosità degli Ersatz Panther M-10 non fu sottovalutata dagli Americani. I tecnici aventi il compito di studiare e repertoriare i veicoli tedeschi abbandonati sugli ex campi di battaglia, evidenziarono nel loro rapporto l’accuratezza del lavoro di camuffamento svolto e sottolinearono la capacità di inganno insita in tali Panther modificati. Del resto i fatti dimostrano che non bisogna mai sottovalutare gli eventi straordinari che possono avvenire sui campi di battaglia se un pizzico di fortuna si somma a sangue freddo ed audacia. Basti pensare all’SS-Oberscharführer Ernst Barkmann, asso del SS-Panzer-Reggiment 1 della 2. SS-Panzer-Division “Das Reich”, che, proprio nel corso dell’offensiva delle Ardenne ed al comando del suo Panther privo di qualunque camuffamento, attraversò solo e del tutto impunemente la città di Manhay brulicante di truppe americane.
Sempre allo scopo di aumentare gli effettivi della speciale unità, cinque Stug. III Ausf.G subirono un lavoro simile a quello svolto sugli Ersatz Panther M-10. Nonostante la comune volontà di ingannare le truppe americane, in questo specifico caso i risultati furono decisamente mediocri e primariamente condizionati dalla mancanza, nell’arsenale americano, di veicoli simili allo Stug. III tedesco. I cinque veicoli così ottenuti furono assegnati al Kampfgruppe Y della Panzer-Brigade 150 “Rabenhugel” sotto il comando dell’Hauptmann Walter Scherf.
Indipendentemente dagli stratagemmi realizzati, l’impresa della Panzer-Brigade 150 fu un fiasco totale. I suoi effettivi rimasero subito bloccati nei giganteschi imbottigliamenti che si verificarono lungo le strette strade e piste ardennesi a causa dell’imponente traffico militare. L’impedimento fu tale che la brigata raggiunse il fronte a lei assegnato con quasi quarantotto ore di ritardo. In tale situazione l’Obersturmbannführer Otto Skorzeny chiese l’annullamento dell’intera operazione in quanto era ormai evidentemente perso l’essenziale fattore sorpresa. Ottenuto ciò, la Panzer-Brigade 150 fu assegnata alla 1. SS-Panzer-Division “Leibstandarte SS Adolf Hitler” e prese parte ai combattimenti per la conquista Malmedy che si svolsero a partire dal 21 dicembre 1944 e che erano finalizzati a mettere in sicurezza il fianco nord del Kampfgruppe “Peiper”.
Un primo attacco fu scatenato alle tre del mattino, coinvolse il Kampfgruppe Y e si svolse ad est della città, lungo l’asse Baugnez-Malmedy. Le forti e ben trincerate truppe americane non ebbero particolari difficoltà a respingere l’assalto tedesco che, a causa del diluvio di fuoco che l’artiglieria statunitense abbatté sulle truppe tedesche avanzanti, fu infranto sul nascere. E’ in questo frangente che almeno uno dei cinque Stug. III Ausf.G modificati, per precisione quello al comando dell’Oberfeldwebel Wolfel, fu distrutto in un campo fra Baugnez e Géromont.
L’Hauptmann Walter Scherf, conscio di quanto fosse forte il contingente a difesa di Malmedy, ebbe aspri contrasti con Skorzeny in quanto quest’ultimo volle insistere nell’assalto per la conquista della città invece di consolidare le proprie linee allo scopo di garantire il libero passaggio dei rifornimenti per il Kampfgruppe “Peiper” lungo l’asse stradale Baugnez-Ligneuville.
Fu così che, intorno alle cinque del mattino, un secondo assalto fu portato dal Kampfgruppe X ad ovest di Malmedy. Anche questo ulteriore tentativo si risolse in un fallimento completo con gravi perdite di uomini e materiali. Negli scontri che si susseguirono per tutto il resto della giornata, andarono perduti tutti gli Ersatz Panther M-10. Il destino di questi cinque carri non è in tutti i casi noto ma per alcuni di essi i dettagli della loro distruzione sono accompagnati anche da alcune foto degli stessi.
L’ Ersatz Panther M-10 codice B4 del Leutnant Peter Mandt fu messo fuori combattimento da una mina davanti le linee del 99th Norvegian Separate Infantry Battalion.
L’ Ersatz Panther M-10 codice B10 vide il proprio Bordführer, il Leutnant Horst Gerstenschlager, ucciso fin nei primi minuti dello scontro. Egli, a causa della mancanza della cupola del capocarro, fu costretto a sporgesi pericolosamente al di sopra della torretta venendo, quindi, colpito a morte. Gli altri quattro uomini dell’equipaggio decisero di proseguire nell’azione benché privi del loro comandante ma, dopo qualche ora, il carro, percosso da un proiettile d’artiglieria, si schiantò contro la facciata del Café du Rocher.
L’ Ersatz Panther M-10 codice B7, sotto il comando dell’Oberfelwebel Bachmann, appena superato un ponte sul fiume Warche, fu danneggiato anch’esso da un proiettile d’artiglieria e fu abbandonato dal suo equipaggio. Quattro di loro furono uccisi da una raffica di mitragliatrice mentre correvano sul medesimo ponte nel tentativo di ritornare verso linee amiche.
Durante la mia vacanze estiva nelle Ardenne, ho dedicato un’oretta scarsa a Malmedy, diventata oggi una vera e propria città. Ho cercato di trovare il luogo esatto che vide protagonista l’ Ersatz Panther M-10 codice B7 ed ho fotografato il sottostante ponte sul fiume Warche (attualmente in restauro) di fronte al quale, in direzione del centro città, vi è una casa con una facciata vagamente simile a quella mostrata nelle foto storiche.
Rivedendo tutte le foto del periodo in mio possesso (le trovate qui sopra e, purtroppo, nessuna mostra il ponte), escludo che il punto corretto sia quello da me fotografato. In attesa di nuove informazioni o di una nuova visita della città per un approfondimento, mostro, per dovere di cronaca, il punto sulla mappa in cui gli scatti sono stati fatti.
Le prestazioni della Panzer-Brigade 150 “Rabenhugel” furono generalmente mediocri. Gran parte del materiale pesante andò perduto e Malmedy restò saldamente in mano americana. Dopo tale scontro la brigata fu praticamente dissolta ed i suoi membri si dispersero nel calderone dell’ operazione “Wacht am Rhein”.
Parziale eccezione rappresentarono i commandos della missione “Einheit Stielau”. Non saprei dire che cosa riuscirono concretamente a fare i pochi uomini che ne facevano parte ma, sicuramente, seppero creare una vera e propria paranoia nelle retrovie americane che alimentò confusione e tensione. Non pochi di coloro che furono catturati subirono la pena capitale in quanto considerati spie.
Bonjour, la fin de l’article, concernant le pont sur la Warche, n’est pas correct. Vous n’êtes pas au bon endroit. Cordialement
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Bonjour Serge, merci beaucoup pour votre commentaire. Je doutais beaucoup d’être au bon endroit et vous m’en avez donné la confirmation. Si vous voulez bien m’indiquer le bon endroit via Google Map, j’en prends bonne note. Au revoir ! 👍
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Latitude : 50.4171342
Longitude : 5.9983826
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Merci beaucoup! 😊
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