Lo Hobbit 3

Dopo tre anni di attesa tutt’altro che spasmodica e grazie all’uscita nelle sale dell’ultimo capito della stessa, giunge a termine, in questi giorni di festività natalizie 2014, la trilogia de “Lo Hobbit”. Iniziata come una squallida operazione commerciale finalizzata a spremere fino all’osso tanto il mondo fantastico creato da Tolkien quanto il richiamo presso il pubblico di qualunque prodotto correlato a “il Signore degli Anelli”, questa nuova trilogia, forzatamente estrapolata da un racconto per bambini di poche pagine, si è spenta soffocata dalla cenere dei precedenti due capitoli senza alcuna vampata di gloria visiva o narrativa in grado di dare un qualunque senso all’intera saga. Come in una truffaldina zuppa annacquata all’inverosimile, è stata anche disattesa la speranza che, arrivati al fondo della pignatta, vi si trovasse, se non un bel pezzo di carne gustosa o verdure saporite,  almeno un osso da rosicchiare. Non sono, infatti, le copiose battaglie a dare consistenza a quest’ultimo film né all’intera trilogia. Non bastano gli eserciti (in verità alquanto striminziti) di nani ed elfi a dare carisma a personaggi da sempre noiosi e scontati o enfasi ad una storia la cui narrazione era fin da subito chiaramente inutile. Né, tantomeno, è l’ennesima gigantesca orda di orchi a dare alcun tremito allo spettatore assopito che, ormai, a questi eserciti urlanti è da tempo assuefatto. Paradossalmente sono sempre questi ultimi a dimostrarsi i più militarmente preparati, con armi e specialità differenziate ed una seria struttura di comando. La loro sconfitta, ancora una volta, è più legata a semplici necessità di narrazione che ad una parvenza di realismo. Si scade, poi, nella farsa quando diventa palese che la quinta armata, l’esercito umano, parte dell’improvvisata alleanza creata per combattere gli orchi, è composto dai profughi della città distrutta poco prima dal drago Smaug. Pescatori senza alcuna preparazione che, con donne, vecchi, bambini, lottano con successo contro le armate del Male senza nemmeno quella drammaticità che avrebbe reso la cosa vagamente accettabile.

Concludendo, a mio modesto e personalissimo parere, questo film è la degna e scontata conclusione di una trilogia di cui non vi era alcuna necessità, composta dal concatenarsi di eventi insignificanti e prontamente dimenticabili come i personaggi che ne fanno parte. Salve alcune eccezioni, tutti gli attori sono ben scelti e danno il meglio possibile, gli ambienti e le ricostruzioni sono sempre eccellenti e gli effetti speciali di alto livello ma tutto ciò non può supplire ad una storia inconsistente in quanto inutilmente allungata. A questa verità non riescono a porre rimedio nemmeno i numerosi eventi originariamente non raccontati nel libro preso a riferimento ed inseriti di sana pianta nel vano tentativo di giustificare tre film. Tale espediente è così maldestro che quanto raccontato a richiamo di quello che sarebbero i successivi eventi oggetto dalla trilogia de “Il Signore degli Anelli”, non fornisce alcuna informazione in grado di aggiungere apprezzabili tasselli alla storia di quest’ultima. Il risultato è che “lo Hobbit” è difficilmente catalogabile anche come prequel de “Il Signore degli Anelli”. Escludendo la novità di un drago fin troppo ciarliero, tutto il resto ha un sapore di dejà vu che, inevitabilmente, peggiora ulteriormente il giudizio finale sull’intera trilogia. Trilogia che, temo, abbia inflazionato il genere fantasy al punto da rendere addirittura indigesta la visione dei tre film de “Il Signore degli Anelli”. Mi auguro che Peter Jackson, o chi per lui, si guardi bene dal proporre ancora nuovi film di tolkeniana memoria, correrebbe il rischio di una denuncia per stalking…