In precedenti articoli ho già avuto modo di esprimere la mia incondizionata ammirazione per il manga “Ah, My Goddess” e per il suo autore, Kosuke Fujishima, il cui tratto elegante e delicato mi incanta ad ogni sua tavola. “Ah, My Goddess” è un’opera assai longeva che, iniziata nel 1988, ha visto crescere e maturare il disegno del suo autore fino alle eccellenze attuali. In realtà, non sono un grande estimatore di storie che si dilungano per anni. Credo, infatti, che quanto narrato riesca assai raramente a mantenersi originale ed efficace per così tanto tempo. Sospetto che anche il manga in questione risenta della lunga pubblicazione seppur non possa giudicare direttamente. Ho, infatti, preferito procurarmi i tankobon (volumetti) originali piuttosto che acquistare l’edizione italiana degli stessi. Ne consegue che, salvi i primi capitoli pubblicati anni or sono sulla rivista “Kappa Magazine”, ho letto solo sunti incerti della storia narrata. In compenso ho potuto godere al meglio del lavoro grafico di Fujishima grazie alla stampa di alta qualità dei tankobon giapponesi.
Uno degli aspetti che più preferisco del fumetto nipponico è che, indipendentemente dal successo presso il pubblico e a differenza dei comics americani che si trascinano in eterno come zombi di carta stampata, tutte le serie hanno, prima o poi, una fine. E’ così che, dopo ventisei anni di onorata pubblicazione, “Ah, My Goddess” si è concluso con l’edizione del 48° ed ultimo volumetto. Tale evento è stato festeggiato con un “Final Box” a tiratura limitata di cui mi sono procurato un esemplare tramite Hobby Link Japan (www.hlj.com).
Ammetto essere stato un acquisto al buio. Per poterne venire in possesso, l’articolo doveva essere ordinato con così ampio anticipo che non erano ancora disponibili informazioni sul suo contenuto. E’, quindi, con grande curiosità che mi sono accinto all’apertura dello “scrigno”. Il “Final Box”, infatti, è protetto da una grossa scatola in cartone che, una volta aperta, rivela una confezione color perla di notevole fattura con eleganti decorazioni d’orate in rilievo.
Superati gli iniziali timori reverenziali e finalmente violato anche l’ultimo sigillo, il “Final Box” sorprende immediatamente grazie ad un interno di un bel blu vivo. A mio parere si tratta di un omaggio indiretto ai costumi da dea indossati da Belldandy che, nella maggior parte dei casi, sono caratterizzati da blu e bianchi intervallati da ricami d’orati.
Venendo al contenuto, esso risulta essere il volumetto numero 48 (identico a quello standard venduto singolarmente ad eccezione di una scritta sulla costina che lo identifica come edizione legata al “Final Box”), un Drama-CD, un volumetto con intervista all’autore, un libricino con strisce umoristiche e, sotto a tutto ciò, il cuore pulsante del “Final Box”: una dozzina di illustrazioni di Kosuke Fujishima su carta filigranata A4.
Sono queste splendide tavole a rappresentare quanto di meglio un fan possa chiedere. Il tratto di Fujishima e gli splendidi colori pastello si mostrano al meglio grazie all’alta qualità della stampa e dei fogli utilizzati. Sembra, in tutta sincerità, di maneggiare le illustrazioni originali disegnate e dipinte dalla sapiente mano di Fujishima. Tenendo conto che esistono pochissimi libri di illustrazione di quest’ultimo (me ne viene in mente uno solo), le tavole contenute nel “Final Box” risultano ancor più preziose.
Non so dire se il prossimo manga di Kosuke Fujishima (per quel che so dovrebbe intitolarsi “Paradise Residence”) saprà essere all’altezza o superiore ad “Ah, My Goddess”; certamente credo che sarà assai difficile riuscire ad eguagliare lo spirito complesso, elegante ed etereo che aleggia nel manga appena concluso e che si esprime al meglio nella caratterizzazione delle dee protagoniste, nei loro vestiti e nelle delicate illustrazioni che le ritraggono.
Caspita che acquisto da fan!
Addirittura con un drama-cd!
Certo che i pre-order alle volte sono così, vai a fiducia.
E mi sembra un ottima scelta, sembra quasi un album di nozze.
Anche un altro pezzo di storia dei manga ha concluso dopo una serializzazione incredibilmente longeva.
Sulla considerazione differenze ->
comics=ripescaggio continuo eroi + reboot
VS
manga=serie con un finale, può avere avere o meno seguiti
C’è stato un curioso fenomeno tra Alita, Ken il guerriero e City Hunter/Angel Heart.
I 3(4) manga succitati sono stati opera di ripescaggio o rimaneggiamento.
Alita Last order: segue il “nuovo” finale riscritto appositamente per continuare le storie.
Ken le origini del mito: ci ha proposto un personaggio prequel del Ken storico ripercorrendo diverse strade ben solcate (un bel “già visto” ).
City Hunter/Angel Heart: concluso C. H. l autore ha pensato bene di riprenderlo cambiandone il finale in modo brutale e seppur con varie assicurazioni/smentite che si tratta di un “mondo parallelo” ed il cambio di nome della serie, un segno sull’originale l ha lasciato.
Nessuna delle tre serie purtroppo, mi sono sentito di continuare…
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Per carità, non intendevo polemizzare sostenendo posizioni talebane secondo cui i manga sono esenti da seguiti discutibili. I Giapponesi non sono secondi a nessuno quando c’è l’opportunità di spremere tutto il possibile da una serie di successo. Gli esempi si sprecano e non ultimi sono i casi di “Sailor Moon” e dei “Cavalieri dello Zodiaco”. Per il momento siamo comunque lontani dagli estremi americani di personaggi nati negli anni ’50 ed ancora imperanti ovunque. Questo è probabilmente dovuto al fatto che un manga è strettamente legato al suo autore e, nei limiti delle imposizioni della casa editrice, dipendente dalla sua volontà. E’ difficile dire che cosa spinga un mangaka a riesumare una propria opera terminata. Non mancheranno casi di scarse idee unite ad esigenze economiche ma ci saranno stati anche casi correlati al desiderio di raccontare altro sulla base di un buon plot narrativo. Non so giudicare il caso del prequel di Ken (che non ho comprato) e del sequel di Alita (che ho ma non ho ancora letto) ma “Angel Heart” è a mio parere un buon manga che, quello sì, avrebbe potuto vivere di vita propria senza bisogno di appoggiarsi al mondo di “City Hunter”.
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^^ Figurati! Nessuna polemica, anzi, dopo un adolescenza in cui sono passato per una capatina nella Marvel ne sono uscito sentendomi preso in giro: finisce una saga > voglio sapere cosa succede dopo > ricomincia disegnata da un altro autore.
Non fa per me il mondo del comics.
Quei tre esempi erano solo un timore sul portare avanti personaggi che sono leggendari e che non necessitano di seguiti piuttosto di un finale “completo” senza amaro in bocca.
In questo Full Metal Alchemist rimane una delle più belle serie che ho letto di recente.
Esempi come espressione di un timore che i comics lascino una scia nei manga in un punto sensibile: la composizione delle opere.
Hai ragione sopratutto per le Sailor, un reboot.
C’è anche Casshern sins (Kyashan), o l’indescrivibile Gatchaman Crowds.
Ma il reboot non è il senza fine marvel/dc comics generico.
E alle volte sorprende lasciando positivamente senza fiato: Yamato 2199.
Per i Saint con Omega sono andati avanti nella storia…Con molte discutibili scelte dal disegno a questioni prettamente legate alle armature. Quindi tecnicamente una spremitura a freddo e non un reboot XD
Riflessione su Angel Heart: perchè non far fare dei semplici cameo a Ryo piuttosto che stravolgergli l’esistenza così?
Poteva reggersi in piedi da sola e sfruttare il successo comunque di City hunter.
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Concordo su tutto e mi auguro che il buon esempio di “Yamato 2199” sia di impulso a riedizioni ammodernate di vecchie serie. Come sai non ho mai visto la nuova serie della Yamato ma so che è un successo amato da moltissimi. A patto di non stravolgerne la storia, preferisco la riedizione di una vecchia gloria (ammodernandone stile, tecnica e modalità espressive) a seguiti, prequel e reboot raffazzonati e nei fatti inutili. Su questa strada due esempi brillano come stelle splendenti: “Gundam Origin” di Yas e “Macross the First” di Mikimoto! I principali autori di due serie storiche, tornano a lavorare sulle stesse allo scopo di ammodernarle e migliorarle. A mio parere, sono imprese miracolose! “Macross the First” per un appassionato come me, è un gioiello meraviglioso! “Gundam Origin” avrà a breve qualche episodio animato a lei dedicato, chissà se anche “Macross the First” avrà la stessa fortuna? Mi auguro che la nuova serie della Yamato dimostri che anche vecchie serie, grazie ad un design migliorato e leggermente modificato, possono vendere valanghe di gadget (questione primaria al momenti di pianificare la produzione di una serie animata).
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