“Si alza il vento” (titolo originale “Kaze Tachinu”) è un film d’animazione del 2013 diretto da Hayao Miyazaki e realizzato dallo Studio Ghibli. Si tratta di quello che potrebbe essere l’ultimo film del noto maestro giapponese che compie quest’anno settantatre anni e che ha recentemente dichiarato di volersi ritirare. Miyazaki non è nuovo a queste affermazioni ma, per la gioia dei suoi fan, è sempre tornato sui suoi passi. Solo il futuro ci dirà se sarà così anche in questo caso.
Il film in questione è arrivato nei cinema italiani grazie a Lucky Red (http://www.luckyred.it) che lo ha distribuito in alcune centinaia di sale per soli quattro giorni (da sabato 13 a martedì 16 settembre 2014). Tale società ha già dimostrato più volte di curare in ogni dettaglio gli adattamenti italiani dei film di Miyazaki ed anche in questo caso non si è smentita. Non è nemmeno nuova alla distribuzione delle pellicole di animazione giapponese per un periodo limitato di tempo che, a mio parere, è sicuramente vincente perché garantisce ai fan la visione dei film al cinema ed alle sale una grande affluenza di pubblico ad ogni proiezione (io mi sono recato a quella delle 22:15 di martedì 16 settembre e la sala era completamente piena nonostante si trattasse dell’ultimo spettacolo disponibile).
Con questo film, Miyazaki dimostra una capacità di reinventarsi che, credo, abbia sorpreso tutti gli spettatori. “Si alza il vento”, ambientato negli anni precedenti alla Seconda Guerra mondiale, è un’opera dotata di un realismo e di una drammaticità che non ha eguali nelle opere del maestro. Manca, quindi, quella componente mistica e fiabesca attraverso cui i messaggi delle pellicole precedenti erano mediati e comunicati allo spettatore. In “Si alza il vento” la realtà incalza i protagonisti senza alcuna tregua, inchiodandoli al mondo ed al tempo in cui si trovano a sopravvivere, più che a vivere. E’ una realtà impietosa che si manifesta sia nelle forze naturali (il terremoto del Kanto del 1923, la malattia, etc.) sia nei vincoli imposti dalle tensioni di un sistema creato dall’uomo stesso (la povertà, l’imperialismo militare, la persecuzione politica, le regole di un capitalismo vorace). Ciononostante i protagonisti, accontentandosi e godendo delle piccole cose, vivono con intensa gioia ogni istante di pace e di armonia concessogli nella vita e, a far da cornice a tali istanti, è sempre una natura che esprime una straordinaria bellezza nei contesti ridotti (un viottolo nell’erba alta, un boschetto attraversato da un ruscello) o nei grandi panorami privi di limiti o di riferimenti.
Ciononostante il “sogno” non è mai stato tanto presente in un film di Miyazaki come in “Si alza il vento”. Il protagonista, Jiro Horikoshi, personaggio realmente esistito, è fin da piccolo affascinato dal volo e dagli aerei e, non potendo pilotarli per una grave miopia, diventa, nel corso di un lungo processo formativo, un talentuoso ingegnere aeronautico nonché il creatore del Mitsubishi A6M “Zero”, il famoso aereo da caccia che permise all’aviazione giapponese di conquistare la supremazia aerea nel Pacifico per tutta la prima metà del secondo conflitto mondiale. E’ tramite questo personaggio storico che “Si alza il vento” si tinge di note autobiografiche. Miyazaki è figlio di un imprenditore la cui industria realizzava componenti proprio per i caccia “Zero”. Ciò è all’origine di alcuni dei tratti caratteristici del maestro e delle sue opere. Non sorprende, quindi, l’innato amore per il cielo, il volo e gli aerei di cui Miyazaki non ha mai fatto mistero emergendo preponderante in quasi tutte le sue opere. Altrettanto noto è il suo animo fortemente pacifista in parte derivato dai suoi drammatici ricordi infantili (Miyazaki è nato nel 1941). Se da una parte tutto ciò può spiegare il rapporto fortemente conflittuale con il padre (a cui non ha mai perdonato di essere stato parte attiva della macchina bellica giapponese), dall’altro è causa di quelle tensioni interiori che non raramente trovano sfogo nei suoi lavori. Miyazaki è, infatti, tanto amante della pace quanto appassionato di aerei da guerra. Si tratta di una contraddizione difficilmente comprensibile e che non può che accentuarsi se si considerano anche opere minori che dimostrano interesse e passione per i carri armati e la storia della Seconda Guerra Mondiale nel teatro europeo. Miyazaki è, infatti, autore di due manga molto belli e particolari aventi come protagonisti personaggi suinizzati alla “Porco Rosso”. Si tratta di una bellissima trasposizione a fumetti (6 episodi) di “Tiger im schlamm” (Tiger nel fango – l’autobiografia di Otto Carius, uno dei principali assi dell’arma corazzata tedesca dell’ultima guerra) nonché di “Il ritorno di Hans” narrante le vicissitudini di un giovane carrista tedesco negli ultimi giorni del conflitto.
Quello descritto è un dualismo che mi sta particolarmente a cuore perché lo vivo personalmente. Anche io sono un convinto pacifista ed un appassionato di storia militare e di armamenti d’epoca. Quel che posso dire è che si tratta di una contraddizione con cui non è facile convive ed è spesso causa di fraintendimenti nei rapporti con le persone. Eppure si tratta solo apparentemente di una contraddizione. In realtà non è possibile essere sinceramente contrari a qualche cosa senza conoscere quel qualcosa accuratamente. Quando ciò avviene, tale atteggiamento nasconde solo pregiudizio e superficialità e la persona che la esprime non avrà remore a mutare opinione al primo accenno di cambiamento del sentire comune. Non è destinato a tale voltafaccia chi, invece, ha dato fondamento al proprio pensiero e, sono convinto, sia questo il caso di Miyazaki.
In questo contesto “Si alza il vento” sembra diventare un’opera destinata ad esorcizzare i propri demoni ed a riconciliarsi con la memoria del padre. Jiro, anche tramite alcuni sogni in cui immagina di incontrare il progettista italiano Caproni, sorta di suo spirito guida, è concentrato anima e corpo nella realizzazione di un aereo moderno, bello, elegante e che cavalchi il vento come nulla prima di lui. E’ un sogno di cui è schiavo ed al cui canto di sirena non può resistere ed è, altresì, un sogno destinato ad essere violato dagli interessi militari che trasformeranno i suoi lavori in un’arma da guerra. Miyazaki non esenta Jiro dalle sue colpe, egli sapeva a cosa erano destinati i suoi aerei ma ha proseguito i suoi lavori per sopravvivere nel mondo e per inseguire il suo sogno. Benché a Jiro non siano concesse facili giustificazioni, lo spettatore, grazie alla qualità ed obiettività del film, è spinto ad una empatia col personaggio inaspettata che permette di comprenderne le ragioni più intime. Miyazaki porta così alla luce uno degli aspetti più controversi dell’animo umano: il desiderio quasi divino che lo spinge verso la creazione e l’istinto irrazionale all’autodistruzione.
In questo contesto, l’amore di Jiro e Nahoko è totale ed incondizionato. Sancisce i momenti più belli delle loro vite ed è vissuto con gioiosa intensità nonostante il poco tempo che i due innamorati hanno a disposizione per stare insieme. Tempo prezioso e brevissimo a causa della Tubercolosi di cui è affetta la ragazza. E’ quest’ultima, sotto molti aspetti, ad essere la vera eroina del film. Accetta la proposta di matrimonio di Jiro ma vuole posticipare l’evento fino alla sua guarigione e, per questo, si reca in un sanatorio specializzato. La Tubercolosi o Tisi (TBC), è una malattia contagiosa dell’apparato respiratorio che ancora oggi non è stata debellata a causa della resistenza di alcuni ceppi agli antibiotici. Il numero di casi attuali si è ridimensionato grazie alle migliori condizioni igieniche ma fu una vera a propria calamità a cavallo del XIX e XX secolo quando si cercò di contenerla anche tramite ricoveri forzati in sanatori specializzati. I più abbienti erano ricoverati in strutture fra le montagne ove si riteneva che l’aria migliore giovasse al malato. Nahoko si reca proprio in uno sanatorio di questo tipo ma, quando si rende conto che non guarirà mai, abbandona la struttura e raggiunge Jiro per passare con lui i giorni frenetici che precedono il volo di prova dell’aereo da lui progettato. I due si sposano e trascorrono insieme un periodo non precisato cercando di sfruttare al meglio il tempo loro concesso fra gli impegni lavorativi di Jiro e l’incalzare della malattia di Nahoko. Il giorno del volo inaugurale, Nahoko abbandona la casa in cui vivono lasciando alcune lettere di addio al marito e agli amici. La ragazza vuole che Jiro la ricordi non ancora consumata dalla malattia e per questo preferisce allontanarsi da lui per sempre, raccomandandosi nella sua lettera di vivere appieno la sua vita. Il giorno stesso del volo di prova del suo tanto desiderato aereo, Jiro percepirà tutto ciò grazie ad una forte folata di vento che sembra preannunciare la morte delle moglie.
Si chiude così l’anello cardine della storia del film richiamato dal titolo, di fatto parte di un versetto della poesia Le Cimetière marin di Paul Valéry : “Le vent se lève!… Il faut tenter de vivre!” (Si alza il vento!… Bisogna tentare di vivere).
Ciao Andrea,
il tuo blog é ricco di sorprese ed una di queste é aver letto diverse recensioni a proposito delle favolose animazioni di Miyazaki. Anche io sono un suo estimatore e da quando ho visto il castello errante di Howl ho cercato tutte le sue creazioni. A proposito di si alza il vento é vero che sia la sua l’ultima animazione?. Ho letto delle recensioni che dicevano che Miyazaki non avrebbe fatto piu’ niente.
Ciao
Giandomenico
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Ciao Giandomenico, grazie per le tue belle parole! 🙂
Miyazaki ha spesso detto di volersi ritirare per un giusto riposo ma pare proprio che, dopo “Si alza il Vento”, sia la volta definitiva. Il gossip più recente vuole che ci abbia ripensato ma apparentemente solo per alcuni corti destinati al Museo Ghibli. Staremo a vedere. Personalmente credo che per Miyazaki sia impossibile trattenere la sua arte ma il maestro ha ormai un’eta assai avanzata quindi trovo fuori luogo le pressioni che sicuramente arrivano da più parti perchè lui faccia altri film… Spero ci regali altre perle della sua arte ma soprattutto che si conceda delle scelte libere su cosa fare e non fare.
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