Tratto dall’omonimo libro di Timur Vermes, il film in questione riapre antiche ferite per liberare il fantasma del nazionalsocialismo che, mai realmente dissolto, ancora oggi si aggira per tutta Europa. Lo spunto è semplice ma efficace: cosa accadrebbe se, dopo settant’anni dalla morte, Adolf Hitler tornasse in vita risvegliandosi ai giorni nostri? Questo incipit offre inevitabilmente spunti comici che il film non manca di sfruttare con grande ironia ma, in realtà, si tratta di un velo che nasconde solo momentaneamente la drammaticità di quanto avviene davanti agli occhi dello spettatore. Hitler riappare nella sua divisa, non nasconde la sua identità né le sue idee eppure nessuno lo riconosce realmente. Nessuno vuole veramente credere che Hitler sia tornato, lo credono un attore e lo aiutano ad adattarsi alla modernità, a sfruttarne le infine potenzialità. Viene addirittura implorato perché si esibisca in ogni dove, favorendo così la sua affermazione e la sua notorietà con le immaginabili conseguenze per un’ideologia mai veramente sconfitta.
Il film è estremamente coraggioso. Non teme di portare alla luce realtà scomode e spesso mostruose. Dimostra, prima di tutto, quanto facilmente noi tutti potremmo essere nuovamente ammaliati da un Hitler redivivo. Compito facilitato dai nuovi media, televisione in primis, e da chi li gestisce in modo così sconsiderato da essere pronti a tutto, anche a mettere Hitler in onda 24 ore su 24, pur di conquistare pubblico e audience. Il film, inoltre, mostra come i piccoli desideri di rivalsa personale siano pronti, oggi come in passato, a favore l’ascesa al poter di Hitler a chiaro discapito del bene comune.
Quel che più sconcerta sono le non rare riprese dal vivo mostranti le reazioni spontanee di persone comuni ed il modo con cui si relazionano ad Hitler. Approcci prima divertiti che poi, grazie alle arti oratorie di Hitler e la sua capacità di capire i bisogni e frustrazioni della gente, diventano rapidamente condivisione ed appoggio. Davvero sorprendente è la massa di turisti sotto la Porta di Brandeburgo che impazziscono per farsi un selfy col Fuhrer.
Non mi dilungherò ulteriormente perché penso che “Lui è Tornato” sia un film capace di stimolare molte e diverse riflessioni a seconda dello spettatore che lo visiona. Non posso, quindi, che consigliarlo a tutti cosicché ognuno possa trarne i propri insegnamenti e conclusioni. Solo un’ultima cosa vorrei evidenziare perché penso sia uno dei temi portanti di tutto il film: il fatto che nessuno comprenda di aver di fronte il vero Adolf Hitler non è casuale. Sottintende l’importanza della memoria e come sia rischioso perderla o permettere che la verità dei fatti sia manipolata da folli revisionismi. Celebrare piccole opere positive perché sostituiscano nella coscienza comune la vastità del male arrecato o enfatizzare alcuni aspetti farseschi di personaggi diabolici perché essi scadano nella considerazione comune, in realtà, serve ad ottenebrare le coscienze e a far sì che non si sia più in grado di riconoscere il male quando lo si ha di fronte. Penso questo film voglia proprio allertare su quest’ultimo aspetto: se non siamo in grado di riconoscere Hitler nonostante si presenti davanti a noi in divisa, senza nascondere la propria identità e facendosi esplicito portavoce della sua ideologia, come potremmo riconoscere un suo emulo moderno? Saremo in grado di riconoscere la stessa follia razzista e populista se diffusa da un Fuhrer figlio dei giorni nostri e, quindi, nell’aspetto uguale a noi? Potrebbe non essere lontano il momento in cui saremo chiamati a dare risposta a questi quesiti considerando come grandi temi moderni (l’immigrazione prima di tutti) siano terreno fertile per nuovi e pericolosi estremismi.
Anch’io ho visto questo film. Quando ho letto il titolo e il breve trafiletto di presentazione, ho pensato si trattasse di una commedia. In realtà, come hai ben descritto, è molto di più.
Il pensiero che maggiormente mi fa rabbrividire e preoccupare è che non solo la questione immigrazione costituisce oggi un humus per il rinvigorirsi dell’ideoologia nazista, ma soprattutto che, se sulla scena politica ricomparisse un leader con le stesse abilità oratorie di Hitler, uomo di cultura ed estimatore delle teorie espresse da Le Bon in “La psicologia delle folle”, i media e lo smarrimento delle nuove generazioni potrebbero favorirne l’ascesa al potere. Probabilmente l’Europa e il resto del mondo sarebbero più pronti a contenerne l’azione, a ostacolare la diffusione del pensiero malato, ma ciò non tglie che nel XXI secolo la definizione di razza superiore incontrerebbe ancora proseliti.
Davvero un bel film.
Chissà come è stata l’accoglienza in Germania?
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Concordo su tutto, Mana!
Un film da vedere e rivedere perché di grandissima attualità.
Non ho idea quale accoglienza abbia avuto in Germania ma sono sicuro più attenta di quanto avvenuto qui da noi… 😉
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