Come l’anno scorso, anche per quest’estate ho deciso di dedicare gran parte delle mie vacanze estive ad un nuovo tour in bicicletta offerto dall’agenzia Zeppelin (www.zeppelin.it/). Se nel 2013 la scelta era ricaduta sui paesi anseatici della costa nord della Germania, questa volta ho optato per il percorso congiungente le due ben note città di Praga e Dresda, percorrendo il corso dei fiumi Moldava ed Elba.

Anticipo fin da subito che alternerò le immagini più rappresentative a commenti volutamente ironici che vogliono solo offrire un punto di vista originale su un viaggio che è stato sempre molto gradevole ed interessante. Ci tengo a dire che anche quest’anno ho avuto la fortuna di apprezzare partecipanti che hanno saputo creare in breve tempo un gruppo coeso ed affiatato. Certamente ognuno ha il suo carattere ma nessuno ha creato problemi o compromesso l’apprezzamento del viaggio con comportamenti controproducenti. Per di più ho avuto la fortuna di condividere l’esperienza con Roberta, Carmine e Gianluca, tre comprovati amici fin dai tempi del precedente tour Zeppelin, che hanno saputo rendere un successo anche questo nuovo viaggio ciclistico.

Partendo da Praga e percorrendo per lo più piste ciclabili lungo i fiumi, il percorso ci ha portati a Melnik, Limomerice e Decin in Repubblica Ceca seguiti, su suolo tedesco, da Bad-Schandau e Dresda, tappa finale del viaggio. Nella pratica si è trattato di cinque giorni in bici per un totale di circa 250 chilometri.

Mappa

Il primo giorno, domenica 10 agosto, sono arrivato in aereo a Praga con Roberta partita con me dall’aeroporto di Malpensa. Raggiunti da Carmine in arrivo da Roma, siamo arrivati all’albergo dove già ci attendeva Gianluca. Ritrovato l’intero gruppo, non è mancato il momento delle presentazioni secondo modalità gestite con polso teutonico da Claudia, la valchiria germanica che ci avrebbe fatto da guida nei giorni successivi. In questa seduta di psicanalisi degna del miglior meeting dell’Associazione Alcolisti Anonimi, abbiamo fatto conoscenza con i nostri compagni d’avventura e condiviso le preoccupazioni di chi, alla prima esperienza di questo tipo, temeva di non farcela e di finire venduto a tranci come insaccato italico in qualche mercatino rionale fra qui e Dresda.

Claudia ha prontamente rassicurato tutti i partecipanti che chi non ce l’avrebbe fatta sarebbe stato degnamente tumulato lungo l’argine della Moldava o dell’Elba e, così rincuorati, siamo partiti in torpedone alla volta di Praga per una visita notturna della città. Dopo circa due ore e mezza di viaggio (Zeppelin è sempre attenta a scegliere alberghi nelle più disperate periferie dei conglomerati urbani in cui è previsto il pernottamento) siamo arrivati a Ponte Carlo. Da qui è seguita una marcia a tappe forzate che ci ha certamente consentito di ammirare Praga illuminata come in una favola di altri tempi ma ha anche provvidenzialmente dato il colpo di grazia alle nostre già stanche membra. E’ quindi stato un gruppo di zombi dalla compromessa capacità deambulatoria a raggiungere con lamenti disperati il pullman che ci attendeva per riportarci in albergo.

Al di là della dinamica descritta, Praga si è dimostrata ancora una volta una città fortemente turistica ma bellissima e degna di essere vista e rivista.

La mattina successiva, lunedì 11 agosto, avvenuta una tragica punzonatura per l’assegnazione delle bici e dei numeri di gara, abbiamo affrontato la prima e più impegnativa delle previste tappe giornaliere con la baldanza di un gruppo di mutilati reduci di guerre dimenticate! Per fortuna, ad incoraggiare chi già si malediceva per non aver optato per la solita, banale vacanza al mare all’insegna dello spiaggiamento e dell’ingrasso stile tricheco, ci attendeva fuori dall’albergo la più amichevole delle giornate estive tipiche del clima continentale ceco. In altre parole siamo montati in sella sotto un diluvio battente ed una temperatura adatta ai lupi cecoslovacchi che sapevamo già sulle nostre tracce!

Non ho ricordi precisi di questa giornata. So che servì a molti per rendersi conto che le infradito ed i prendisole portati da casa non gli avrebbero dato alcuna possibilità di sopravvivere ai rigori del clima. Solo due cose li facevano proseguire: i lupi alle nostre calcagna e la speranza di poter acquistare un maglione e dei pantaloni lunghi nella cittadina di arrivo. Purtroppo questa loro ultima speranza sarebbe stata ripetutamente tradita dagli orari siberiani di chiusura dei negozi (mediamente le quattro e mezza del pomeriggio) che ci hanno sempre imposto città fantasma al nostro arrivo a destinazione.

Non ha fatto eccezione Melnik, la prima cittadina dove abbiamo pernottato. L’ampia piazza centrale non manca di un bel panorama sul territorio circostante e soprattutto sul punto il cui il fiume Moldava si getta nell’Elba. E’ anche presente un antico palazzo appartenente alla famiglia Lobkowic come, del resto, circa due terzi della Repubblica Ceca.

E’ nelle fredde ed umide segrete del palazzo in questione che ci è stata offerta una degustazione di vini locali. Tutti gli Italiani, bagnati fradici e con già i primi segni di congelamento agli arti, hanno accolto con entusiasmo questa iniziativa. So per certo che alcuni fortunati hanno così apprezzato l’ambiente da non uscirne più e sono ora impagliati ed esposti ai visitatori insieme al grifone torreggiante sulle antiche botti custodite in quell’antro!

D Primo Giorno 01

Martedì 12 agosto, i sopravvissuti alla notte trascorsa in un ameno albergo dalla gradevole architettura sovietica, si sono radunati alle 8:15 precise per l’appello in un cortile baciato da un pallido sole che ci ha incoraggiato tutti. Il programma prevedeva un passaggio nel bucolico parco di Kokorinsko, poi da tutti noi tragicamente chiamato: “il Giardino del Demonio”. Salite impegnative anche per i migliori freeclimber si alternavano a sterrati serpeggianti dove sabbie mobili impreviste hanno inghiottito molti di noi. Non so dire quanti sopravvissero alla traversata, alcuni ci raggiunsero all’albergo con ritardi di ore, di altri non si ebbero più notizie…

Chi riuscì a sottrarsi a quella giungla infernale nei tempi previsti, ha avuto la possibilità di rilassarsi e di riacquistare la gioia di vivere visitando il campo di prigionia di Terezin. Lì, sotto la guida di una Vietcong certamente protagonista della vittoriosa offensiva del Tet del 1968 contro i diavoli americani, non ci sono stati risparmiati i dettagli più minuti della storia del campo. Dopo cinque interminabili ore e con gran sorpresa di tutti noi che pensavamo non ne saremmo mai più usciti vivi, siamo stati accompagnati a Litomerice ed alloggiati nel nostro albergo. Litomerice è una cittadina con un bel centro storico che ci ha concesso una piacevole passeggiata anche notturna.

 

Senza dimenticare Roudnice e la sua piazza vista castello (sempre di proprietà della famiglia Lobkowic) ove ci siamo fermati a bivaccare in orario di pranzo.

Terzo giorno, 13 agosto, una nuova tormenta ed un freddo glaciale ostacolano i nostri spostamenti in direzione della fortezza di Strekov, un tenebroso castello di transilvana memoria arroccato in cima ad un guglia di nuda roccia alta più di 200 metri. Stremati dal freddo gelido e costantemente attaccati da branchi di lupi, partiamo all’assalto della cittadella spinti più dalla disperazione che dalla speranza di sottrarci a quell’incubo di ghiaccio e pioggia battente. I caduti e i dispersi su quella salita di sangue e sudore sono drammaticamente sconosciuti. Ognuno pensava per sé, pronto a tutto pur di garantirsi la sopravvivenza e raggiungere il riparo offerto da quella ostile cittadella, ovviamente anch’essa di proprietà della famiglia Lobkowic!

Gli scampati alla salita nonché alla conseguente vertiginosa discesa con immissione diretta in tangenziale, poterono banchettare in un ristorante lungo il fiume. I tavoli erano bucolicamente all’allestiti all’esterno per godere della gradevole temperatura di dieci sotto zero e della fitta pioggia che, dal nostro arrivo, martoriava quelle terre. Per fortuna, mossi da pietà per quei turisti italiani rammolliti dal sole della loro penisola, la padrona del locale aveva istallato alcune tende da campo per consentirci di ripararci al loro interno. Una curiosa reazione psicologica della sera precedente, aveva fatto sì che la quasi totalità di noi ordinasse per quel pranzo delle insalate e, i più intrapprendenti, una caprese… Piatti gelidi che, ovviamente, furono accolti con grande entusiasmo da tutti coloro che, ormai da tempo assiderati, avevano scelto tali leccornie il giorno precedente. Solo i più attratti dalle delizie locali, optarono per pietanze più consistenti!

Seguì l’ormai usuale pomeriggio di stenti fino alla raggiungimento di Decin, tappa finale della giornata ove, date le costanti precipitazioni torrenziali, non venne a mancare il rischio di affogare nell’attesa di ritirare le biciclette nell’angusto locale previsto all’uopo.

14 agosto. In una mattina fredda minacciante pioggia percorriamo i dieci chilometri lungo l’Elba che ci separano dal confine con la Germania. Il fiume e la fitta foresta che ci circonda trasuda umidità e nebbia dando all’ambiente un aspetto selvaggio ed ancestrale.

Non ci facciamo mancare le foto di rito con i segnali indicanti la vecchia linea di confine. Nostalgia dei tempi passati? Probabilmente no, solo il desiderio di avere una prova tangibile di essere riusciti ad arrivare fin lì, nonché un gesto scaramantico nella speranza di trovare in Germania un meteo ed un ambiente che permettesse di limitare ulteriori perdite fra i nostri ormai scarni ranghi.

N Quarto Giorno 01

In quel quinto giorno di tour, i pochi sopravvissuti a quella roulette russa su due ruote anelavano ad una sola cosa: raggiungere Bad Schandau, meta finale della giornata, ed immergersi nelle bollenti terme che il paesello teutonico in oggetto offre ai turisti di passaggio. Potevamo dirigerci laggiù per la via più breve? Ovviamente no, meglio attraversare l’Elba a nuoto, tornare così in Repubblica Ceca ed avventurarsi su una infinita salita a tornati fino all’ingresso nel Parco Nazionale Narodni-Ceske. Qui, lasciate le biciclette ed ancora una volta braccati dai famelici lupi cecoslovacchi, ci siamo dedicati ad una salutare arrampicata fino al Pravcicka Brana, un arco naturale in pietra che i Cechi adorano come una divinità pagana. Qui, nonostante i piedi e le mani scarnificate per la scalata, abbiamo dovuto inginocchiarci sulla dura roccia ed adorare l’idolo di pietra per circa tre ore con nenie e balli tribali. Ci fu chi, in preda all’estasi, è salito su quel dio sanguinario e si è buttato di sotto come estremo segno di devozione!

A consolare chi non ebbe tanto spirito di sacrificio, vi fu la possibilità di contemplare un panorama mozzafiato. La posizione elevata permetteva di ammirare foreste a perdita d’occhio intervallate da rocce arenarie lavorate sapientemente dagli agenti naturali.

Riprese le biciclette e valicato di nuovo e definitivamente il confine tedesco, ci siamo concessi una pausa soleggiata lungo la sponda dell’Elba e le tanto desiderate terme a Bad Schandau che hanno rigenerato nel corpo e nella mente chi, come me, ha accettato di rispettare la rigorosissima disciplina teutonica che impone la nudità dei corpi.

Venerdì 15 agosto è stato l’ultimo giorno effettivo di spostamento in bicicletta. Con un meteo soleggiato puntellato solo da poche nuvole, siamo partiti alla volta della fortezza di Konigstain. Poiché questo tipo di strutture militari avevano scopi prettamente difensivi, non possono che sorgere sulla cima di creste rocciose che, anche in questo caso, imponevano lunghe salite per arrivare all’ingresso. I più temerari o i più assuefatti al dolore ed alla fatica dei giorni precedenti, si sono eroicamente impegnati nell’impresa. Altri, come il sottoscritto, hanno preferito affidarsi ai mezzi pubblici previsti allo scopo facendosi trasportare da un vecchio Omnibus MAN (Maschinenfabrik Augsburg-Nürnberg). Non è senza una certa inquietudine che i passeggeri salirono su di esso se non altro per un vago sentore di “Soluzione Finale”!

R Quinto Giorno 01

La fortezza di Konigstain è una vera e propria città fortificata dotata di tutto il necessario per resistere a numerosi mesi di assedio da parte di forze nemiche. Praticamente rimasta intatta fin dalla sua costruzione, accolse Napoleone nel corso delle sue campagne militari nei territori circostanti ed è munita di formidabili bastioni oltre che di un profondissimo pozzo, ancora funzionante, scavato nella roccia viva.

Tappa successiva, Bastei e le sue guglie di pietra. Anche in questo caso si è resa necessario un lungo trek a piedi per arrivare alla sua sommità ma il panorama circostante ha premiato le fatiche profuse e, per almeno una volta, siamo solo stati sfiorati da un violento temporale che ha attraversato la zona.

Con un tempo comunque compromesso che non ci ha risparmiato un nuovo acquazzone a Pirna, siamo arrivati a Dresda meta finale del nostro pellegrinare ciclistico nella Mitteleuropa.

Dresda, nonostante la ricostruzione postbellica, è una città veramente molto bella. Il grande centro storico è sontuoso ed elegante senza mancare di negozi di ogni tipo per lo shopping dei visitatori. Come Praga, anche Dresda si offre al meglio di notte, grazie ad una sapiente illuminazione. Con nostra sorpresa siamo anche arrivati proprio il fine settimana dedicato alla festa della città. Giostre, chioschi e spettacoli di ogni tipo hanno, perciò, favorito la nostra visita. Anche per questo motivo sono contento di essere restato un giorno in più in città. Tra l’altro una giornata sorprendentemente mite, ha permesso a me ed a Gianluca una visita bella e divertente.

A causa dei festeggiamenti era anche presente una collezione di macchine a vapore davvero sorprendete. Tutte meravigliosamente restaurante, funzionanti e dagli scopi più disparati sono per me state una gioia per gli occhi.

Una nota di particolare merito va a Vatzke che, accogliendo me è Gianluca l’ultima sera in Dresda (sabato 16 agosto), ci ha deliziato con l’atmosfera tipica delle birrerie tedesche proponendoci i tipici piatti locali dalla risaputa leggerezza e digeribilità!

Concludo questo lungo racconto della settimana in oggetto, ringraziando tutti i partecipanti e gli amici vecchi e nuovi per i bei giorni trascorsi insieme. Grazie a loro, anche i momenti più difficili sono trascorsi piacevolmente ed in allegria. Se non fosse così non avrei certo potuto scrivere queste righe col piacere ed il divertimento che, spero, trasmettano.

Spero di ritrovarli tutti per nuove avventure in bicicletta!

ZZ Final