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Per chi è un appassionato stagionato di anime e manga come me, ricorderà Mitsuru Adachi principalmente per l’anime tratto dal suo mangaTouch” (arrivato da noi col terrificante titolo “Prendi il mondo e vai”) ed il mangaRough”, probabilmente fra gli esempi più fulgidi dell’epoca d’oro della pubblicazione di manga in Italia. Entrambe le opere furono disegnate da Adachi negli anni ’80 che, nato nel 1951, è ormai uno dei maestri del fumetto giapponese alla stregua di altri grandi nomi come RumikoTakahashi.

Quello che, nel bene e nel male, distingue Adachi da molti altri suoi colleghi è il legame indissolubile con storie ambientate nel mondo dello sport liceale. Escludendo qualche rara eccezione, Adachi ha costruito tutta la sua carriera su storie miscelanti triangoli amorosi e sfide sportive in età scolastica. Se a tale pozione, aggiungiamo un inconfondibile stile di disegno ed una passione quasi ossessiva per il baseball, diventa facilmente comprensibile come le opere di Adachi siano estremamente riconoscibili nel panorama fumettistico giapponese. Quando un lettore si approccia ad un suo manga, può essere certo di ritrovarvi sempre gli elementi immutabili sopra descritti.

Quello che rende Adachi un maestro indiscusso è il fatto che tale costanza non diventa mai ripetitività. Nonostante i temi di fondo, l’ambientazione e gli stessi personaggi siano praticamente sempre gli stessi, Adachi non scade mai nel banale e nella noiosa monotonia. Si potrebbe addirittura sostenere che i suoi non siano personaggi disegnati ma attori utilizzati più volte in diversi ruoli tanto essi si assomigliano esteticamente fra loro ma, ciononostante, ognuno di essi è sempre sorprendente, convincente ed accattivante. A mio parere esistono solo due spiegazioni a tutto ciò: nella prima, il diabolico mago Mitsuru Adachi ha somministrato a tutti i suoli lettori una pozione magica che, facendoli cadere in uno stato catatonico, gli permettere di raggirarli proponendo sempre la stessa minestra; nella seconda Adachi è un autore così straordinariamente dotato, un artista così capace da riuscire a creare capolavori piccoli e grandi che val sempre la pena leggere. Personalmente propendo per la seconda ipotesi.

Quanto sopra, però, non vuol dire che Adachi sia un autore per tutti. La sua assoluta incapacità di evolversi e di adattarsi ai trend del fumetto attuale sono anche i suoi principali limiti e, per non pochi punti di vista, i suoi difetti più gravi. Adachi è un fumettista fermatosi in una bolla temporale di trent’anni fa ed è necessario approcciarsi a lui con la disponibilità mentale ed emotiva necessaria per apprezzare storie che parlano al cuore, racconti spesso semplici che vogliono comunicare la potenza delle passioni della vita e la bellezza di quest’ultima. Il lettore che cerca combattimenti, esplosioni e storie in ambienti angoscianti resterà deluso da qualunque cosa disegnata dal maestro Adachi. Chi, invece, cerca storie toccanti ed emozioni sincere, non potrà che apprezzare questo artista. La lettura di “Short Game”, una raccolta di storie brevi pregne del suo stile visivo e comunicativo, è certamente un ottimo modo per approcciarsi a questo autore. Chi, al contrario, è già un cultore del maestro non deve perdersi questo bel volumetto ove ritroverà tutto quanto gli è di più caro di questo autore.