231 Pterosaurus Tapejaridae

Per una serie di coincidenze che non starò qui a raccontare, fra agosto e settembre ho avuto il piacere e la grandissima soddisfazione di dipingere una testa di Pterosauro Tapejaride realizzata da Geomodel (www.geomodel.it), società curatrice dell’ottima mostra dedicata allo Spinosaurus attualmente in corso a Palazzo Dugnani a Milano (http://www.assodidatticamuseale.it/ADM/).

L’impresa è stata tanto entusiasmante e complessa quanto eccezionale considerando che ho potuto esprimere le mie capacità su una creazione non acquistabile sul mercato. A rendere la cosa ancor più coinvolgente è la stata la possibilità di applicare su questo soggetto quanto appreso durante una conferenza tenuta dal paleontologo americano Jack Horner presso gli spazi della mostra. Attraverso una interessante disamina delle strettissime parentele esistenti fra dinosauri ed uccelli moderni, Horner ha saputo ribaltare la normale concezione che tutti noi abbiamo dei sauri estinti ipotizzandoli aventi un comportamento ed un aspetto assai simile a quello dei volatili moderni. Ne consegue che molte delle complesse ed appariscenti impalcature di cui erano dotati (creste, corni, scudi, etc.) non avevano probabilmente una funzione puramente difensiva/offensiva ma, grazie a forme e colori, lo scopo di comunicare la specie d’appartenenza, l’età, lo stato di salute ai propri simili e all’altro sesso per ovvie finalità di corteggiamento.

Proprio sulla base di queste considerazioni, ho pensato la grande cresta sulla testa dello pterosauro come il mezzo principale con cui l’animale corteggiava il potenziale partner dimostrando, grazie a colori sgargianti e disegni simmetrici, di essere un ottimo esemplare per la prosecuzione della specie. Data la grande varietà di possibili combinazioni cromatiche e disegni ipotizzabili, ho realizzato a matita alcuni schizzi preparatori con cui ho verificato l’efficacia di vari accostamenti fino ad arrivare a quello che più ho ritenuto consono e realistico.

Ho optato per un becco simile a quello della pulcinella di mare, il gallo ha ispirato il colore delle escrescenze di pelle intorno alle narici mentre, lasciandomi trasportare dalla fantasia, ho deciso di realizzare la cresta in toni di giallo ad esclusione della parte superiore ove un disegno a linee nette delinea alcune macchie blu con un punto di luce bianco all’estremità più alta della cresta. Quest’ultima scelta può sembrare azzardata ma, a mio parere, fornisce all’insieme una varietà cromatica ed una luminosità la cui mancanza avrebbe penalizzato gravemente l’intero soggetto.

Affrontare i lavori necessari alla realizzazione di un soggetto tanto inusuale non è stato affatto semplice. Come sempre conviene procedere a piccoli passi senza mai perdere la visione d’insieme dello stesso. Per prima cosa ho provveduto a ripulire l’intera testa lisciando un poco la testurizzazione più pronunciata ed eliminando le imperfezioni dello stampo con l’utilissimo supporto di un Dremel. Strumento usato anche per enfatizzare la profondità di alcuni elementi come le cavità  uditive.

Concluso il descritto lavoro iniziale, ho individuato i piccoli e grandi difetti della scultura che mi è stata fornita. Fra quelli minori annovero il fatto che fosse spesso visibile la linea di giunzione delle due metà che compongono la testa (cava all’interno) nonché alcuni punti secondari in cui è venuta a mancare l’accurata scultura che contraddistingue il soggetto. In tutti questi casi sono intervenuto con stucco bicomponente scolpendo, ove necessario, l’impronta dell’epidermide mancante.

Fatto ciò, ho riprodotto, usando del comune stucco per modellismo poi lavorato con un vecchio pennello, la testurizzazione del becco andata persa lungo la verticale di giunzione dei due gusci che compongono il soggetto.

In altri casi ho voluto scolpire veri e propri elementi della testa così da dettagliare la stessa con caratteristiche che fossero il più possibile realistiche e plausibili. Per prima cosa ho deciso di intervenire a livello delle narici poiché ho fin da subito considerato poco convincente la scultura originaria caratterizzata da un’ampia cavità priva di dettagli. Per migliorare tutto ciò ho voluto ispirarmi ai galli ed ai tacchini riproducendo delle escrescenze di pelle anch’esse aventi scopo ornamentale. Nella pratica ho riempito parte dell’ampia incavatura con del semplice Das per ottenere una più ampia base di appoggio su cui ho poi scolpito le nuove narici usando dello stucco bi-componente.

Questo step è uno di quelli in cui è emersa la mia scarsa esperienza relativamente alle forme animali. La scultura da me inizialmente realizzata per le narici non è stata considerata sufficientemente realistica. Concordando con questo giudizio, ho deciso di modificarne la forma senza, però, poter cambiare quanto fatto precedentemente poiché, al momento del secondo intervento, avevo già iniziato la pittura del soggetto. Penso di aver migliorato il risultato finale senza poter negare che una mano più esperta avrebbe sicuramente fatto meglio.

Vero e proprio elemento che ho scolpito ex novo è stato un’ideale confine fra la pelle della testa e quella della cresta rappresentato da quella che vuole essere una sottile linea ossea. Credo sia stata un’ottima idea aggiungerla sia perché discretamente comune in non pochi animali sia perché in grado di separare due colori e due parti del corpo aventi ben poco a che fare fra loro.

Per quanto riguarda gli occhi, sono costretto ad anticipare parte della narrazione pur di trattare il tema unitariamente. Avevo fin da subito previsto di utilizzare (come usuale in questi soggetti) degli occhi di vetro realizzati per animali imbalsamati. A tale scopo, avevo immediatamente fatto un ordine tramite la  home page di una società inglese. Ero sinceramente convinto che l’interno della scultura fosse opportunamente bombata in modo da potervi alloggiare dall’interno gli occhi di vetro una volta eliminata la vetroresina del bulbo oculare. Sulla base di questa supposizione avevo subito scolpito le palpebre (mancanti nella scultura originale) prima di cimentarmi con la colorazione della testa.

Arrivati gli occhi di vetro a pittura ben avviata, mi sono finalmente accorto che il tanto auspicato alloggiamento interno per gli occhi non era presente nella scultura. Il lavoro sopra descritto non era, quindi, più possibile e, confesso, di aver inizialmente pensato di accantonare gli occhi di vetro temendo di fare disastri irrecuperabili a quel punto dei lavori. Mi sarei, quindi, limitato a dipingere degli occhi per lo più neri pur di salvare quanto fatto fino ad allora. Sapevo, però, che mi sarei pentito di tale scelta perciò, fattomi coraggio, ho imbracciato il Dremel ed ho scavato nella vetroresina gli alloggiamenti necessari ad inserirvi gli occhi di vetro.  Per evitare di dar vita ad uno pterosauro strabico, è stato necessario fare attenzione che tali sedi permettessero di direzionare le pupille in modo corretto e simmetrico. Infine, ho scolpito di nuovo le palpebre. Ovviamente tutto è stato fatto avendo l’accortezza di proteggere con nastro adesivo e fogli di giornale quanto già dipinto.

E’ stata proprio l’esecuzione di tutto quanto sopra in una fase di colorazione già avanzata a rendere questo lavoro ancor più delicato e potenzialmente in grado di  compromettere gravemente l’opera finale. Per fortuna, ho mantenuto il controllo della situazione ed ho ottenuto un risultato non perfetto ma comunque ben riuscito.

Con tutto quanto sopra ho terminato la preparazione dello pterosauro di cui potete vedere qui sotto foto del soggetto intero prima della colorazione. Per le ragioni già descritte, il naso e gli occhi visibili non sono ancora nella loro forma definitiva essendo stati modificati a pittura in corso.

La stesura del’ottimo Primer grigio Tamiya ha uniformato la superficie e garantito una solida base di appoggio al successivo colore.

Qui di seguito mostrerò i vari passaggi con cui ho dipinto il dinosauro. Per lo più si tratta di un laborioso ed attento lavoro di pittura ad aerografo che le foto possono descrivere molto meglio delle semplici parole. E’ innegabile che una certa maestria nell’uso dell’aeropenna sia essenziale per realizzare il lavoro che mostrerò ma è anche doveroso un encomio alla straordinaria qualità dei prodotti Iwata che, anche in questa occasione, ho ampiamente usato e per i quali rimando all’articolo da me redatto al momento dell’acquisto in primavera del compressore e dell’aerografo HP-B Plus.

Una pre-ombreggiattura dell’intera testa è stato il mio primo passo nell’affrontare la colorazione  di un soggetto tanto inusuale e di grandi dimensioni. Ho usato un marrone scurissimo allo scopo di enfatizzare le parti più nascoste e gli incavi più accentuati della scultura così da ottenere una prima visione tridimensionale della stessa.

La pelle, soprattutto all’altezza del collo, presenta l’accurata scultura di numerose pieghe che hanno necessitato un’attenta colorazione in grado di enfatizzare i chiari/scuri prodotti da tale caratteristica. Ho utilizzato tre diversi toni di marrone che ho steso ad aerografo cercando di riprodurre come meglio possibile le luci e le ombre di una pelle spessa e rugosa come quella del soggetto in questione.

Successivamente, con colori sabbia chiari, ho dipinto il gozzo e la linea precedentemente scolpita a confine con l’attaccatura della cresta.

Con le medesime modalità ho dipinto di rosso la pelle delle narici ispirandomi, come detto, ai galli ed ai tacchini. Anche in questo caso, tre diversi toni di rosso hanno permesso di riprodurre luci ed ombre incrementando la tridimensionalità della parte in oggetto. Preliminarmente è stato ovviamente necessario coprire con del Maskol la pelle in contatto con le narici allo scopo di evitare di sporcare di rosso quanto dipinto precedentemente.

E’ in questa fase dei lavori che ho fatto tutto quanto necessario per permettere l’applicazione degli occhi di vetro. Si è trattato dell’unico momento minimamente favorevole all’impresa poiché becco e cresta erano ancora da fare e avevo giusto provveduto a proteggere quanto già dipinto con una generosa copertura di trasparente lucido. Senza ripetere quanto già sopra descritto, il coraggioso intervento si è concluso con la pittura delle nuove palpebre. Operazione che ha necessitato la ripetizione dei vari passaggi già sopra narrati ivi compresa la copertura di trasparente lucido. Esso è da considerare importantissimo in quanto garantisce la protezione del colore sottostante dagli attacchi dei diluenti necessari al momento dell’utilizzo dei colori ad olio.

Nonostante tutta l’attenzione spesa per consentire l’uso degli occhi di vetro, è evidente che la linea di confine fra le nuove palpebre e la parte visibile degli occhi non poteva che essere compromessa dallo spessore dello scotch protettivo. Eliminato quest’ultimo, si sono subito palesate le parti rimaste coperte al momento della pittura ad aerografo e, quindi, rimaste color stucco. Una precisa pittura e pennello ha permesso di correggere tali imprecisioni e di completare in tal modo le parti in questione.

A questo punto ho recuperato alcuni fogli trasparenti adesivi comprati qualche tempo fa ed ho ritagliato le mascherine necessarie per la pittura della cresta e del becco. Si è trattato di disegnare a grandezza naturale i contorni della livrea prescelta e ritagliare le parti necessarie a proteggere il colore sottostante al momento del passaggio ad aerografo di una diversa tonalità. Nel caso della cresta ho realizzato le mascherine per le macchie blu e bianche nonché quelle per il bordo del giallo. Per quanto riguarda il becco, ho ritagliato solo il contorno ellittico che separa il blu dal rosso. Per ovvie ragioni ogni mascherina destinata al lato destro era speculare a quella sul lato sinistro e, per evitare confusione, è stato importante segnare a matita lato, colore e posizione di ognuna di esse.

Allo scopo di visualizzare anche sul soggetto le linee generali della livrea, ho segnato con un pastello bianco i contorni dei colori principali così sa identificare prontamente dove era possibile interrompere il lavoro di pittura.

Per proteggere quanto precedentemente dipinto, ho accuratamente coperto con fogli di giornale e nastro adesivo la pelle dello pterosauro schermandola dagli inevitabili schizzi prodotti dalla pittura delle altre parti.

Come precedentemente detto, la Pulcinella di Mare ha ispirato i colori del becco del mio pterosauro. Nel realizzare la parte in blu, ho cercato di variare il più possibile le tonalità dello stesso enfatizzando luci ed ombre. Il lavoro non è stato facile in quanto il blu è considerabile un colore scuro che, quindi, poco si presta a variazioni in grado di accentuare la tridimensionalità delle forme in questione. Ciononostante, giudico il risultato apprezzabile benché il giudizio finale debba essere posticipato in attesa che un doveroso intervento con gli oli enfatizzi i dettagli della scultura.

Le prime mascherine che ho usato sono proprio state quelle per il becco. Esse si sono rese necessarie anche per un dettaglio con cui non ho potuto fare a meno di complicarmi la vita: creare una sottilissima linea nera di demarcazione fra il rosso ed il blu. Ho posizionato le due mascherature necessarie sia sul lato destro che sinistro ed ho spruzzato un velo di nero ad aerografo. Grazie alle mascherine ho così ottenuto un linea netta a demarcante il color blu. Si è trattato di una fase in cui è essenziale prestare molta cura nel posizionamento della mascherina adesiva soprattutto perché la curva sia precisa ed uniforme. Questo è ancor più vero nel momento del secondo posizionamento delle medesima mascherina, questa volta allo scopo di coprire il nero per uno spessore costante di un millimetro.

Successivo step è stata la colorazione della parte rossa del becco. Anche in questo caso, come in tutti quelli che seguiranno, si è trattato di enfatizzare le forme del soggetto accentuando la tridimensionalità dello stesso grazie a luci ed ombre create con le diverse tonalità dei colori prescelti. Per ottenere un risultato convincente è essenziali spruzzare le varie tinte a veli leggeri cosicché, soprapponendosi, creino un graduale e ben amalgamato passaggio da un colore all’altro. Ho dato particolare cura a questo aspetto nel punto in cui il becco rosso diventa la cresta gialla caratteristica di questo pterosauro.

In seguito ho dipinto la parte gialla della cresta. Non ripeterò tutto quanto già espresso ed applicabile anche in questa fase. Ci tengo solo a segnalare che, grazie alle sfumature di colore, lo spessore delle strutture ossee che sostengono l’epidermide della cresta appare molto più consistente di quanto sia effettivamente. Si tratta di una delle tante magie di cui è capace il colore.

Fatto tutto quanto precede ho protetto con fogli di giornale e nastro adesivo la parte gialla della cresta. In questa fase mi sono curato di rispettare solo sommariamente la linea di confine del giallo rimandando una maggior precisione al momento della stesura del nero e, quindi, delle relative mascherine. Allo scopo di evitare che il giallo presente nella parte destinata ad essere blu, andasse ad interferire con quest’ultimo trasformandolo in verde, ho preferito ricoprire prima il tutto con grigio in modo da avere un’adeguata base neutra.

Successivamente ho, per prima cosa, steso il bianco della macchia superiore e punto luce di tutta la cresta e, successivamente, protetto anche questa parte con i soliti fogli di giornale.

A questo punto ho steso il blu con la tecnica già sopra descritta.

Non è restato che togliere le coperture di giornale ed applicare tutte le restanti mascherine così da ottenere linee nette fra i colori una volta passato il nero. I più attenti noteranno degli sbaffi di blu sulle mascherine apposte, sbaffi che non dovrebbero esserci se il nero fosse stato il solo colore mancante. In realtà non ho apprezzato il primo risultato ottenuto col blu. Mi era sembrato troppo fumettistico a causa di colori eccessivamente sgargianti e sfumature troppo spesse. Ho, quindi, deciso di intervenire per ottenere tinte di blu più delicate e più coerenti con il disegno dell’epidermide.

Devo ammettere che, una volta tolte le mascherine, mi sono sinceramente sorpreso della precisione della linee ottenute. Ciò ha decisamente semplificato il lavoro di correzione a pennello dei rarissimi sbaffi passati sotto le mascherine. Ha certamente aiutato il fatto di essere stato attento ad orientare l’aerografo sempre in modo che il getto d’aria col colore fosse in favore di mascherina e, quindi, non tendesse a sollevare la stessa. Confesso, infine, che, tolte tutte le coperture, è stato un gran piacere contemplare il risultato finale di quello che personalmente considero un ottimo lavoro di aerografia.

Terminata la pittura ad aerografo, ho iniziato una serie di lavaggi con colori ad olio allo scopo di enfatizzare i dettagli più minuti della scultura ed accentuare, così, la trama dell’epidermide. Elemento, questo, che la pittura ad aeropenna non è in grado di far risaltare. Si tratta di un lavoro che, in senso lato, non è altro che quel processo comunemente chiamato “invecchiamento” nel modellismo militare e che null’altro è se non un’attività pittorica che intende perseguire il massimo realismo possibile. Si tratta di stendere sulle parti di interesse colori ad olio delle tinte più consone ed estremamente diluiti. Sfruttando la distribuzione per capillarità ed eliminando con un pennello pulito o con carta assorbente le eccedenze, si ottiene un incupimento delle parti più profonde che rende visibile ogni dettaglio ed enfatizza l’effetto di tridimensionalità. Poiché i colori ad olio necessitano diluenti aggressivi, è essenziale che il colore sottostante sia ben protetto da una buona mano di trasparente lucido, cosa che ho provveduto a fare anche per la cresta.

Qui di seguito i risultati ottenuti su:

I)- LA CRESTA

II)- IL BECCO

III)- LA PELLE

Completato anche il lavoro con gli oli, ho di nuovo sigillato il tutto con del coprente lucido così da uniformare la superficie su cui avrei successivamente spruzzato il trasparente satinato. Ciò ha anche evitato che la resa di quest’ultimo fosse compromessa dal grasso residuo dei colori ad olio.

Ormai raggiunte le battute finali del lavoro, la mano sapiente di mio padre ha realizzato un basamento in legno semplice ma raffinato ed io ho, quindi, potuto fissare la testa a quest’ultimo e chiudere i vuoti della sezione del collo lavorando su misura alcuni frammenti di plexiglass che, una volta incollati, ho dipinto di nero. A questo punto non mi è restato che proteggere per l’ultima volta gli occhi di vetro e spruzzare una buona mano di trasparente satinato. Ho optato per quest’ultimo e non per l’opaco in quanto si tratta di viva pelle e non di acciaio cotto dal sole e dalle intemperie.

Dopo tanto raccontare, non resta che mostrare le foto del soggetto finito! J

Concludo ringraziando ancora Geomodel per l’opportunità datami nonché per la soddisfazione che sempre mi darà il fatto che lo pterosauro da me realizzato sia esposto fino a tutto gennaio 2016 nello shop della mostra “Spinosaurus – Il gigante perduto del Cretaceo” a Palazzo Dugnani in Milano.