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Nel contesto della Blitzkrieg, la nuova tipologia di guerra meccanizzata ideata da Heinz Guderian e primaria ragione di tanti successi tedeschi nei primi anni di guerra, importanza fondamentale ebbero fin da subito i reparti esploranti delle Panzerdivision.  In un contesto bellico incentrato sul movimento ed la rapidità di azione e spostamento, le unità esploranti avevano ruolo fondamentale. Esse, infatti, rappresentavano non solo fonte di informazioni preziosissime per gli ufficiali al comando delle Panzerdivision ma anche una forza di incursione capace di importanti successi tattici. Ovviamente, per poter adempiere efficacemente a tali compiti, i reparti esploranti dovevano essere interamente meccanizzati e dotati di veicoli dalle elevate prestazioni in termini di autonomia, velocità ed armamento.

Ciononostante, per varie ed infinite ragioni, nei primi anni della Seconda Guerra Mondiale l’esercito tedesco poté usufruire solo di materiale derivato da veicoli nati per il mercato civile o per compiti militari di diverso tipo. Si trattò, quindi, di adattamenti che non offrivano le prestazioni necessarie e che condizionarono a lungo l’efficacia dei reparti esploranti tedeschi. Tale situazione andò deteriorandosi ulteriormente con l’invasione della Russia e la conseguente apertura di un fronte immenso che necessitava di veicoli esploranti che sapessero perlustrare ma anche sfruttare gli ampi spazi esistenti.

Fu, nel 1941, il DAK (Deutsches Afrikakorps) a formulare per primo la richiesta di un veicolo specificatamente destinato all’esplorazione.  In quanto impegnato negli immensi deserti dell’Africa Settentrionale, il DAK necessitava di un mezzo dalle grandi prestazioni fuoristrada e con un’autonomia di almeno 1.000 chilometri. Tali esigenze furono in seguito confermate anche dalle unità della Wehrmacht impegnate su suolo sovietico.

Sulla base del buon rendimento delle autoblinde Sdkfz. 231, fu presto deciso di realizzare un nuovo veicolo a otto ruote motrici e rappresentante il miglior equilibrio possibile fra corazza, motorizzazione ed armamento. Anche a tale scopo si optò per affidare alla firma Skoda il compito di sviluppare il Tatra 103, un nuovo motore diesel che garantisse le prestazioni richieste. A causa delle difficoltà di sviluppo e del ridotto tessuto industriale tedesco, fu solo nel 1944 (conseguentemente, ben tre anni dopo la richiesta formulata dall’esercito) che entrò in servizio attivo quel gioiello tecnologico che porta il nome di Sdkfz. 234.

Dal design e dalle caratteristiche tecnologiche modernissime, questa autoblinda rappresentava il top di categoria e, nei decenni successivi alla guerra, influenzò fortemente i progetti militari di tutte le nazioni del mondo. Fra tante, due caratteristiche rendono l’autoblinda Sdkfz. 234 ancora oggi sorprendente: (i) il sistema di marce intercambiabile ed il doppio posto di guida che consentivano identiche prestazioni sia a marcia avanti che indietro e (ii) le quattro ruote posteriori controsterzanti rispetto alle quattro anteriori (proprietà che, nella pratica, consentiva al veicolo di girare su stesso grazie ad un raggio di curvatura ridottissimo).

Nel 1944, i circa 480 esemplari di Sdkfz. 234 costruiti, si confrontarono con una realtà ben diversa da quella esistente nel 1941. Il fronte africano era ormai un antico ricordo e la Wehrmacht, in difensiva su tutti i fronti, era impegnata in territori dai compartimenti ben più ristretti di quelli degli anni precedenti. Nei fatti, non vi era più l’esigenza di un veicolo del genere ma, ciononostante, il comportamento della autoblinda Sdkfz. 234 fu altamente apprezzato dai militari ed aiutò efficacemente ad adempiere ai nuovi ruoli gravanti sui reparti esploranti tedeschi sul finire della guerra: garantire un ombrello difensivo alle divisioni in spostamento durante le ritirate, contenere le truppe avversarie penetrate nelle retrovie a seguito degli sfondamenti del fronte e, spessissimo, rappresentare la più potente forza offensiva a disposizione delle logore Panzerdivision nel 1944-45.

Sommandosi tutto quanto detto all’incremento costante delle azioni di esplorazione “pesante” da parte dei sovietici che non avevano difficoltà ad usare per tale ruolo i carri T-34, si rese pressante la necessità di montare sull’autoblinda Sdkfz. 234 un armamento sempre più potente. A tale scopo furono costruite quattro principali versioni fra cui ottantotto Sdkfz. 234/3 armati del cannone da 7.5 centimetri lungo 24 calibri. Si trattava dello stesso cannone in servizio nell’esercito tedesco fin dall’inizio della guerra e già istallato su carri armati, autoblinde e semicingolati per garantire un efficace fuoco di supporto diretto ed indiretto.

Il kit Dragon dedicato all’autoblinda Sdkfz. 234/3 è un ottimo esempio della maestria con cui la firma in oggetto realizza i propri prodotti.

Ogni stampata appare perfetta e ricca di dettagli splendidamente riprodotti. Basta uno sguardo per sentir nascere la voglia di costruire il modello. Penso non si possa chiedere nulla di più ad una scatola di montaggio.

Resto solo un po’ perplesso per la scelta di scomporre un numerosi pezzi le ruote del veicolo ma, per questo caso come per l’intero kit, un giudizio finale potrà essere formulato solo dopo il montaggio dello stesso.